Sfogarsi

a volte non resta altro da fare.

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Sfogarsi

Messaggioda Urihell » 14/10/2024, 11:46



Le nostre esperienze sembrano davvero molto simili. Sentire storie di chi si trova dall'altra parte e subisce certi comportamenti o dinamiche mi fa sempre sentire sconfitto, come se non fossi mai riuscito davvero a gestire il mio disturbo.

Quando leggo che anche tu parli di "schemi" e "tattiche", mi viene un sospiro. È evidente che hai sofferto molto e hai riflettuto profondamente su ciò che hai vissuto. Non posso fare altro che confermare ciò che dici: anch'io ho ricordi che mi fanno pensare "Ha proprio ragione". Eppure, nonostante i tratti comuni dei disturbi della personalità, ogni persona è unica.

Detesto la falsità e le manipolazioni, e quando mi accorgo di mettere in atto certi schemi inconsciamente, come se si ripetessero automaticamente, mi sento completamente spiazzato.

È un bel caos, vero? Anche tu alla fine ti sei sentita dire che sei "il mostro"? A volte mi chiedo se esista davvero qualcuno che non lo sia, sinceramente.

Non voglio giustificare nessuno, ma credo sia inevitabile che, quando ci si annulla per l'altro e si continua a soffrire, alla fine si arrivi a diventare la versione peggiore di sé stesse e ad esplodere.

Rimuginare non serve a nulla, alla fine resta solo il dialogo. Nelle mie ultime relazioni ci tenevo molto che capissero i meccanismi del mio disturbo, affinché potessero aiutarmi a riconoscerli. Inutile dire quanto fosse frustrante sentirmi dire che era il narcisismo a parlare e non io. Ma, per fortuna, dipende molto dalla persona con cui ti relazioni. Parlare è davvero la chiave, così come il modo in cui ci si pone e si ragiona insieme.

Ammetto che, dopo aver affrontato tutte queste difficoltà, sono giunto alla conclusione che l'amore non è essenziale per me. Porta troppe complicazioni e, visto che ne ho già abbastanza di mio, preferisco farne a meno. Ormai, mi sento molto più incline all'amicizia, anche se mi sono scontrato spesso con l'idea che l'amicizia sia marginale e piena di limiti. Nei contesti sociali, sembra che tu debba indossare maschere e comportarti secondo certi standard. Se sei depresso, non lamentarti. Se sei triste, non farlo vedere. Vuoi sfogarti? Non importunare nessuno, perché "tutti hanno i loro problemi".

Io non sono così, ma forse sono io quello sbagliato.
In qualsiasi tipo di relazione e interazione il rispetto e l'educazione sono la prima cosa per me.
Dici bene, a volte l'amore non basta e anzi gli si attribuisce una sorta di funzione curativa a tutti i mali.
L'amore non cura nessuno, certo ti fa stare bene, ti fa sentire forte ma sei tu che devi poi agire e se agisci male, non è l'amore a rimediare.
Che poi a dirla tutta, spesso si pensa di amare e invece è solo abitudine, una sorta di dipendenza affettiva imposta dall'insicurezza.
Direi che per sia chiaro come mai ormai punto solo ad amicizie sincere. Nel mio caso viene meno tutta la parte del bisogno di controllo, non ho aspettative e anzi tengo molto di più ad interessarmi all'altro che a me stesso. Peccato che anche queste siano estremamente rare.

Mi è piaciuto molto quello che hai scritto, sei arrivata ad accumulare tanta esperienza e consapevolezza ed è una cosa che ammiro. Contrariamente a me sei andata avanti, io ho semplicemente smesso accettando di stare per conto mio. Hai parlato di "guerre logoranti" e non potevi usare termini migliori per definire quei rapporti. È anche vero però che mostrarsi in maniera autentica, almeno nel mio caso, non è sempre la scelta giusta. Devo spesso andare con i piedi di piombo e trovare il modo migliore per raccontare la mia storia, presentarsi con patologie e problemi di salute mentale direi che spaventerebbe chiunque. So bene comunque cosa volevi dire, sicuramente essere chiari senza nascondersi dietro maschere e tattiche è la cosa giusta, l'unica sensata per costruire qualcosa di vero e duraturo.

Ho apprezzato molto ciò che hai detto sui disturbi alimentari, il problema principale era che lei non ne prendeva coscienza. Sì, era ossessionata dal conteggio delle calorie e tutto ciò che ne conseguiva, ed era estremamente difficile da gestire quando lo faceva per attirare l’attenzione. A volte mi sembrava che utilizzasse tutto questo per rafforzare il suo ruolo di vittima. Voleva che la vedessi vomitare, quasi a giustificare il suo autodistruggersi. Le ripetevo spesso che per me darle attenzione e starle vicino era già una priorità. Non c’era bisogno che stesse male per avere la mia presenza costante.

Eppure, lei esplodeva, si arrabbiava, dicendo che non cercava attenzioni e che non faceva la vittima. Ma la parte peggiore era sicuramente l’autolesionismo. Spariva spesso per andare a tagliarsi da qualche parte, e ogni volta dovevo cercarla, “scoprendo” dove si era ferita. L’ultimo mese di convivenza è stato pesantissimo; provavo un’angoscia tale da farmi pensare che forse sarebbe stato meglio smettere di combattere con quel mio lato menefreghista ed egoista. Avrei potuto ignorarla del tutto, pensare solo a me stesso senza sentirmi in colpa, lasciandola fare quello che voleva. Avrei potuto perfino usare la sua debolezza per manipolarla.

Ma non l’ho fatto. Era come avere una bambina piccola in casa, e vivevo con la costante paura che, nascondendosi, potesse farsi seriamente male. Mi dici che non spettava a me aiutarla, ed è vero. Le suggerii di affrontare la questione in terapia, visto che vedeva una psicologa da anni. E cosa ho scoperto, scavando più a fondo? Che mentiva anche alla sua terapeuta, inventandosi traumi mai accaduti e ignorando completamente i problemi reali che stava vivendo.

Mi arrabbiai tantissimo, non riuscivo a credere che una professionista potesse essere raggirata così da una paziente. Ma, come dico spesso, anche loro alla fine sono esseri umani.

Mi fa davvero piacere sapere che adesso hai una relazione stabile e serena. Sono felice per te. Ho sempre pensato che chi soffre di questi disturbi fosse destinato a relazioni “alla meno peggio”. Ma l'importante è che tu stia bene, perché alla fine è quello che conta davvero.

Ho notato che anche tu hai difficoltà a farti degli amici. Beh, ormai qui ti sto raccontando vita, morte e miracoli del mio ego, e se non sei ancora scappata, forse hai trovato un amico. Per quanto riguarda il distacco emotivo e il fingere mentre sei con gli altri... benvenuta nel mio mondo! Ho seri problemi di empatia, che cerco di compensare con una grande sensibilità emotiva, analizzando ogni dettaglio di ciò che sento e vedo. Non riesco mai a mettermi nei panni degli altri, e anzi, l'idea stessa mi irrita. Sto bene nei miei e non vedo perché dovrei abbandonarli. Preferisco comprendere le persone parlandoci, piuttosto che proiettarmi nel loro punto di vista.

So che a volte questo può sembrare cinico, ma spesso è più utile guardare le cose per quello che sono, senza caricarle di un peso emotivo che finisce per distorcere tutto. Poi, per quanto se ne parli poco, il mio disturbo evitante va di pari passo con tutto questo. Evito di mettermi in situazioni che possano darmi anche solo un lieve disagio. Il discorso sarebbe lungo e non voglio arrivare al terzo o quarto vangelo secondo Urihell, quindi meglio fermarmi qui con i miei casini mentali.

Quanto ai sensi di colpa, tu ne parli, ma io ne sono praticamente privo, anche se uccidessi qualcuno. Per liberarsene, devi accettare non solo te stessa, ma anche tutto ciò che ti circonda. Sei molto lucida, sai bene cosa provi e cosa accade attorno a te. Accetta che le cose non possono cambiare. Sei fatta così, e sforzarti di cambiare ti mette solo a disagio, il quale poi si trasforma in senso di colpa.

Non puoi cambiare il passato o chi sei dall'oggi al domani, puoi solo accettarlo e convivere con le conseguenze. Se sai che un tuo atteggiamento può ferire qualcuno, certo, ti sentirai in colpa. Ma accettalo. Sì, sei stata tu. E allora? Sei fatta così. Anche chi ti sta intorno può adattarsi a te, e se non riesce, non è un tuo problema.

È meglio accettare le proprie responsabilità e, se necessario, rimediare, piuttosto che fare ciò che “dovrebbe” essere giusto e poi sentirsi in colpa per non essere stati sinceri con se stessi o con gli altri.

Comunque, le voci che senti le sento anche io e ho imparato a non zittirle.
Le lascio andare, una volta cercavo di capirle ma in realtà sono come una marea che non può essere fermata, ti trascinerebbe via con violenza provandoci. Osservo, cerco l'acqua mi bagna e il sale mi brucia gli occhi ma resto lì osservando. Ti dirò, a volte riflettendo su tutta quell'acqua qualche pensiero utile ne esce fuori. Capisco però che a volte questa attesa renda tutto il resto un problema, non si riesca fare altro e si spera che finisca quanto prima. Tu stessa parli di sublimare il dolore, quindi mi capisci quando ti dico che è meglio abbracciare tutto questo che scontrarcisi.
Lo so, spesso possono essere angoscianti, un tormento. Hai un blog dici? Bene, condividerli può aiutare. Se ti va linkalo, in ogni caso ricorda sempre che tutto passa e quando poi succede ci si rende conto che è meglio pensare ad altro.

Riguardo la mia situazione, mi sono lasciato andare e la rassegnazione ormai è una sorta di placebo che si spera aiuti a non stare peggio.
La situazione in casa è davvero fuori da ogni logica e per uno che analizza e ragiona su tutto come me, è sempre un cortocircuito costante.
In un modo o nell'altro finirà.

Le voci che senti, le sento anch'io, e ho imparato a non cercare di zittirle. Le lascio andare. In passato cercavo di capirle, ma alla fine ho capito che sono come una marea: non la puoi fermare, e se ci provi, ti trascina via con violenza. Ora osservo. Mi lascio bagnare dall’acqua, il sale mi brucia gli occhi, ma resto lì, osservando. Ti dirò, a volte, riflettendo su tutta quell'acqua, qualche pensiero utile emerge. Capisco però che questa attesa rende tutto il resto più complicato. Ci si blocca, incapaci di fare altro, e si spera solo che finisca il prima possibile.

Parli di sublimare il dolore, quindi so che capisci cosa intendo quando dico che è meglio abbracciare tutto questo, piuttosto che combatterlo. So bene che a volte può essere angosciante, un vero tormento. Hai un blog, dici? Ottimo. Condividere può aiutare molto. Se ti va, linkamelo. In ogni caso, ricorda sempre che tutto passa, e quando succede ci si accorge che forse è meglio pensare ad altro.

