CONTROLLO DEL COLESTEROLO
L'identificazione dell'ipercolesterolemia quale fattore di rischio cardiovascolare è il risultato di una lunga serie di studi epidemiologici che hanno messo in evidenza la correlazione tra i valori del colesterolo nel plasma ed eventi ischemici cardiovascolari, in primo luogo l'infarto del miocardio e la mortalità cardiovascolare, della quale l'infarto miocardico e l'ictus cerebri costituiscono le cause più frequenti.
Inoltre da questi studi è emerso che i vari fattori di rischio in questione (ipertensione, fumo, diabete, obesità, familiarità per cardiopatia ischemica oltre che bassi livelli di HDL e sesso maschile) si potenziano a vicenda, per cui tanto più numerosi sono i fattori di rischio in un singolo individuo, tanto maggiore sarà la probabilità di morte per cause cardiovascolari.
Brevi cenni sul killer delle arterie
Il colesterolo è una sostanza, presente in tutte le cellule dell'organismo. Esso svolge molte e importanti funzioni all’interno delle stesse: serve per la sintesi di alcuni ormoni, gioca un ruolo fondamentale nella produzione della vitamina D, è un costituente delle membrane cellulari e di vari tessuti.
Il colesterolo deriva da due fonti principali:
in parte è prodotto dall'organismo, soprattutto nel fegato
in parte si trova nei cibi di origine animale.
Nel sangue è veicolato da particolari proteine, le "lipoproteine". Ne esistono 2 tipi:
Le lipoproteine ad alta densità (HDL), prodotte nel fegato, che trasportano il cosiddetto "colesterolo buono": sembra che esse rimuovano il colesterolo in eccesso e lo trasportino al fegato dove viene eliminato.
Le lipoproteine a bassa densità (LDL) trasportano il cosiddetto "colesterolo cattivo", distribuendolo a tutti gli organi. Se questo colesterolo è presente in eccesso, esso tende a depositarsi sulla parete interna delle arterie, formando la famigerata "placca aterosclerotica".
Sulla base della loro origine le ipercolesterolemie possono essere distinte in primitive e secondarie.
Le seconde sono causate da altre affezioni in grado di influenzare il metabolismo delle lipoproteine (cirrosi biliare primitiva, epatopatie con stasi biliare, diabete mellito, ipotiroidismo, sindrome nefrosica, uso prolungato di farmaci come i cortisonici e contraccettivi orali). Le prime invece sono quelle non associate a malattie che possono alterare il metabolismo lipidico.
Le ipercolesterolemie primitive comprendono l'ipercolesterolemia poligenica (> 85% dei casi) e le ipercolesterolemia familiari (15% ca.) L'ipercolesterolemia poligenica è una malattia ad eziologia multifattoriale, causata da fattori ambientali (dieta ad alto contenuto di grassi saturi e inattività fisica) che agiscono in presenza di fattori genetici predisponenti. La concentrazione di colesterolo totale è di solito compresa mediamente tra i 240 e 350 mg/dl, anche si considerano preferibili, di massima, valori inferiori ai 200 mg.
I grassi saturi sono particolarmente abbondanti nella carne, nel latte e derivati, nelle uova. Al contrario i grassi polinsaturi, ricchi di doppi legami, contenuti negli oli vegetali e nel pesce svolgono un ruolo protettivo nei confronti dell'ipercolesterolemia; fa eccezione l'olio d'oliva, poiché l'acido oleico contiene un solo doppio legame.
L’ipercolesterolemia familiare, è associata ad una mutazione del gene che codifica il recettore delle LDL. La forma eterozigote ha una incidenza di 1 caso ogni 500 individui, mentre la forma omozigote è molto più rara (1 caso ogni milione di individui). I livelli plasmatici di colesterolo totale nel sangue sono circa 275-500 mg/dL negli eterozigoti e negli omozigoti >500 mg/dL.
I farmaci indicati per il trattamento dell'ipercolesterolemia comprendono: statine, fibrati, resine a scambio ionico, ezetimibe (di recente commercializzazione), probucolo, acido nicotinico.
Una classe di molecole dalle molte facce: le Statine
Negli ultimi vent'anni sono state acquisite conoscenze di rilievo sulla prevenzione in campo cardiaco.
Tra le molecole più promettenti che non hanno deluso le aspettative e che al contrario hanno dato e sembra abbiano ancora tanto da dare, vi sono gli inibitori dell'HMG CoA reduttasi (enzima che catalizza, negli epatociti, la trasformazione dell'idrossi metil glutaril coenzima A in mevalonato, precursore del colesterolo) ovvero le tanto acclamate Statine.