Per quanto riguarda la mia situazione, mi sono lasciato andare, e la rassegnazione è diventata una sorta di placebo che mi aiuta a non stare peggio. La situazione in casa è fuori da ogni logica, e per uno come me, che analizza e riflette su tutto, è un cortocircuito costante. In un modo o nell'altro, finirà.
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Messaggioda -Entropia » 14/10/2024, 21:24



Urihell ha scritto: Scrivo, gioco, guardo film e serie, scrivo recensioni.
Queste sono le mie giornate. Ho amici online, solitamente li sento in cuffia e quando posso, quando i miei escono per fare la spesa (cosa rara) parlo e per lo più, come puoi immaginare, mi sfogo.
Mi ha fatto comunque sorridere il pensiero di aiutare le persone. Io? Aiutare?
Se tu avessi un carico di pietre appuntite su tutto il corpo che ti tagliano e pesano talmente tanto da non farti muovere, riusciresti ad ascoltare altre persone che stanno male?
Però devo dire che mi consola il fatto che hai avuto un pensiero del genere su di me.
Pensi che io possa fare una cosa del genere? Davvero?
Solitamente io sono il cattivo, quello da cui scappare perché sono freddo e insensibile.

Leggendo questo passaggio, ho letteralmente rivisto la me di qualche anno fa, ancora "intrappolata" in casa dei miei genitori. Le mie energie erano investite sulla mera sopravvivenza e alienarmi dalla realtà era l'unico modo funzionante che avessi trovato.
Ero così sovraccarica che arrivavo a fare oversharing con la prima persona che mi dimostrava umanità, col risultato che letteralmente mi lanciavo sanguinante in una vasca piena di squali, pronti a fare scempio del mio corpo.
Diverso è stato invece il pensiero di poter aiutare. Mi hanno sempre detto che infondo serenità e calma (cosa che mi faceva sempre sorridere, in quanto la trovavo quasi paradossale considerando il caos che mi sconvolgeva dentro). Una parte di me voleva evitare che qualcun altro soffrisse come stavo soffrendo io, inoltre aiutare gli altri mi distraeva dai miei problemi e mi faceva sentire utile.
Non sapendo però come mettere dei sani confini tra me e l'altro, diventava tutto confuso ed instabile, col risultato che da salvatore diventavo vittima prima e carnefice poi.

Urihell ha scritto: Riguardo al discorso di sentirsi parte di un gruppo, è un argomento interessante.
Si, quando gioco online con questi "amici" cerco di legare e molto volte ci resto male.
Loro sono lì per giocare, giochi cooperativi dove ognuno ha il suo ruolo.
Più gruppo di così! E anzi, neanche a farlo apposta, il mio ruolo è quello del guaritore!
Capisco cosa vuoi dire e sì, nei limiti del possibile lo faccio e sicuramente aiuta a sopportare meglio tutto il male che ho intorno.
Ma spesso sento discorsi davvero assurdi.
Si litiga per un oggetto, per chi è "più forte" o per cose che mi ricordano la differenza abissale tra me e loro.
Io sono lì per passare il tempo, per farmi due risate in compagnia.
Loro sono lì per interesse personale, per ottenere quanto più possono dal gioco.
Dunque è giusto che io mi sente fuori luogo? Si, passo il tempo come loro.
Ma mentre loro poi staccano e hanno le loro famiglie, il loro lavoro, la loro vita, io torno allo schifo di sempre.

Certo alcuni hanno legato di più con me, tanto da sentimi dire "ti do io una mano" e quando poi sono arrivati tempi davvero bui e ho ricordato loro di questa mano.... beh la sto ancora aspettando, perché alla fine io sono solo un personaggio virtuale per loro.
Capisci cosa voglio dire? Il contesto fa vivere in modo molto diverso la stessa realtà.
E torno quindi sempre al discorso del sto bene da solo.
Perché devo farmi andare bene gente che sta lì per perdere tempo, quando io invece penso di creare una sorta di legame?
Ho delle aspettative sbagliate? Mah, mica ho detto che dobbiamo essere amici per la vita.
Ho solo notato che se domani non aprissi quel gioco e non li sentissi, la mia vita sarebbe uguale, non perderei nulla. Potrei giocare ad un altro gioco, anche da solo. Se devo dare importanza al gioco e non alle persone, come fanno loro, è questo il ragionamento da fare no?

Questa parte l'ho sentita risuonare davvero tanto, a tratti mi ha fatto anche male. Anch'io vivevo i giochi online in questa maniera. Arrivavo a giocare anche oltre 24 ore filate pur di non dover affrontare il vuoto, l'angoscia e la solitudine che accompagnavano il momento del logout, quando il mondo colorato e stimolante svaniva, lasciando il posto a quella solita, familiare, angosciante e al tempo stesso confortante prigione che era diventata la mia camera.
Non so se fosse sbagliato aspettarsi qualcosa di più da una compagnia virtuale... Magari le eccezioni esistono pure, ma penso che in linea di massima, qualsiasi relazione dura per il tempo necessario. Spesso le persone sono delle parentesi, degli intervalli che scandiscono fasi della nostra esistenza. Di rado sono una costante.

Urihell ha scritto:Le nostre esperienze sembrano davvero molto simili. Sentire storie di chi si trova dall'altra parte e subisce certi comportamenti o dinamiche mi fa sempre sentire sconfitto, come se non fossi mai riuscito davvero a gestire il mio disturbo.
Quando leggo che anche tu parli di "schemi" e "tattiche", mi viene un sospiro. È evidente che hai sofferto molto e hai riflettuto profondamente su ciò che hai vissuto. Non posso fare altro che confermare ciò che dici: anch'io ho ricordi che mi fanno pensare "Ha proprio ragione". Eppure, nonostante i tratti comuni dei disturbi della personalità, ogni persona è unica.
Detesto la falsità e le manipolazioni, e quando mi accorgo di mettere in atto certi schemi inconsciamente, come se si ripetessero automaticamente, mi sento completamente spiazzato.

Non devi sentirti sconfitto. Questi schemi e tattiche, sono il frutto di un adattamento forzato alle condizioni in cui ti sei trovato. Non hai scelto di essere così. Ci hai lavorato e ci stai lavorando, nei limiti delle tue possibilità e si vede da come scrivi. C'è consapevolezza, riflessione ed anche una sana dose di autocritica. Purtroppo a volte ci infiliamo in relazioni dove emerge il lato peggiore di noi e spesso, nonostante questo, andare via è molto complicato. Non basta sapere che una cosa è sbagliata o dannosa per smettere di farla, questo non significa che la volontà non abbia alcun impatto, ma ridurre il tutto a volere è potere lo trovo superficiale.
Comprendo bene quando dici che ti senti spiazzato nel momento in cui ti accorgi di mettere in atto gli schemi inconsciamente. Sono appunto schemi interiorizzati fin dalla tenera età, a volte sono quasi automatici, ma il fatto che appunto tu ora te ne renda conto, anche a posteriori è già un grosso passo avanti, non pensi?

Urihell ha scritto:È un bel caos, vero? Anche tu alla fine ti sei sentita dire che sei "il mostro"? A volte mi chiedo se esista davvero qualcuno che non lo sia, sinceramente.
Non voglio giustificare nessuno, ma credo sia inevitabile che, quando ci si annulla per l'altro e si continua a soffrire, alla fine si arrivi a diventare la versione peggiore di sé stesse e ad esplodere.

Assolutamente sì. Annullarsi per l'altro crea un disequilibrio enorme nel rapporto e porta la persona "più devota" ad accumulare sempre più rabbia, insoddisfazione, frustrazione. Il risultato è che dopo tanti bocconi amari, si inizia a vomitare tutto con gli interessi.
Sono stata il mostro sì, perché ho usato le debolezze degli altri come arma contro di loro. Ma il pentimento è stato immediato, con conseguente esplosione e sfogo di rabbia su me stessa, sia per scaricarmi che per punirmi e anestetizzarmi.

Urihell ha scritto:Ammetto che, dopo aver affrontato tutte queste difficoltà, sono giunto alla conclusione che l'amore non è essenziale per me. Porta troppe complicazioni e, visto che ne ho già abbastanza di mio, preferisco farne a meno. Ormai, mi sento molto più incline all'amicizia, anche se mi sono scontrato spesso con l'idea che l'amicizia sia marginale e piena di limiti. Nei contesti sociali, sembra che tu debba indossare maschere e comportarti secondo certi standard. Se sei depresso, non lamentarti. Se sei triste, non farlo vedere. Vuoi sfogarti? Non importunare nessuno, perché "tutti hanno i loro problemi".
Io non sono così, ma forse sono io quello sbagliato.
In qualsiasi tipo di relazione e interazione il rispetto e l'educazione sono la prima cosa per me.
Dici bene, a volte l'amore non basta e anzi gli si attribuisce una sorta di funzione curativa a tutti i mali.
L'amore non cura nessuno, certo ti fa stare bene, ti fa sentire forte ma sei tu che devi poi agire e se agisci male, non è l'amore a rimediare.
Che poi a dirla tutta, spesso si pensa di amare e invece è solo abitudine, una sorta di dipendenza affettiva imposta dall'insicurezza.
Direi che per sia chiaro come mai ormai punto solo ad amicizie sincere. Nel mio caso viene meno tutta la parte del bisogno di controllo, non ho aspettative e anzi tengo molto di più ad interessarmi all'altro che a me stesso. Peccato che anche queste siano estremamente rare.

In amicizia non sono mai stata fortunata. Sento che è una componente che mi manca e trovo che la tua analisi sia abbastanza accurata. Nemmeno io sono così, non so dissimulare il fastidio, non sono molto socievole con le persone che a pelle mi sembrano ambigue (non con tutte, sia chiaro). Detesto dal profondo del cuore le cose fatte perché "sennò sembra brutto", non mi piace adulare gli altri e non capisco l'utilità di gran parte delle convenzioni sociali. Spesso indosso delle maschere, perché perlopiù me lo impone l'ambiente. Tanto più sono costretta a farlo quando sono depressa, ma la mia tendenza al distacco e all'ironia mi aiuta in questo. Tutto questo però si ripercuote sul corpo: colite, tremori, varie forme di stimming, sonno agitato, bruxismo...
Ho imparato che piuttosto che aprirmi a certe persone per sentirmi rispondere che "c'è chi sta peggio, sorridi alla vita e lei ti sorriderà" posso scrivere, disegnare, cantare, camminare, meditare... Queste almeno sono cose che hanno una concreta probabilità di farmi sentire meglio.
Tornando alle amicizie, quelle sincere sono rare. Io ho rivisto i miei standard, forse troppo elevati, poi diciamo che il mio problema con la permanenza dell'oggetto non è d'aiuto. Sono stata tanto tempo da sola, forse non so più interagire bene con gli altri. A volte penso che sia tutta una mia distorsione della realtà, perché i feedback esterni sono diversi... Però è come se non mi importasse di nessuno in fondo (ovviamente in questo discorso non rientra il mio compagno).

Urihell ha scritto:Era come avere una bambina piccola in casa, e vivevo con la costante paura che, nascondendosi, potesse farsi seriamente male. Mi dici che non spettava a me aiutarla, ed è vero. Le suggerii di affrontare la questione in terapia, visto che vedeva una psicologa da anni. E cosa ho scoperto, scavando più a fondo? Che mentiva anche alla sua terapeuta, inventandosi traumi mai accaduti e ignorando completamente i problemi reali che stava vivendo.
Mi arrabbiai tantissimo, non riuscivo a credere che una professionista potesse essere raggirata così da una paziente. Ma, come dico spesso, anche loro alla fine sono esseri umani.

Spesso le persone che sviluppano un disturbo borderline di personalità hanno subito abusi in età infantile o negligenza. Sono figli di genitori ambivalenti, a volte amorevoli, a volte crudeli, altre ancora dolorosamente assenti, sordi, ciechi... Non sai mai cosa aspettarti e l'instabilità diventa la quotidianità per te. Hai conosciuto quel modo di amare, quindi diventa anche il tuo modo di interagire con gli altri, poco importa se questo il più delle volte è la strada più breve per il disastro totale.
Sono persone terrorizzate dall'abbandono che talvolta possono esasperare le cose se hanno anche soltanto la sensazione che questo possa verificarsi.
Possono comportarsi in modo infantile, contraddittorio. Possono avere ricordi confusi, specie se legati a vissuti traumatici, magari invalidati al tempo dalle figure di riferimento... E' complicato e mi dispiace per quello che hai dovuto affrontare, così come mi dispiace per quella ragazza. Spero abbia trovato un po' di pace.

Urihell ha scritto:Ho notato che anche tu hai difficoltà a farti degli amici. Beh, ormai qui ti sto raccontando vita, morte e miracoli del mio ego, e se non sei ancora scappata, forse hai trovato un amico. Per quanto riguarda il distacco emotivo e il fingere mentre sei con gli altri... benvenuta nel mio mondo! Ho seri problemi di empatia, che cerco di compensare con una grande sensibilità emotiva, analizzando ogni dettaglio di ciò che sento e vedo. Non riesco mai a mettermi nei panni degli altri, e anzi, l'idea stessa mi irrita. Sto bene nei miei e non vedo perché dovrei abbandonarli. Preferisco comprendere le persone parlandoci, piuttosto che proiettarmi nel loro punto di vista.

Sono contenta allora, penso che potrebbero venirne fuori interessanti scambi di idee.
In realtà ha senso, non mi sembra sbagliato o cinico, mi sembra un buon compromesso. Mettersi nei panni degli altri non è facile. Spesso si finisce appunto per caricare di significati personali le questioni degli altri e questo non è mai un bene. Non sempre riesco ad essere empatica, però mi sforzo tanto di guardare le cose da diverse prospettive e di non essere giudicante (peccato che questo approccio non funzioni su me stessa).

Urihell ha scritto:Non puoi cambiare il passato o chi sei dall'oggi al domani, puoi solo accettarlo e convivere con le conseguenze. Se sai che un tuo atteggiamento può ferire qualcuno, certo, ti sentirai in colpa. Ma accettalo. Sì, sei stata tu. E allora? Sei fatta così. Anche chi ti sta intorno può adattarsi a te, e se non riesce, non è un tuo problema.
È meglio accettare le proprie responsabilità e, se necessario, rimediare, piuttosto che fare ciò che “dovrebbe” essere giusto e poi sentirsi in colpa per non essere stati sinceri con se stessi o con gli altri.

Su questo hai perfettamente ragione. Tutto sta nel trovare l'equilibrio tra le due cose. Se mi chiudessi sul concetto di "eh, sono così", sarebbe come precludersi a priori la possibilità di migliorarsi. Viceversa non bisogna nemmeno snaturarsi si può anche sbagliare e chiedere scusa.

Anche io ho imparato a non zittire le mie voci, sarebbe come nuotare contro corrente: uno spreco di energie.
E' vero che a volte si può trasformare quell'orrore in qualcosa di bello, ma devo essere sempre ben ancorata a qualcosa di saldo se decido di abbracciare quel flusso... E' questione di un attimo e posso ritrovarmi ad affogare senza nemmeno avere coscienza del momento esatto in cui ho smesso di respirare. Lo so che tutto passa... Anche il blog mi ricorda di tutte le volte in cui credevo sarei morta e invece sono sopravvissuta, ma quando sei in balia della corrente non lo sai, sei incastrato come incastrato in una dimensione alternativa... In quel momento può succedere di tutto e l'angoscia è reale.
Per quanto riguarda il link, magari lo condividerò.
La rassegnazione è un buon cuscinetto, ma se ti ci metti troppo comodo poi ti soffoca. Ti priva sempre più delle tue energie, stroncando sul nascere qualsiasi tentativo di riemergere dall'Inferno.
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Messaggioda Urihell » 15/10/2024, 2:11



Entropia ha scritto: Leggendo questo passaggio, ho letteralmente rivisto la me di qualche anno fa, ancora "intrappolata" in casa dei miei genitori. Le mie energie erano investite sulla mera sopravvivenza e alienarmi dalla realtà era l'unico modo funzionante che avessi trovato.
Ero così sovraccarica che arrivavo a fare oversharing con la prima persona che mi dimostrava umanità, col risultato che letteralmente mi lanciavo sanguinante in una vasca piena di squali, pronti a fare scempio del mio corpo.
Diverso è stato invece il pensiero di poter aiutare. Mi hanno sempre detto che infondo serenità e calma (cosa che mi faceva sempre sorridere, in quanto la trovavo quasi paradossale considerando il caos che mi sconvolgeva dentro). Una parte di me voleva evitare che qualcun altro soffrisse come stavo soffrendo io, inoltre aiutare gli altri mi distraeva dai miei problemi e mi faceva sentire utile.
Non sapendo però come mettere dei sani confini tra me e l'altro, diventava tutto confuso ed instabile, col risultato che da salvatore diventavo vittima prima e carnefice poi.


Beh, pensa che la situazione è peggiorata al punto che, dopo vari traslochi, vivo in un monolocale con loro due. Lo spazio è davvero ristretto, senza un minimo di privacy. È dura, perché nonostante faccia di tutto per evitarli, assorbo comunque il malessere che generano incessantemente. E, a quanto pare, sono l'unico a patirne le conseguenze. È comunque un sollievo sapere che tu sei riuscita a uscire da un contesto simile; dev'essere una sensazione incredibile quella di sentirsi "liberi".

Hai menzionato l'oversharing, ed è la prima volta che qualcuno me ne parla. Mi ha colpito. Anche oggi provo un fastidio profondo quando cerco di aprirmi, perché so già che qualunque risposta potrebbe irritarmi o, peggio ancora, infastidirmi e offendermi. Vorrei solo "starci male", provare amarezza o forse vergogna. Invece, la maggior parte delle volte, tutto ciò che sento è una grande perdita di tempo, cosa che odio profondamente. A volte alcune persone hanno cercato di approfittarsi di me. In quei casi, sapevo benissimo dove si sarebbe andati a finire, ma per disperazione ho permesso loro di ferirmi. Spero sempre che, dopo l'ennesimo colpo, mi entri in testa di lasciar perdere.

Mi viene da sorridere pensando alla questione dell'aiutare gli altri, davvero. Poco dopo la rottura con quella ragazza, ho cercato di entrare in contatto con altre persone borderline, iscrivendomi a vari gruppi social per un confronto. Ricordo che, ad ogni nuova conoscenza, rivivevo quella stessa attrazione "chimica", come se fossimo due parti di uno stesso essere. L'intesa e l'attrazione erano così forti da alimentarsi a vicenda, su ogni piano delle nostre vite. È successo con la prima ragazza, poi con la seconda, la terza... andando avanti, ho capito che non si trattava di una questione sentimentale o romantica. I nostri traumi erano opposti: loro avevano bisogno di un punto stabile, io di qualcosa che mi smuovesse, e in un certo senso funzionava. Sarà che non sono il classico narcisista, mi è stato spiegato più volte cosa sia la dicitura "Covert" e infatti ogni volta che conosco una persona non mi crede, anzi spesso mi sento dire "ma tu sei come me, sei molto empatico!".
Gongolo, lo ammetto. È un po' come passare un esame, studi tanto e ottieni il massimo dei voti.

Sono comunque una persona molto diretta, per questo non credo di essere un "aiuto" per gli altri. Se fai qualcosa che non mi piace, non riesco a trattenermi dal dirtelo, e probabilmente ci aggiungo pure un pizzico di sarcasmo acido. Lo faccio apposta? Non lo so, non credo.

Entropia ha scritto: Questa parte l'ho sentita risuonare davvero tanto, a tratti mi ha fatto anche male. Anch'io vivevo i giochi online in questa maniera. Arrivavo a giocare anche oltre 24 ore filate pur di non dover affrontare il vuoto, l'angoscia e la solitudine che accompagnavano il momento del logout, quando il mondo colorato e stimolante svaniva, lasciando il posto a quella solita, familiare, angosciante e al tempo stesso confortante prigione che era diventata la mia camera.
Non so se fosse sbagliato aspettarsi qualcosa di più da una compagnia virtuale... Magari le eccezioni esistono pure, ma penso che in linea di massima, qualsiasi relazione dura per il tempo necessario. Spesso le persone sono delle parentesi, degli intervalli che scandiscono fasi della nostra esistenza. Di rado sono una costante.


È vero quello che scrivi, e fa maledettamente male. Poco fa ero online con loro: tutti si salutano, e io, che spesso ho il microfono spento, mi limito a scrivere in chat, venendo ignorato la maggior parte delle volte. Ci sta, le frasi si perdono nelle chat, sono l'unico a vivere questa situazione, e va bene così. Poi arriva il logout: quasi istantaneamente apro YouTube, cerco musica il più velocemente possibile e inizio a scrivere. A volte, però, non faccio in tempo, e in quel minuto sento urla e bestemmie. Diventa tutto surreale. Un attimo prima ridevo con gli altri, quasi malinconico mentre sloggavo, e poi, all'improvviso, odio e minacce. È destabilizzante.

Comunque, penso che il problema non sia il virtuale. Alla fine è solo un mezzo. Il problema sono le persone che promettono, parlano, illudono, e poi, quando smetti di condividere una passione – come un gioco, nel mio caso – smettono anche loro di esistere. Certo, a volte ci si sente anche al di fuori del gioco, ma senza quello è come tornare ad essere semplicemente estranei. Forse è questo quello che intendi con "dura per il tempo necessario". Beh, viene quasi da dire che è solo tempo perso, ma ogni tanto incontri qualcuno che vale la pena sentire, lo ammetto.