Il loro potenziale benefico è ormai comprovato ed assodato nel campo della salute cardiovascolare. La produzione di questi risultati è dunque il frutto di questa“nuova “classe di farmaci
In contrasto con la precedente teoria, secondo cui era l'accrescersi della placca aterosclerotica a produrre ischemia a livello dei vasi sanguigni, ora si sa che il vaso si rimodella e una riduzione del flusso si verifica solo in condizioni di aumentata richiesta di sangue. Il pericolo non sta perciò nell'aumento di volume della placca, quanto nella destabilizzazione della placca, che si frammenta, liberando sostanze trombogeniche con conseguente drastica riduzione del lume del vaso La placca instabile tra l’ altro è spesso piccola, ma suscettibile alla rottura.
Non solo Colesterolo
Il rischio di incorrere in un evento ischemico cardiaco o cerebrale non è quindi appannaggio solo di chi ha un colesterolo alto; la consapevolezza di questo dato ha di recente risvegliato l'interesse dei ricercatori per la proteina C reattiva, un marker infiammatorio la cui aumentata presenza nel siero avrebbe valore prognostico sfavorevole per la coronaropatia. Le statine sono in grado di abbassare i livelli di PCR, facendo ipotizzare che il loro effetto protettivo cardiovascolare si esplichi anche mediante una soppressione dell'infiammazione. Il dosaggio della PCR potrebbe essere un criterio aggiuntivo per indirizzare la prescrizione delle statine.
D'altra parte, l'incertezza sul meccanismo con cui diminuiscono la proteina C reattiva, pone qualche interrogativo sulla pertinenza di un'estensione del loro utilizzo.
Le ipotesi prospettate sono due: secondo la prima, la risposta di fase acuta dell'infiammazione arteriosa sarebbe innescata dal deposito nella placca di LDL ossidate; per la seconda ipotesi, invece, altri stimoli renderebbero cronica la risposta di fase acuta contribuendo all'aterogenesi in persone predisposte o iperlipidemiche.
Tali stimoli sarebbero identificabili nel fumo, in ripetute infezioni mucose (come bronchiti, gastriti, periodontiti), nell'invecchiamento stesso (con l'accumulo di stress ossidativo), nella menopausa (col calo degli estrogeni che mediano la produzione di NO), nell'obesità, nei prodotti di glicazione del diabete, nell'alta concentrazione plasmatica di omocisteina.
Le due ipotesi possono non escludersi reciprocamente; tuttavia, se il modo di agire prevalente fosse il primo, una terapia con statine anche ad alte dosi non interferirebbe con i meccanismi reattivi alle infezioni e adattativi allo stress; se invece le statine inibissero direttamente la risposta infiammatoria coi suoi effetti benefici, vi sarebbe motivo per limitare il loro impiego. Una prima prova che questo rischio non sussiste viene da un recente confronto tra soggetti in terapia concomitante con statine e soggetti non trattati con questi farmaci, in termini di mortalità ospedaliera in corso di batteriemia (3 per cento contro 20 per cento).
La lista delle indicazioni si potrebbe allungare
Grazie ai loro effetti pleiotropici, le statine si stanno dimostrando promettenti anche nella prevenzione del diabete mellito, dell'osteoporosi, dell'Alzheimer e della demenza in generale, della sclerosi multipla, di alcune neoplasie.
Sono poi in grado di inibire la proliferazione di linfociti e altre cellule mononucleate del sangue, tanto da essere ora allo studio per un possibile impiego nella terapia delle leucemie. Le proprietà antireattive per esempio della pravastatina, fa sì che essa riduca l'incidenza di rigetto nei trapiantati di cuore e di rene.
Il mantenimento di livelli di colesterolo ematico entro i limiti della normalità si associa ad una sensibile riduzione dei casi di ictus cerebrale ed infarto miocardico.
Tale effetto è tanto più importante quanto più è precoce la correzione dei livelli dei lipidi plasmatici e quanto più è giovane la persona.La valutazione del profilo lipidico comprende:
Colesterolo totale (CT) soprattutto per valori di poco superiori alla norma non permette una diagnosi precisa senza il dosaggio dei parametri sotto indicati.