Anche io, una volta, avevo "la mia stanza" e tendevo a definirla una gabbia comoda. Oggi però trovo davvero sbagliata quella definizione. Comoda? Perché ci si adatta? Ora non ho nemmeno più la stanza, vivo su un soppalco senza porte, che a malapena contiene un letto e una scrivania. No, non ci si adatta. È una gabbia, e non è comoda. Ci si adatta per sopravvivere, e sono sicuro che, se uscire non mi facesse stare altrettanto male, mi andrebbe bene qualsiasi panchina. Non è la stanza che mi manca, di questo sono certo, proprio perché non ce l'ho più. Forse tutto quello che mi è rimasto è il computer. Probabilmente, qui dentro c'è letteralmente la mia vita, l'unica finestra su qualche tipo di socialità e interazione con l'esterno.

Entropia ha scritto: Non devi sentirti sconfitto. Questi schemi e tattiche, sono il frutto di un adattamento forzato alle condizioni in cui ti sei trovato. Non hai scelto di essere così. Ci hai lavorato e ci stai lavorando, nei limiti delle tue possibilità e si vede da come scrivi. C'è consapevolezza, riflessione ed anche una sana dose di autocritica. Purtroppo a volte ci infiliamo in relazioni dove emerge il lato peggiore di noi e spesso, nonostante questo, andare via è molto complicato. Non basta sapere che una cosa è sbagliata o dannosa per smettere di farla, questo non significa che la volontà non abbia alcun impatto, ma ridurre il tutto a volere è potere lo trovo superficiale.
Comprendo bene quando dici che ti senti spiazzato nel momento in cui ti accorgi di mettere in atto gli schemi inconsciamente. Sono appunto schemi interiorizzati fin dalla tenera età, a volte sono quasi automatici, ma il fatto che appunto tu ora te ne renda conto, anche a posteriori è già un grosso passo avanti, non pensi?


Sinceramente? Non lo so, a volte penso di aver solo incasinato tutto. La mia consapevolezza è costruita, forse la parte più difficile è stata mettermi in gioco. Le mie ultime relazioni erano tutte un continuo "aiutami a capire, parliamone", chiedendo all'altra persona di farsi una cultura sui miei disturbi per farmi notare la tossicità che io non vedevo. Sai quanto è difficile ammettere di sbagliarsi quando sei assolutamente certo non solo di avere ragione, ma anche di sapere cosa l'altra persona desidera per essere felice, meglio di lei stessa? È stata una continua lotta interiore, che spesso sfociava in discussioni accese, intense, a volte anche fisiche, pur di riuscire ad accettare di avere torto.

Perché è così, no? Se ho torto, devo comunque trovare il modo di mantenere il controllo, cercando di vincere in qualche modo, anche a costo di trascinare tutto sotto le lenzuola, se necessario. Che casino, guarda. Solo a pensarci, mi ripeto che "sto meglio da solo". Quegli schemi mentali non mi abbandoneranno mai, semplicemente prima vivevo nella beata ignoranza, ora cerco di non fare danni e invece...

Entropia ha scritto: Assolutamente sì. Annullarsi per l'altro crea un disequilibrio enorme nel rapporto e porta la persona "più devota" ad accumulare sempre più rabbia, insoddisfazione, frustrazione. Il risultato è che dopo tanti bocconi amari, si inizia a vomitare tutto con gli interessi.
Sono stata il mostro sì, perché ho usato le debolezze degli altri come arma contro di loro. Ma il pentimento è stato immediato, con conseguente esplosione e sfogo di rabbia su me stessa, sia per scaricarmi che per punirmi e anestetizzarmi.


Strano ma vero, sono stato spesso carnefice, ma una volta anche vittima. Sì, mi sono annullato per una donna, e indovina? Probabilmente era una narcisista. Avevo già la diagnosi, e sì, avevo notato quelle maledette dinamiche e tattiche. Ci sarebbe tanto da dire, ma probabilmente dei due sono stato io quello a finire peggio. Lei era probabilmente una "Overt" e, infatti, all'inizio tornava sempre, in lacrime, dicendo che in qualche modo era attratta da me, nonostante io la ignorassi per lo più. Dopo mesi di battibecchi, tira e molla e colpi bassissimi, venne fuori la sua vera natura. Dire che mi schiacciò è poco: trascinarmi al centro dell'attenzione con lei era la sua tattica preferita. Sapeva che mi avrebbe messo a disagio, e sapeva anche che gestiva meglio di me quelle situazioni.

Una volta le dissi che sotto ai riflettori trovi gli attori, mentre le persone sincere le trovi nell'ombra. Dopo quella pseudo-relazione, mi sentivo così distrutto, svuotato, senza più un'identità. Forse è grazie a lei che ho capito di non voler essere così: tossico al punto da godere nel mettere gli altri a disagio, letteralmente sotto i miei piedi. No, non sarò mai così sadico.

Entropia ha scritto:In amicizia non sono mai stata fortunata. Sento che è una componente che mi manca e trovo che la tua analisi sia abbastanza accurata. Nemmeno io sono così, non so dissimulare il fastidio, non sono molto socievole con le persone che a pelle mi sembrano ambigue (non con tutte, sia chiaro). Detesto dal profondo del cuore le cose fatte perché "sennò sembra brutto", non mi piace adulare gli altri e non capisco l'utilità di gran parte delle convenzioni sociali. Spesso indosso delle maschere, perché perlopiù me lo impone l'ambiente. Tanto più sono costretta a farlo quando sono depressa, ma la mia tendenza al distacco e all'ironia mi aiuta in questo. Tutto questo però si ripercuote sul corpo: colite, tremori, varie forme di stimming, sonno agitato, bruxismo...
Ho imparato che piuttosto che aprirmi a certe persone per sentirmi rispondere che "c'è chi sta peggio, sorridi alla vita e lei ti sorriderà" posso scrivere, disegnare, cantare, camminare, meditare... Queste almeno sono cose che hanno una concreta probabilità di farmi sentire meglio.
Tornando alle amicizie, quelle sincere sono rare. Io ho rivisto i miei standard, forse troppo elevati, poi diciamo che il mio problema con la permanenza dell'oggetto non è d'aiuto. Sono stata tanto tempo da sola, forse non so più interagire bene con gli altri. A volte penso che sia tutta una mia distorsione della realtà, perché i feedback esterni sono diversi... Però è come se non mi importasse di nessuno in fondo (ovviamente in questo discorso non rientra il mio compagno).


Addirittura tra le parole riesco a notare quella "chimica" di cui ti parlavo. Abbiamo detto praticamente la stessa cosa. Non so se anche a te è successo, ma una delle ragazze borderline che ho conosciuto mi disse: "Vorrei essere anche io narcisista, solo che quando mi comporto male poi mi sento in colpa!". Scoppiai a ridere e le risposi che la differenza stava proprio lì: io, anche quando ferisco, sono convinto di comportarmi bene. Sarò strano, ma in queste interazioni ci vedo tanta dolcezza, anche quando si parla di sofferenza.

Capisco molto bene tutto quello che hai scritto. Io, invece, divento apatico. La mia mente inizia a pianificare, organizzare, elaborare... cose, piani. Ho la IBS, in una forma molto grave, e con l’agorafobia è sicuramente la parte più invalidante della mia vita. Non è giusto, sai? Non lo è. Soffriamo perché le cose sono sbagliate, troppo sbagliate. Chi è fortunato non se ne rende conto, e chi non capisce sminuisce, offendendo con la propria ignoranza.

Per questo continuo ad avere standard alti, in ogni situazione. Amicizia? Bene, non conoscenza. Si può essere colleghi, conoscenti, ma amici è tutt’altro. Non riesco ad accontentarmi. Forse per questo i miei standard sono troppo alti, e resto da solo? Sì, sono praticamente sempre solo, quindi di cosa dovrei avere paura? Parli di feedback esterni. Sì, anche io a volte ne ricevo, e possono far piacere, ma non mi cambiano la vita. Per Tizio sono simpatico, per Caio antipatico, e poi arriva Sempronio che mi vede in modo tutto suo. Hai notato, vero? Quella sensazione di menefreghismo che sale. Come se non ti dicessero mai quello che vuoi sentire.

E sei sicura che con il tuo compagno sia diverso? Dici "ovviamente", ma nel mio caso è proprio ciò che mi porta a lasciar perdere. Succede, è già successo. Un giorno ami e sei completamente preso da quella persona, e il giorno dopo non lo sai più. Poi ancora, e alla fine quasi ti infastidisce. Probabilmente è un mio problema (felicissimo che invece la tua relazione sia sana), ma ti assicuro che il mio interesse è così volubile da farmi passare la voglia di investire tempo ed energie. Credo sia proprio perché sono stato solo per tanto tempo, proprio come te.
È difficile trovare persone stimolanti.

Entropia ha scritto: Spesso le persone che sviluppano un disturbo borderline di personalità hanno subito abusi in età infantile o negligenza. Sono figli di genitori ambivalenti, a volte amorevoli, a volte crudeli, altre ancora dolorosamente assenti, sordi, ciechi... Non sai mai cosa aspettarti e l'instabilità diventa la quotidianità per te. Hai conosciuto quel modo di amare, quindi diventa anche il tuo modo di interagire con gli altri, poco importa se questo il più delle volte è la strada più breve per il disastro totale.
Sono persone terrorizzate dall'abbandono che talvolta possono esasperare le cose se hanno anche soltanto la sensazione che questo possa verificarsi.
Possono comportarsi in modo infantile, contraddittorio. Possono avere ricordi confusi, specie se legati a vissuti traumatici, magari invalidati al tempo dalle figure di riferimento... E' complicato e mi dispiace per quello che hai dovuto affrontare, così come mi dispiace per quella ragazza. Spero abbia trovato un po' di pace.


Quello che racconti è un background che sento spesso da chi soffre di quel disturbo. Anche la mia ex rientrava in quel contesto. Il problema è che, ad un certo punto, ha ritrattato tutto, dicendo che aveva raccontato solo bugie. Era tutto così assurdo. Io avevo bisogno di stabilità, e lei era l’opposto. Era sempre "confusa", e questo mi faceva capire che spesso mentiva. Che inferno, mi ripetevo spesso: "che peccato".

Purtroppo, il finale di quella storia è stato davvero brutto, oserei dire "cattivo". Da un lato, sono fiero di non essere caduto nelle sue trappole, ma dall'altro, sono inorridito da quanto ha fatto. Ha cercato di ferirmi in ogni modo quando me ne sono andato, su ogni fronte, e sapeva dove colpirmi per farmi male. Non ci è riuscita, anzi, si è solo fatta cancellare completamente dai miei interessi. Non so che fine abbia fatto, e non sono un santo, ma notando che la terapia non l’ha aiutata, non posso che sperare che abbia trovato una persona proprio come lei. Secondo me, subire ciò che lei ha fatto patire agli altri è l’unico modo per maturare e crescere, smettendo con quei teatrini e le bugie.

Ormai è il passato. L'unica cosa che rimpiango è di essere stato troppo arrogante. Non spettava a me aiutarla, soprattutto quando io stesso avevo bisogno. Anche adesso, nonostante sia più informato, non credo che sarei riuscito a cambiare le cose. E tu? Chissà quante situazioni difficili hai passato. Alla fine, avere una relazione sana è davvero una soddisfazione, no?

Entropia ha scritto: Sono contenta allora, penso che potrebbero venirne fuori interessanti scambi di idee.
In realtà ha senso, non mi sembra sbagliato o cinico, mi sembra un buon compromesso. Mettersi nei panni degli altri non è facile. Spesso si finisce appunto per caricare di significati personali le questioni degli altri e questo non è mai un bene. Non sempre riesco ad essere empatica, però mi sforzo tanto di guardare le cose da diverse prospettive e di non essere giudicante (peccato che questo approccio non funzioni su me stessa).


Beh, sai dove trovarmi. Sono nuovo da queste parti e sto già impazzendo cercando di capire come funzionano le citazioni! :thumbup:
Dici di non essere empatica e allora, questo fiume di parole che ci stiamo scrivendo cos'è per te? Smettila di prenderti colpe che non hai. Vuoi essere giudicante? Vai, spara. Così almeno lo fai su di me e non su te stessa. Vuoi indossare una maschera? Vediamo se anche la mia ti piace.

Rispetto molto il fatto che mi hai raccontato di te, del tuo passato, e soprattutto di quello che pensi.
Quindi grazie, direi che questo "sfogo" è servito. Anche solo rileggendo quello che ho scritto (vangeli e bibbia a parte), mi sono decisamente stabilizzato.
E non mi sembra di aver offeso nessuno nel frattempo! Cavolo, sto diventando proprio bravo. :music:
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Messaggioda -Entropia » 16/10/2024, 3:29



Urihell ha scritto:Beh, pensa che la situazione è peggiorata al punto che, dopo vari traslochi, vivo in un monolocale con loro due. Lo spazio è davvero ristretto, senza un minimo di privacy. È dura, perché nonostante faccia di tutto per evitarli, assorbo comunque il malessere che generano incessantemente. E, a quanto pare, sono l'unico a patirne le conseguenze. È comunque un sollievo sapere che tu sei riuscita a uscire da un contesto simile; dev'essere una sensazione incredibile quella di sentirsi "liberi".

Deve essere davvero molto dura non avere letteralmente uno spazio fisico privato. Lo è già di per sé normalmente, ma in circostanze del genere è ancora più logorante. Spero davvero tanto tu riesca a trovare una soluzione alternativa.

Urihell ha scritto:Hai menzionato l'oversharing, ed è la prima volta che qualcuno me ne parla. Mi ha colpito. Anche oggi provo un fastidio profondo quando cerco di aprirmi, perché so già che qualunque risposta potrebbe irritarmi o, peggio ancora, infastidirmi e offendermi. Vorrei solo "starci male", provare amarezza o forse vergogna. Invece, la maggior parte delle volte, tutto ciò che sento è una grande perdita di tempo, cosa che odio profondamente. A volte alcune persone hanno cercato di approfittarsi di me. In quei casi, sapevo benissimo dove si sarebbe andati a finire, ma per disperazione ho permesso loro di ferirmi. Spero sempre che, dopo l'ennesimo colpo, mi entri in testa di lasciar perdere.

Penso che tendenzialmente la maggior parte delle persone non sa stare a contatto col proprio disagio emotivo, quindi la prevedibile conseguenza è che non sappiano gestire quello degli altri. Si finisce a:
  • fare la gara dei problemi "ah stai male? Pensa che io....", ad invalidare e minimizzare "non hai motivo di essere triste/ansioso/arrabbiato" "dovresti ritenerti fortunato, c'è chi sta peggio mentre a te non manca niente",
  • farne una questione di volontà e di ottimismo tossico "devi pensare positivo" "basta non pensarci" "basta voler star bene" "se vuoi puoi tutto",
  • fornire tutta una sfilza di soluzioni e consigli non richiesti per poi, incapaci di gestire la propria frustrazione e impotenza, lamentarsi quando l'altra persona non li segue alla lettera per tornare quanto prima a star bene.
Non si capisce che quando qualcuno parla della propria sofferenza, bisogna innanzitutto ascoltare, ascoltare per comprendere (perlomeno provarci) e non per rispondere e liquidare il tutto prima possibile. Anche i consigli, ben vengano laddove siano effettivamente richiesti. Non bisogna avere la pretesa di "aggiustare" l'altra persona, quanto di tenerle la mano, mostrarle che non è sola. Anche banalmente domandare "cosa posso fare per aiutarti? Di cosa avresti bisogno ora?" può fare la differenza. Non sono domande sciocche, sono un modo rispettoso di capire come stare accanto ad una persona sofferente, senza agire con superficialità, anche perché magari quello che farebbe bene a me, non necessariamente farebbe bene all'altro. Veniamo tutti da storie diverse.

Urihell ha scritto:Mi viene da sorridere pensando alla questione dell'aiutare gli altri, davvero. Poco dopo la rottura con quella ragazza, ho cercato di entrare in contatto con altre persone borderline, iscrivendomi a vari gruppi social per un confronto. Ricordo che, ad ogni nuova conoscenza, rivivevo quella stessa attrazione "chimica", come se fossimo due parti di uno stesso essere. L'intesa e l'attrazione erano così forti da alimentarsi a vicenda, su ogni piano delle nostre vite. È successo con la prima ragazza, poi con la seconda, la terza... andando avanti, ho capito che non si trattava di una questione sentimentale o romantica. I nostri traumi erano opposti: loro avevano bisogno di un punto stabile, io di qualcosa che mi smuovesse, e in un certo senso funzionava. Sarà che non sono il classico narcisista, mi è stato spiegato più volte cosa sia la dicitura "Covert" e infatti ogni volta che conosco una persona non mi crede, anzi spesso mi sento dire "ma tu sei come me, sei molto empatico!".
Gongolo, lo ammetto. È un po' come passare un esame, studi tanto e ottieni il massimo dei voti.
Sono comunque una persona molto diretta, per questo non credo di essere un "aiuto" per gli altri. Se fai qualcosa che non mi piace, non riesco a trattenermi dal dirtelo, e probabilmente ci aggiungo pure un pizzico di sarcasmo acido. Lo faccio apposta? Non lo so, non credo.

Conosco bene l'attrazione chimica di cui parli, è la stessa che mi ha tenuta incastrata in un loop di relazioni distruttive e fallimentari.
Avevo questo mito delle persone rotte che rimettono insieme i propri pezzi con un abbraccio (sì, ho avuto questa fase idealista romantica esasperante). Poi i presupposti erano un disastro già dall'inizio. Avevo una concezione pessima di me stessa in quanto mi ritenevo una persona problematica, un peso, qualcuno da sopportare (concezione consolidatasi nel corso di varie esperienze di vita). La chiara conseguenza era che il rapporto partisse già fortemente squilibrato perché io pensavo di dover fare sempre i tripli salti mortali per meritare una briciola dell'amore di qualcuno, magari anche tra una vessazione e l'altra. Quindi ero una calamita per le persone affette da disturbo narcisistico: empatica, disperata, pronta a farsi strapazzare, devota al punto di cucirsi i prosciutti sugli occhi, sola e quindi manco bisognava fare lo sforzo di isolarmi per manipolarmi meglio... Cioè, forse era pure troppo facile, infatti chiaramente ci doveva essere sempre qualcun altro nella relazione, che ovviamente però a detta loro esisteva solo nella mia testa da pazza paranoica :sleep:
Mi è piaciuta la similitudine col test: magari parte di quell'empatia è reale, non è frutto di una strategia. E ti dirò di più: l'empatia è una capacità che si apprende, non è innata. Ci sono persone più o meno predisposte. Magari la psicoterapia che hai fatto ha migliorato le tue competenze.
Non penso che l'essere una persona diretta sia incompatibile con l'essere d'aiuto. La relazione si porta avanti con i compromessi e con la comunicazione efficace. Se non condividi le scelte di una persona puoi dirglielo con i giusti modi e al momento opportuno.
Per il tipo di storia clinica che hai è comprensibile che al minimo sentore di crollo dell'immagine idealizzata (non pensavo avrebbe potuto fare/dire questo) o rifiuto/minaccia, scatta quell'allarme che innesca il comportamento interiorizzato per gestire quelle situazioni: l'evitamento (non ne vale la pena), il commento sarcastico (rabbia: mi hai deluso).
Di fatto spostando il focus da me all'altro, posso farmi tutta una serie di domande che possono evitarmi della frustrazione in un secondo momento:
Dire questa cosa può cambiare in meglio lo stato d'animo/situazione della persona? Serve più a me o alla persona? E' in grado adesso di accogliere quello che voglio dire? Perché sento di voler agire così? Cosa dice di me questo? C'è un modo migliore per dire questa cosa senza infierire?
Da persona impulsiva ho dovuto imparare a prendermi quell'attimo di tempo per pormi queste domande, perché non volevo ferire e soprattutto non volevo stare male con me stessa per aver detto cose sull'onda dell'emotività del momento.

Urihell ha scritto:È vero quello che scrivi, e fa maledettamente male. Poco fa ero online con loro: tutti si salutano, e io, che spesso ho il microfono spento, mi limito a scrivere in chat, venendo ignorato la maggior parte delle volte. Ci sta, le frasi si perdono nelle chat, sono l'unico a vivere questa situazione, e va bene così. Poi arriva il logout: quasi istantaneamente apro YouTube, cerco musica il più velocemente possibile e inizio a scrivere. A volte, però, non faccio in tempo, e in quel minuto sento urla e bestemmie. Diventa tutto surreale. Un attimo prima ridevo con gli altri, quasi malinconico mentre sloggavo, e poi, all'improvviso, odio e minacce. È destabilizzante.
Comunque, penso che il problema non sia il virtuale. Alla fine è solo un mezzo. Il problema sono le persone che promettono, parlano, illudono, e poi, quando smetti di condividere una passione – come un gioco, nel mio caso – smettono anche loro di esistere. Certo, a volte ci si sente anche al di fuori del gioco, ma senza quello è come tornare ad essere semplicemente estranei. Forse è questo quello che intendi con "dura per il tempo necessario". Beh, viene quasi da dire che è solo tempo perso, ma ogni tanto incontri qualcuno che vale la pena sentire, lo ammetto.