Trigliceridi (TG) connessi all'introito alimentare di grassi
Colesterolo HDL cosiddetto "colesterolo buono", valori elevati (> 35 mg/dl) hanno effetto Protettivo nei confronti di malattie cardiovascolari
Colesterolo LDL quota del colesterolo totale associata all'aumentato rischio di malattie cardiovascolari
Fattori di rischio aggiuntivi che influenzano la prognosi del soggetto affetto da ipercolesterolemia:
Età maggiore di 45 anni per gli uomini e 55 per le donne
Familiarita per cardiopatia ischemica
Fumo di sigaretta · Ipertensione arteriosa · Basso colesterolo HDL (<35 mg/dl)
Diabete mellito
Classifica dei valori del profilo lipidico secondo il National Cholesterol Education Program (USA)
L’altra faccia della medaglia: gli effetti collaterali
La via epatica di degradazione delle statine può indurre un incremento delle transaminasi, soprattutto se vi è concomitante un abuso di alcolici.
Nell'uno per cento dei pazienti trattati con statine, il valore delle transaminasi può essere fino a tre volte quello normale: in tal caso il farmaco va sospeso e in genere gli enzimi si normalizzano in breve tempo.
Quando una statina non subisce il metabolismo di primo passaggio epatico, si concentra nel sangue e determina più facilmente una miopatia, l'effetto avverso più grave, caratterizzata da dolore o debolezza associati a livelli di creatin chinasi (CK) dieci volte superiori alla norma. In monoterapia l'incidenza di miopatia è di un paziente su 1.000 e la sua sospensione consente la restitutio ad integrum ovvero la normalizzazione, se la miopatia non viene riconosciuta e il farmaco viene continuato, si può arrivare alla rabdomiolisi (1/100.000) e all'insufficienza renale. Le transaminasi andrebbero misurate prima di intraprendere il trattamento e controllate periodicamente. Potrebbe essere utile anche il dosaggio iniziale di CK, ma non il suo successivo monitoraggio, poiché la miopatia grave si instaura improvvisamente.
Il gioco vale la candela
Secondo stime prodotte dal Gruppo di studio per le malattie dismetaboliche e l'arteriosclerosi, le statine vanno prescritte a tutti coloro che hanno un rischio globale di malattia coronarica superiore al 20 per cento in dieci anni, calcolato con algoritmi specifici (
www.torrinomedica.it/studio/rischio.htm).
Per quanto riguarda la prevenzione secondaria, si segnala la possibilità che nel post infarto vengano giudicati normocolesterolemici pazienti che lo sono solo transitoriamente a causa delle modificazioni lipoproteiche indotte dall'evento ischemico; la cura con statine iniziata già in ospedale ridurrebbe invece la mortalità per successivo attacco cardiaco di un quarto.
Attuali criteri di prescrizione delle Statine
Gli organismi internazionali hanno messo a punto uno schema di terapia preventiva per la cardiopatia ischemica, basato sui valori della colesterolemia LDL associati al rischio globale di sviluppare cardiopatia ischemica (che come riportato sono: ipertensione, fumo, diabete, obesità, familiarità per cardiopatia ischemica oltre che bassi livelli di HDL e sesso maschile) e non sul solo e semplice aumento della colesterolemia totale.
Pertanto se da una parte un semplice aumento della colesterolemia totale intorno a valori di 240 mg, non deve necessariamente ricondurre ad un utilizzo scriteriato di tali farmaci (che non sono totalmente privi di effetti collaterali), soprattutto se il protagonista è un individuo relativamente giovane che potrebbe beneficiare di una dieta equilibrata, dall’altra se ci si trova di fronte ad un individuo seppur giovane con almeno 3 dei fattori di rischi citati, vale la pena considerare un trattamento farmacologico.
D’altro canto una dieta ben equilibrata, ammesso che si sia in grado di seguirla, può al massimo ridurre del 10% il colesterolo totale, senza dimenticare che dopo i 40 anni spesso è l’aumentata sintesi epatica o lo scarso catabolismo a favorirne l’aumento e non la sola inattività fisica o la dieta sbagliata.
Per chi si domanda se i nuovi minidrink a base di latte con steroli vegetali in commercio siano in grado di sostituire la dieta o addirittura il farmaco, la risposta per fortuna spesso è sulle stesse note della confezione ovvero sono un valido coadiuvante unitamente alla dieta ed allo sport, ma non fanno miracoli e la riduzione del colesterolo totale non va oltre il 5-10%.
Tornando ai criteri di prescrizione come accennato non si guarda più il colesterolo totale, difatti le linee guida stabiliscono valori soglia per il colesterolo LDL, al di sopra dei quali è opportuno iniziare un trattamento farmacologico
I valori ideali di colesterolemia in un soggetto senza fattori di rischio cardiovascolare o con un solo fattore corrispondono a 160 mg/dl di LDL o meno.