Diciamo che ormai se non hai il microfono in certi giochi nemmeno ti prendono nel gruppo/gilda/legione per fare i vari dungeon, forse anche per una questione di coordinazione. Ci sono persone che passano a giocare tantissimo tempo, magari non per appagare un bisogno sociale, ma soprattutto per evitare una situazione spiacevole, per avere il controllo su qualcosa, per soddisfare manie di grandiosità (nella realtà la mia vita fa schifo, mi maltrattano tutti, ma se nel gioco sono forte e ammirato tutto questo mi pesa di meno). Altri invece sono lì per passare il tempo, semplicemente.
La dimensione virtuale è percepita in maniera differente, per alcuni è molto "reale" per altri è una sorta di dimensione parallela dalla quale ci si può semplicemente deresponsabilizzare al momento del logout, ecco perché molte amicizie se traslate dall'altra parte poi non funzionano... Vanno bene solo nel loro contesto.
Tempo perso non lo so, dipende da come la vedi. A me piace pensare che ogni persona che incontriamo, nel bene e nel male, lascia qualcosa.
Penso anche che anche l'individuo più coerente ed inamovibile nel tempo cambia: modo di pensare, di vedere, di percepirsi, di relazionarsi, di porsi obiettivi futuri. Ecco perché prima ho parlato parentesi che scandiscono intervalli della nostra esistenza, intendevo questo con "dura il tempo necessario". Ho imparato anche che non sempre andare d'accordo con una persona basta a creare un rapporto d'amicizia, che ricordiamoci è una relazione tra due persone costruita e consolidata nel tempo, proprio perché magari, per quanto ci trovassimo bene insieme, ero solo io a voler investire le mie risorse (tempo e impegno). Fa rabbia, ci si sente un po' rifiutati e a volte frustrati perché non si capisce il motivo, però si può anche lasciar andare queste emozioni per portarsi dentro qualcosa di buono.

Urihell ha scritto:Sinceramente? Non lo so, a volte penso di aver solo incasinato tutto. La mia consapevolezza è costruita, forse la parte più difficile è stata mettermi in gioco. Le mie ultime relazioni erano tutte un continuo "aiutami a capire, parliamone", chiedendo all'altra persona di farsi una cultura sui miei disturbi per farmi notare la tossicità che io non vedevo. Sai quanto è difficile ammettere di sbagliarsi quando sei assolutamente certo non solo di avere ragione, ma anche di sapere cosa l'altra persona desidera per essere felice, meglio di lei stessa? È stata una continua lotta interiore, che spesso sfociava in discussioni accese, intense, a volte anche fisiche, pur di riuscire ad accettare di avere torto.
Perché è così, no? Se ho torto, devo comunque trovare il modo di mantenere il controllo, cercando di vincere in qualche modo, anche a costo di trascinare tutto sotto le lenzuola, se necessario. Che casino, guarda. Solo a pensarci, mi ripeto che "sto meglio da solo". Quegli schemi mentali non mi abbandoneranno mai, semplicemente prima vivevo nella beata ignoranza, ora cerco di non fare danni e invece...

Diciamo che questo è un terreno scivoloso. E' importante che prima di chiunque altro sia tu ad avere chiare quelle che sono le tue difficoltà e note dolenti, solo dopo possiamo chiedere agli altri una maggior comprensione su quelle che sono le nostre difficoltà. E' importante e coraggioso chiedere aiuto nel gestire queste problematiche, specie quelle che potrebbero ripercuotersi sulla relazione, tuttavia bisogna ricordarsi che non deve essere mai una pretesa.
Nella mia ultima relazione, inizialmente non sono mancati degli attriti perché alcune cose lui non le poteva comprendere. A volte si è posto in maniera superficiale ed indelicata, ferendomi. Tuttavia parlandone, anche discutendone (sempre nei limiti) lui ha iniziato a provare a capire, ad ascoltare. Ora è davvero tanto di supporto e quelle situazioni non si verificano praticamente più. Eppure è qualcosa che abbiamo costruito insieme appunto.
Hai ragione, è difficilissimo mettersi in discussione quando non si ammette errore, quando si ha bisogno di avere il controllo. E' davvero una grande cosa quella che hai fatto e non mi meraviglia se, nel momento in cui magari ti si faceva notare un comportamento discutibile, tu abbia reagito animatamente.
L'ultima frase è straziante e posso comprendere davvero tanto ciò di cui parli. Ti mando un abbraccio.
Io vedo tanto margine di miglioramento, spero te lo riconoscerai e mi auguro che avrai presto l'opportunità di riprendere la psicoterapia.
Noi non siamo solo una lista di criteri diagnostici e problemi, ricordalo.

Urihell ha scritto:Strano ma vero, sono stato spesso carnefice, ma una volta anche vittima. Sì, mi sono annullato per una donna, e indovina? Probabilmente era una narcisista. Avevo già la diagnosi, e sì, avevo notato quelle maledette dinamiche e tattiche. Ci sarebbe tanto da dire, ma probabilmente dei due sono stato io quello a finire peggio. Lei era probabilmente una "Overt" e, infatti, all'inizio tornava sempre, in lacrime, dicendo che in qualche modo era attratta da me, nonostante io la ignorassi per lo più. Dopo mesi di battibecchi, tira e molla e colpi bassissimi, venne fuori la sua vera natura. Dire che mi schiacciò è poco: trascinarmi al centro dell'attenzione con lei era la sua tattica preferita. Sapeva che mi avrebbe messo a disagio, e sapeva anche che gestiva meglio di me quelle situazioni.
Una volta le dissi che sotto ai riflettori trovi gli attori, mentre le persone sincere le trovi nell'ombra. Dopo quella pseudo-relazione, mi sentivo così distrutto, svuotato, senza più un'identità. Forse è grazie a lei che ho capito di non voler essere così: tossico al punto da godere nel mettere gli altri a disagio, letteralmente sotto i miei piedi. No, non sarò mai così sadico.

Vedila così: da questa esperienza hai potuto sperimentare come si può stare dall'altra parte (+empatia) e cosa non vuoi assolutamente essere (un sadico). Il prezzo da pagare è stato altissimo, ma hai anche potuto imparare qualcosa di importante su te stesso e acquisire una competenza in più.
Ti ha anche magari dato la possibilità di vedere sotto un'altra luce dei comportamenti che, seppur in misura ed in maniera diversa, puoi aver messo in atto anche tu.

Urihell ha scritto:Addirittura tra le parole riesco a notare quella "chimica" di cui ti parlavo. Abbiamo detto praticamente la stessa cosa. Non so se anche a te è successo, ma una delle ragazze borderline che ho conosciuto mi disse: "Vorrei essere anche io narcisista, solo che quando mi comporto male poi mi sento in colpa!". Scoppiai a ridere e le risposi che la differenza stava proprio lì: io, anche quando ferisco, sono convinto di comportarmi bene. Sarò strano, ma in queste interazioni ci vedo tanta dolcezza, anche quando si parla di sofferenza.
Capisco molto bene tutto quello che hai scritto. Io, invece, divento apatico. La mia mente inizia a pianificare, organizzare, elaborare... cose, piani. Ho la IBS, in una forma molto grave, e con l’agorafobia è sicuramente la parte più invalidante della mia vita. Non è giusto, sai? Non lo è. Soffriamo perché le cose sono sbagliate, troppo sbagliate. Chi è fortunato non se ne rende conto, e chi non capisce sminuisce, offendendo con la propria ignoranza.
Per questo continuo ad avere standard alti, in ogni situazione. Amicizia? Bene, non conoscenza. Si può essere colleghi, conoscenti, ma amici è tutt’altro. Non riesco ad accontentarmi. Forse per questo i miei standard sono troppo alti, e resto da solo? Sì, sono praticamente sempre solo, quindi di cosa dovrei avere paura? Parli di feedback esterni. Sì, anche io a volte ne ricevo, e possono far piacere, ma non mi cambiano la vita. Per Tizio sono simpatico, per Caio antipatico, e poi arriva Sempronio che mi vede in modo tutto suo. Hai notato, vero? Quella sensazione di menefreghismo che sale. Come se non ti dicessero mai quello che vuoi sentire.

Sì, mi è successo in momenti di rabbia di pensare questo, specie quando magari qualcuno mi fa un torto. Avendo imparato a gestire i miei accessi d'ira e l'impulsività (anche se forse in maniera discutibile visto quel cortocircuito che in questo caso mi porta a reprimere e "sorvolare"), qualche volta rimpiango la versione precedente di me che tirava fuori una sfilza di parole taglienti ed un sarcasmo davvero pungente. Però poi mi dico che non ne vale la pena, che sarebbe una gratificazione solo nell'immediato, pagata a caro prezzo in termini di conseguenze e senso di colpa.
La combinazione agorafobia ed IBS è davvero problematica in effetti e stare in quell'ambiente secondo me gioca un ruolo cruciale in questo...
E' vero, ci sono tante cose sbagliate, ma difficilmente le vedi se prima non le attraversi o quanto meno non provi ad ascoltare per davvero qualcuno che si apre su certi temi.
Ho evidenziato quella frase in particolare perché è letteralmente stata il mio mantra esistenziale per due decenni prima di iniziare a mettermi in discussione. Non tanto sul significato dell'amicizia, quanto sulla mia poca elasticità mentale a riguardo (o siamo amici o sto bene anche da sola). Non ci provavo nemmeno a mantenere le conoscenze o a instaurare rapporti con i miei colleghi. Il fatto è che gli amici, prima di essere tali, sono sempre sconosciuti e per diventare amici è necessario che entrambe le parti lo desiderino e dedichino le proprie energie a coltivare un rapporto che solo attraverso il tempo poi effettivamente si evolve in amicizia. Sicuramente ci sono dei fattori che aiutano (avere interessi in comune, affinità caratteriale, vissuti simili) e le tempistiche sono variabili.
Ho iniziato così ad aprirmi di più e a dare agli altri una chance. Tanto, la base di partenza è che tanto io da sola ci so stare, quindi al massimo mi arricchisco di qualcosa se va bene.

Urihell ha scritto:E sei sicura che con il tuo compagno sia diverso? Dici "ovviamente", ma nel mio caso è proprio ciò che mi porta a lasciar perdere. Succede, è già successo. Un giorno ami e sei completamente preso da quella persona, e il giorno dopo non lo sai più. Poi ancora, e alla fine quasi ti infastidisce. Probabilmente è un mio problema (felicissimo che invece la tua relazione sia sana), ma ti assicuro che il mio interesse è così volubile da farmi passare la voglia di investire tempo ed energie. Credo sia proprio perché sono stato solo per tanto tempo, proprio come te.
È difficile trovare persone stimolanti.