I valori ideali in un soggetto con più di 1 fattore di rischio sono di 130 mg/dl di LDL o meno.
I valori ottimali per un soggetto con cardiopatia ischemica o diabete sono 100 mg/dl di LDL o meno.
La presenza di alti livelli di HDL (>60 mg/dl) costituisce un fattore protettivo, per cui si parla di fattore di rischio negativo e si sottrae una unità al numero dei fattori di rischio del soggetto in esame. Attualmente si preferisce ricorrere alle tabelle di rischio cardiovascolare, cosicché è possibile risalire ai valori ideali di colesterolemia in base alla percentuale di rischio di sviluppare un evento cardiovascolare in 10 anni.
I soggetti che hanno un rischio del 20% o superiore sono considerati equivalenti ai soggetti con cardiopatia ischemica, per i quali è consigliata una colesterolemia di 100 mg/dl di LDL o meno e preferibilmente di 70 mg/dl o meno.
Se, in realtà, è ormai stabilito che gli inibitori del HMG CoA riducono fino al “30 per cento” il rischio relativo di eventi coronarici maggiori, la comprensione della modalità del beneficio è ancora in via di precisazione; accanto alla teoria causale, secondo la quale l'azione di abbassamento dei lipidi è determinante, esiste una teoria non causale, che individua il meccanismo protettivo soprattutto nei cosiddetti effetti “pleiotropici” delle statine: che includono attività anti-infiammatoria e anti-trombotica, di modulazione della funzione endoteliale, di riduzione della pressione arteriosa ed altri effetti ancora che potrebbero spiegare un eventuale effetto benefico rapido (fase acuta dell’ Infarto miocardico acuto).
Queste molecole sono in grado di ridurre gli eventi patologici già dopo il primo anno di terapia, non solo perché abbassano il tasso di LDL (la diminuita concentrazione epatica di colesterolo attiva l'espressione dei recettori delle lipoproteine a bassa densità che vengono così richiamate dal circolo) e incrementano l'HDL, ma anche perché modificano gli ateromi già presenti, rendendoli più fibrosi e quindi più resistenti alla rottura e meno trombogenici.
Si è arrivati a riconoscere l'esistenza, senza soglia minima, di un legame tra la riduzione del colesterolo circolante e quello del rischio coronarico assoluto (del 2 per cento ogni mg/dL); a definire che, a parità d'età e di livelli lipidici nel sangue, la mortalità coronarica a dieci anni è nettamente superiore nei diabetici che nei non diabetici; a precisare l'importanza, più che del colesterolo totale, della quota LDL che innesca, accresce e destabilizza la placca aterosclerotica sulle pareti vasali, e della quota HDL che invece rimuove il colesterolo dal circolo verso il magazzino epatico e frena l'ossidazione delle LDL e la chemiotassi leucocitaria nell'endotelio.
Le statine sono sicuramente i farmaci più efficaci nel ridurre i livelli plasmatici di colesterolo LDL, mentre risulta relativamente meno efficace la loro azione sulla riduzione dei trigliceridi e sull'incremento delle HDL.
L'entità della riduzione della colesterolemia LDL che può essere raggiunta con la terapia a base di statine è strettamente dosaggio-dipendente e può superare il 40-50% di riduzione, agli alti dosaggi.
Questa o quella per me pari sono: cenni di biochimica
Le molecole appartenenti alla classe delle statine e attualmente commercializzate in Italia, non sono uguali tra loro: pravastatina e simvastatina derivano dalla fermentazione di funghi, mentre fluvastatina e atorvastatina sono interamente sintetiche. Simvastatina e atorvastatina utilizzano, per il metabolismo e la biotrasformazione, il citocromo P 450 , fluvastatina impiega un altro citocromo e pravastatina viene metabolizzata mediante sulfatazione e non attraverso il sistema citocromo.
Cose dell’altro mondo: lo studio ASTEROID
Recentemente un nuovo studio per il quale si è gridato incautamente al miracolo, ha rivelato che la rosuvastatina ha prodotto effetti più incisivi rispetto ad altre statine perchè non solo ha migliorato l’assetto del colesterolo, ma ha anche bloccato l'ispessimento della placca delle arterie, ossia l'arteriosclerosi, addirittura riducendone il volume (hanno registrato una riduzione media dell'ispessimento arterioso compreso tra il 6,8 e il 9,1 per cento).
"Questo dato non è mai stato osservato prima in uno studio in cui siano stati utilizzati farmaci a base di statina", ha dichiarato l'American College of Cardiology.
Ciononostante lo studio, durato due anni, non ha ricevuto consensi unanimi., vuoi per il numero relativamente ridotto di pazienti, vuoi per le caratteristiche dello stesso.
Il farmaco infatti potrebbe avere, tra l’altro, importanti effetti collaterali, tra cui problemi a livello renale e la rabdomiolisi.
L’obiettivo dello studio clinico ASTEROID (A Study to Evaluate the Effect of Rosuvastatin on Intravascular Ultrasound-Derived Coronary Atheroma Burden) è stato quello di valutare l’effetto del trattamento intensivo con la statina Rosuvastatina (Crestor e Simestat) sulla progressione della malattia aterosclerotica, valutata mediante ultrasonografia intravascolare (Doppler arterioso) nei pazienti con malattia coronarica accertata mediante angiografia.
Tutti i pazienti sono stati trattati con Rosuvastatina 40mg/die (dosaggio 4 volte superiorie al dosaggio standard) in aperto. L’analisi è stata effettuata su 349 pazienti, di cui si possedevano i dati di ultrasonografia intravascolare al basale e dopo il follow-up. I livelli di LDL si sono ridotti del 53.2%, con il 75% dei pazienti che ha raggiunto valori di colesterolo LDL inferiori a 70mg/dL. I livelli di colesterolo HDL sono aumentati del 14.7%.
La regressione nel volume percentuale dell’ateroma è stata osservata nel 63.6% dei pazienti.
I dati dello studio hanno dimostrato che tra i pazienti con malattia coronarica definita mediante angiografia, il trattamento intensivo con Rosuvastatina è risultato associato a regressione dell’aterosclerosi visibile all’ultrasonografia intravascolare nel corso di un periodo osservazionale (follow-up) di 2 anni. Studi precedenti, sempre effettuati con ultrasonografia intravascolare, avevano mostrato che la terapia intensiva con una statina aveva ridotto la progressione, ma non dimostrato la regressione dell’aterosclerosi rispetto ad un regime più moderato di abbassamento dei valori lipidici. Lo studio ASTEROID è il primo studio su ampia scala che ha dimostrato la regressione dell’aterosclerosi mediante terapia intensiva con una statina.
In conclusione è importante ricordare che la dose nella maggior parte dei pazienti è di 10 mg/die con eventuali incrementi solo in caso di non raggiungimento dei target terapeutici consigliati dalle linee guida, nello studio invece si sono utilizzati 40 mg.
Nuovi orizzonti
Di recente introduzione, l'ezetimibe , farmaco ipolipidemizzante, attivo per via orale, inibitore dell'assorbimento intestinale del colesterolo, primo di una nuova e interessante classe di farmaci. Il suo meccanismo di azione consiste nella inibizione della proteina Niemann-Pick C1-like, che trasporta il colesterolo dal lume intestinale nell'enterocita, modulando in tal modo l'assorbimento del colesterolo biliare e alimentare, nonché dei fitosteroli correlati.
L'ezetimibe è in commercio solo come associazione precostituita, almeno in Italia, con la simvastatina, ma ha dimostrato benefici clinici anche quando impiegato da solo o in associazione ad altre statine.
Il valore dell’associazione consiste nella riduzione di alte dosi di singole statine che come risaputo possono aumentare il rischio di affetti avversi.
Per ricordare
L’ipercolesterolemia è un importante predittore di rischio cardiovascolare unitamente ad altri fattori più o meno importanti. Essa nell’85% dei casi ha un’eziologia multifattoriale (dieta, attività fisica), nel restante 15% eredo-familiare. Idealmente la sua concentrazione nel sangue dovrebbe essere inferiore ai 200 mg per 100 ml di plasma.
La sola dieta, se i valori di colesterolo sono al di là un certo valore, non è efficace, tantomeno i vari integratori in commercio.
Le nuove linee guida per il trattamento di tale patologia mirano oltre al controllo della colesterolemia totale anche e soprattutto ai valori delle LDL, in base a determinati criteri, valore che idealmente dovrebbe essere inferiore ai 130 mg/100 ml, fino a valori sotto i 70 mg/100 ml in individui con molteplici fattori di rischio.
I farmaci più efficaci ed utilizzati per la riduzione del colesterolo sono le Statine, ne esistono diverse in commercio, tutte più o meno valide, tra di esse la più promettente sembra la “Rosuvastatina”.
Unitamente alle statine ancor più di recente ,sembra siano efficaci altri farmaci, tra di essi l’ezitimibe.
Il dato più interessante è che le Statine in virtù dei loro effetti “pleiotropici” potrebbero giocare un ruolo importante anche per il trattamento di svariate altre patologie.