Non sono mancati i momenti di tensione all'inizio, ma all'inizio bisogna anche conoscersi no? Però siamo rimasti, ne abbiamo parlato e insieme ne siamo venuti a capo. Ho avuto momenti in cui i miei classici pensieri disfunzionali sono riemersi, così come ho avuto momenti in cui mettevo troppo in secondo piano i miei bisogni in funzione sua. Lui ha sempre cercato di capire. Spesso le sue mancanze erano dettate da semplice leggerezza e distrazione, ma una volta compreso cosa era importante per me, ha iniziato a sbagliare sempre meno e a chiedere scusa quando accadeva. E' una persona razionale, calma e rassicurante. Amo il fatto che quando sto male posso semplicemente trovare conforto in un abbraccio, senza dover spiegare le motivazioni misteriose e abbastanza valide dietro al mio episodio depressivo. In realtà ultimamente mi sento manchevole nei suoi confronti (non perché lui mi abbia dato modo di pensarlo, è una cosa mia). Sono stata davvero tanto depressa e vorrei essere io adesso a coccolarlo un po' di più, solo che non mi sento del tutto in forze e ho tanti pensieri... E' strano per me non dover fare i salti mortali per meritare l'affetto degli altri, non sono abituata.
Tornando alle relazioni in generale, mi sento di condividerti quello che è diventato poi il mio nuovo mantra esistenziale:

“Io sono io.
Tu sei tu.
Io non sono al mondo per soddisfare le tue aspettative.
Tu non sei al mondo per soddisfare le mie aspettative.
Io faccio la mia cosa.
Tu fai la tua cosa.
Se ci incontreremo sarà bellissimo;
altrimenti non ci sarà stato niente da fare.”

F. Perls, Preghiera della Gestalt


Urihell ha scritto: Ormai è il passato. L'unica cosa che rimpiango è di essere stato troppo arrogante. Non spettava a me aiutarla, soprattutto quando io stesso avevo bisogno. Anche adesso, nonostante sia più informato, non credo che sarei riuscito a cambiare le cose. E tu? Chissà quante situazioni difficili hai passato. Alla fine, avere una relazione sana è davvero una soddisfazione, no?

Non mi sento di esprimermi su questa ragazza. Non si può mai sapere con certezza dove finisse la verità e iniziasse la menzogna e comprendo che questo possa provocare incredulità, rabbia, disgusto, delusione... Sono cose davvero pesanti quelle che ha raccontato, ma cerca di pensare che, anche qualora non fosse vero, sarebbe l'ennesima manifestazione di una persona che ha un grande bisogno di aiuto.
Hai detto bene, non eri tu a doverla aiutare, almeno non rispetto a questo. Quello che potevi fare era starle vicino ed accompagnarla lungo il percorso. Non è una cosa facile e hai fatto bene a tirartene fuori dal momento che non stava funzionando.
Magari adesso gestiresti le cose diversamente, ma comunque non spetta a te "aggiustare" una persona problematica. Ogni relazione che nasce da questo presupposto, degenera. Queste dinamiche sono state illustrate brillantemente da Karpman attraverso il concetto del triangolo drammatico.
Secondo lui ogni persona può, attraverso le proprie interazioni con l'altro, seguire degli schemi comportamentali. Individua sostanzialmente tre ruoli: vittima, salvatore e persecutore. Ogni ruolo permette di soddisfare un bisogno egoistico: dipendenza ed evitamento delle responsabilità, evitamento dei problemi e superiorità morale, controllo ed evitamento dei propri sentimenti negativi. Il problema è che all'interno dei così detti giochi pericolosi (relazioni disfunzionali), questi ruoli non sono statici, bensì dinamici, per cui la vittima può diventare persecutore etc.
Sì be'... Ne ho passate tante. A volte sono la prima che minimizza, complici anche le tante svalutazioni che ho subito... Avere una relazione sana mi sembrava impossibile e a volte ho veramente tanta paura che tutto possa finire all'improvviso, o che l'altra persona improvvisamente inizi a vedermi sotto la stessa luce infame attraverso la quale mi vedo io...

Urihell ha scritto:Beh, sai dove trovarmi. Sono nuovo da queste parti e sto già impazzendo cercando di capire come funzionano le citazioni! :thumbup:
Dici di non essere empatica e allora, questo fiume di parole che ci stiamo scrivendo cos'è per te? Smettila di prenderti colpe che non hai. Vuoi essere giudicante? Vai, spara. Così almeno lo fai su di me e non su te stessa. Vuoi indossare una maschera? Vediamo se anche la mia ti piace.
Rispetto molto il fatto che mi hai raccontato di te, del tuo passato, e soprattutto di quello che pensi.
Quindi grazie, direi che questo "sfogo" è servito. Anche solo rileggendo quello che ho scritto (vangeli e bibbia a parte), mi sono decisamente stabilizzato.
E non mi sembra di aver offeso nessuno nel frattempo! Cavolo, sto diventando proprio bravo. :music:

Non dico di non essere empatica, è solo che quando mi sento dissociata dalle emozioni è più difficile e cerco di compensare sul piano logico.
In realtà non vorrei mai essere giudicante. Non dico che non giudichi mai, tutti ci formiamo delle idee sul mondo, ma da qui a sentenziare cose ci passa un oceano. Che poi comunque non bisogna farsi troppo condizionare dalle idee che ci si fa all'inizio sulle cose.
La mia maschera è perlopiù quella che uso all'esterno per essere funzionale. Quella che va al lavoro, chiacchiera coi colleghi, ride e scherza. Poi c'è quella che torna a casa e socializza con le coinquiline, ascolta i loro problemi... E alla fine ci sono io, che vorrei solo mettere in pausa la mia vita aspettando che questo passi perché è davvero faticosamente estenuante vivere così. In questo senso mi sento una specie di impostore. Sono tre persone diverse e non mi sento nemmeno una.
Sono contenta che lo sfogo sia servito e che tu stia meglio. Non hai offeso nessuno, almeno dal mio punto di vista, quindi ottimo lavoro! :thumbup:
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Ultima modifica di -Entropia il 16/10/2024, 3:36, modificato 1 volta in totale.
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A lesson without pain is meaningless. That’s because no one can gain without sacrificing something. but by enduring that pain and overcoming it, he shall obtain a powerful, unmatched heart… A fullmetal heart...

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Messaggioda -Entropia » 16/10/2024, 3:32



Edito per non occupare spazio visto che mi ha postato due volte lo stesso papiro :facepalm:
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Messaggioda Urihell » 16/10/2024, 15:28



-Entropia ha scritto:Deve essere davvero molto dura non avere letteralmente uno spazio fisico privato. Lo è già di per sé normalmente, ma in circostanze del genere è ancora più logorante. Spero davvero tanto tu riesca a trovare una soluzione alternativa.


Cerco di non dilungarmi su questo argomento, diventerei lamentoso e petulante. Si sta davvero male, è peggio di quanto io possa scrivere. L'unico ambiente dove riesco a sopravvivere è corrotto, avvelenato. Non posso fare altro che cercare di ignorarli perché l'alternativa è esplodere, ma quando succede gli esperti di disastri e cattiveria sono loro. Ci sguazzano nello stare male e quindi mi ritroverei solo io a patirne le conseguenze. Peggiorerà sicuramente la situazione, sono fermo a guardare. Cerco di vivere il momento, faccio quello che distrae e mi dispiace solo di godermi le cose a metà, perché sapendo che tanto "finirò male" non riesco mai a gioire completamente di quelle poche e rare cose belle che mi accadono.

Concretamente parlando, il problema è che stando sempre tra urla e minacce, è un continuo andare avanti e indietro dal bagno. Mia madre fuma, io no, quindi è anche tutto un tossire da mattina a sera. Per quanto possa parlare di loro, il punto è che mi stanno letteralmente distruggendo quel minimo di salute che ho. Non lo so davvero, a volte sto così male da essere felice di avere una distrazione concreta da tutto quello che dicono e che fanno.

-Entropia ha scritto:Penso che tendenzialmente la maggior parte delle persone non sa stare a contatto col proprio disagio emotivo, quindi la prevedibile conseguenza è che non sappiano gestire quello degli altri. Si finisce a:
fare la gara dei problemi "ah stai male? Pensa che io....", ad invalidare e minimizzare "non hai motivo di essere triste/ansioso/arrabbiato" "dovresti ritenerti fortunato, c'è chi sta peggio mentre a te non manca niente",
farne una questione di volontà e di ottimismo tossico "devi pensare positivo" "basta non pensarci" "basta voler star bene" "se vuoi puoi tutto",
fornire tutta una sfilza di soluzioni e consigli non richiesti per poi, incapaci di gestire la propria frustrazione e impotenza, lamentarsi quando l'altra persona non li segue alla lettera per tornare quanto prima a star bene.
Non si capisce che quando qualcuno parla della propria sofferenza, bisogna innanzitutto ascoltare, ascoltare per comprendere (perlomeno provarci) e non per rispondere e liquidare il tutto prima possibile. Anche i consigli, ben vengano laddove siano effettivamente richiesti. Non bisogna avere la pretesa di "aggiustare" l'altra persona, quanto di tenerle la mano, mostrarle che non è sola. Anche banalmente domandare "cosa posso fare per aiutarti? Di cosa avresti bisogno ora?" può fare la differenza. Non sono domande sciocche, sono un modo rispettoso di capire come stare accanto ad una persona sofferente, senza agire con superficialità, anche perché magari quello che farebbe bene a me, non necessariamente farebbe bene all'altro. Veniamo tutti da storie diverse.


Guarda dopo almeno trenta minuti di applauso mi inchino pure.
È così, peggio ancora quando in queste circostante di promettono pure qualcosa che poi non fanno, utilizzando proprio questi schemi di de-responsabilizzazione colpevolizzando. Bah, neanche ci voglio pensare.
Che bello leggerti guarda, è quasi soddisfacente. Perché sì, è proprio così.
Sono rare le persone che riescono a fare quelle domande che ti assicuro non sono assolutamente banali.
Ne ho trovate pochissime.

-Entropia ha scritto:Conosco bene l'attrazione chimica di cui parli, è la stessa che mi ha tenuta incastrata in un loop di relazioni distruttive e fallimentari.
Avevo questo mito delle persone rotte che rimettono insieme i propri pezzi con un abbraccio (sì, ho avuto questa fase idealista romantica esasperante). Poi i presupposti erano un disastro già dall'inizio. Avevo una concezione pessima di me stessa in quanto mi ritenevo una persona problematica, un peso, qualcuno da sopportare (concezione consolidatasi nel corso di varie esperienze di vita). La chiara conseguenza era che il rapporto partisse già fortemente squilibrato perché io pensavo di dover fare sempre i tripli salti mortali per meritare una briciola dell'amore di qualcuno, magari anche tra una vessazione e l'altra. Quindi ero una calamita per le persone affette da disturbo narcisistico: empatica, disperata, pronta a farsi strapazzare, devota al punto di cucirsi i prosciutti sugli occhi, sola e quindi manco bisognava fare lo sforzo di isolarmi per manipolarmi meglio... Cioè, forse era pure troppo facile, infatti chiaramente ci doveva essere sempre qualcun altro nella relazione, che ovviamente però a detta loro esisteva solo nella mia testa da pazza paranoica :sleep:
Mi è piaciuta la similitudine col test: magari parte di quell'empatia è reale, non è frutto di una strategia. E ti dirò di più: l'empatia è una capacità che si apprende, non è innata. Ci sono persone più o meno predisposte. Magari la psicoterapia che hai fatto ha migliorato le tue competenze.
Non penso che l'essere una persona diretta sia incompatibile con l'essere d'aiuto. La relazione si porta avanti con i compromessi e con la comunicazione efficace. Se non condividi le scelte di una persona puoi dirglielo con i giusti modi e al momento opportuno.
Per il tipo di storia clinica che hai è comprensibile che al minimo sentore di crollo dell'immagine idealizzata (non pensavo avrebbe potuto fare/dire questo) o rifiuto/minaccia, scatta quell'allarme che innesca il comportamento interiorizzato per gestire quelle situazioni: l'evitamento (non ne vale la pena), il commento sarcastico (rabbia: mi hai deluso).
Di fatto spostando il focus da me all'altro, posso farmi tutta una serie di domande che possono evitarmi della frustrazione in un secondo momento:
Dire questa cosa può cambiare in meglio lo stato d'animo/situazione della persona? Serve più a me o alla persona? E' in grado adesso di accogliere quello che voglio dire? Perché sento di voler agire così? Cosa dice di me questo? C'è un modo migliore per dire questa cosa senza infierire?
Da persona impulsiva ho dovuto imparare a prendermi quell'attimo di tempo per pormi queste domande, perché non volevo ferire e soprattutto non volevo stare male con me stessa per aver detto cose sull'onda dell'emotività del momento.


Mi sono illuminato per un attimo, devo proprio dirtelo.
L'empatia si apprende? Mi piace, allora mi sa che sono la persona più empatica del mondo! Scherzi a parte, capisco cosa vuoi dire ma è vero anche che mi manca proprio la base. La reazione giusta ad una situazione particolarmente empatica è quella di emozionarsi, di essere coinvolti emotivamente e io di base invece mi irrito, quasi mi nausea tutto quel carico emotivo. Mi scatta qualcosa in testa che fa partire vari allarmi, come se si stesse esagerando, come se fosse una scena obbligatoria dettata dal contesto e quindi falsa. Però ecco, spesso capisco che "è normale" e quindi mi aggrego. Potrei dire che in verità il problema è capire quando succede e avere l'impulso di approfittarne. Un po' come succede nei sogni lucidi, ti rendi conto di sognare e quindi inizi a fare tutto quello che ti passa per la testa, come volare. Prendo atto che in quel momento le persone stanno vivendo determinate emozioni e quindi sono facilmente "manipolabili" sfruttando l'emotività. Sarà per quello che forse mi irrito, trovo tutto questo molto stupido, è come mettere in mostra un lato estremamente fragile e debole di se stessi senza curarsi delle conseguenze.
Riguardo a quanto hai raccontato di te, essere due pezzi dello stesso puzzle era un po' il mio motto. Non credo sai che sia una visione idealista e romantica, è uno dei tanti modi di vedere l'amore o più nello specifico le relazioni. La vera domanda è quanto sia fattibile avere una storia così, beh lo è. Sai cosa, la verità è che ogni relazione è diversa e bisogna sempre adattarsi all'altro, l'amore porta compromessi e a volte si riesce ad ottenere proprio l'idea che avevamo, altre invece no. Si sta bene anche senza quello che ci si aspettava, credo sia questa la chiave. Se non avessi rinunciato alla mia idea di relazione ideale mi sarei perso tante esperienze e non avrei mai goduto della diversità sentimentale che l'amore comporta. Comunque, quando parli di te al passato non posso che notare un vissuto che ti ha portata ad essere molto più matura. La tua attuale relazione la definisci funzionale, hai un equilibrio che non era nemmeno contemplato nel tuo passato. Quando ti leggo non posso che pensare ad una persona che ha fatto esperienza con il suo dolore e che oggi riesce addirittura a dare consigli più che sensati. Non mi permetto di fare domande dirette, è comunque tutto pubblico qui, sono però sicuro che sia normale ogni tanto crollare. I brutti periodo vanno e vengono, l'importante è non ricascare sempre nelle stesse dinamiche tossiche. Quindi pacca sulla spalla e un bel sorriso. Brava! Io ho mollato invece, se non mi fidanzo il problema non si pone. 8-)
Riguardo "il test" era più un tentativo di capire come interagire con quel disturbo ma le persone sono tutti diverse, ci sono innegabili ed evidenti tratti simili ma c'è chi ne accentua alcuni e chi altri, non è mai la stessa cosa. Il punto è che inizialmente si tiene sempre una sorta di "facciata" che non definirei maschera. Loro erano gentili, si andava molto d'accordo e io invece volevo che scattasse quell'impulsività per imparare a gestirla. Quindi immagina io che provo a stuzzicare, loro scattano e me ne dicono di tutti i colori. Beh sono sempre stato onesto, era quello che intendevo quando dicevo di voler capire il disturbo. È servito? Sì, in particolare una ragazza ha compreso le mie intenzioni tra una sfuriata e l'altra, ma giustamente mi ha fatto notare che non si poteva continuare in questo modo. Da un lato, il fatto che io fossi presente durante le sue sfuriate e nei momenti più tristi e depressivi stava creando una sorta di dipendenza per lei. Dall'altro lato, ero l'unico a imparare qualcosa, mentre lei soffriva ogni volta che affrontava la tempesta e soprattutto dopo, perché sentiva poi il distacco quando non c'ero e stava con il fidanzato. Diceva che era un gioco con un solo giocatore, e non era lei. E quindi niente, neanche l'amicizia a quanto pare. Litigava spesso con il compagno e spero che con la mia assenza le cose siano migliorate. A dirla tutta però, quando ascoltavo ogni suo pensiero facendo domande su domande, in realtà mi chiedevo se realmente ero utile. Tutto quello che avvertivo era una forte dissociazione con la realtà, parlava di se stessa come di una persona del tutto diversa, anche nell'aspetto fisico. Mi diceva che il mio parere e quello che dicevo erano importanti (anche troppo... la parola esatta con il tempo è diventata "indispensabile" e la cosa mi angosciava), di fatto però si andava a cercare volontariamente il rifiuto. Da banalità come il colore dei vestiti, sapeva i miei colori preferiti e mi proponeva ogni volta proprio quelli che non mi piacevano, sapendo che avrei detto "non mi piace" e restandoci male. Era purtroppo così anche su cose serie, come andare a trovarla sapendo che sono agorafobico e che uscire per me implica davvero tanti casini. A me non costava nulla dire di no, anzi, mi sentivo sempre nel giusto perché ero sincero, era lei ad uscirne amareggiata, anzi a volte proprio affranta come se fossero cose estremamente importanti. Certo, prima o poi ci si organizza, ci si vede, ma notavo che non lo voleva davvero e il ragazzo era molto geloso. Insomma, è stato tutto utile per me e questo mi ha tenuto tranquillo. Alla fine ho dato carta bianca, non spetta a me curare nessuno no? Quindi le ho lasciato la scelta di allontanarsi, sparire o anche insultarmi se voleva. Con il tempo non ci siamo più sentiti.

-Entropia ha scritto:Diciamo che ormai se non hai il microfono in certi giochi nemmeno ti prendono nel gruppo/gilda/legione per fare i vari dungeon, forse anche per una questione di coordinazione. Ci sono persone che passano a giocare tantissimo tempo, magari non per appagare un bisogno sociale, ma soprattutto per evitare una situazione spiacevole, per avere il controllo su qualcosa, per soddisfare manie di grandiosità (nella realtà la mia vita fa schifo, mi maltrattano tutti, ma se nel gioco sono forte e ammirato tutto questo mi pesa di meno). Altri invece sono lì per passare il tempo, semplicemente.
La dimensione virtuale è percepita in maniera differente, per alcuni è molto "reale" per altri è una sorta di dimensione parallela dalla quale ci si può semplicemente deresponsabilizzare al momento del logout, ecco perché molte amicizie se traslate dall'altra parte poi non funzionano... Vanno bene solo nel loro contesto.
Tempo perso non lo so, dipende da come la vedi. A me piace pensare che ogni persona che incontriamo, nel bene e nel male, lascia qualcosa.
Penso anche che anche l'individuo più coerente ed inamovibile nel tempo cambia: modo di pensare, di vedere, di percepirsi, di relazionarsi, di porsi obiettivi futuri. Ecco perché prima ho parlato parentesi che scandiscono intervalli della nostra esistenza, intendevo questo con "dura il tempo necessario". Ho imparato anche che non sempre andare d'accordo con una persona basta a creare un rapporto d'amicizia, che ricordiamoci è una relazione tra due persone costruita e consolidata nel tempo, proprio perché magari, per quanto ci trovassimo bene insieme, ero solo io a voler investire le mie risorse (tempo e impegno). Fa rabbia, ci si sente un po' rifiutati e a volte frustrati perché non si capisce il motivo, però si può anche lasciar andare queste emozioni per portarsi dentro qualcosa di buono.


Sì e no. Hai ragione, su questo non ci piove. Troppe volte però mi sono detto di aver sprecato solo tempo. Ci sono persone approfittatrici e soprattutto nei giochi si sentono meno in colpa quando poi la cosa diventa palese. Ma come biasimarle? È il posto sbagliato dove creare legami, certo è possibile e si può sempre incontrare qualcuno che davvero merita, ma in generale no. Ultimamente poi, con l'Italia che va in scatafascio, mi sono ritrovato molte più volte ad ascolta storie di depressione che a raccontare la mia di storia. Sul microfono beh, un ringraziamento alla tecnologia che con la riduzione del rumore (dopo tantissimi tentativi) ho trovato un microfono che riesce a tagliere fuori urla ecc. anche se cala la qualità della mia voce. Il problema è che quando parlo giustamente cattura più segnali e quindi può capitare che si senta in sottofondo qualcosa. Qualcuno è dispiaciuto, qualcuno fa finta di niente. Io mi vergogno come un cane, quindi lo apro solo quando sono sicuro che loro non parlino, cosa rara.

-Entropia ha scritto:Diciamo che questo è un terreno scivoloso. E' importante che prima di chiunque altro sia tu ad avere chiare quelle che sono le tue difficoltà e note dolenti, solo dopo possiamo chiedere agli altri una maggior comprensione su quelle che sono le nostre difficoltà. E' importante e coraggioso chiedere aiuto nel gestire queste problematiche, specie quelle che potrebbero ripercuotersi sulla relazione, tuttavia bisogna ricordarsi che non deve essere mai una pretesa.
Nella mia ultima relazione, inizialmente non sono mancati degli attriti perché alcune cose lui non le poteva comprendere. A volte si è posto in maniera superficiale ed indelicata, ferendomi. Tuttavia parlandone, anche discutendone (sempre nei limiti) lui ha iniziato a provare a capire, ad ascoltare. Ora è davvero tanto di supporto e quelle situazioni non si verificano praticamente più. Eppure è qualcosa che abbiamo costruito insieme appunto.
Hai ragione, è difficilissimo mettersi in discussione quando non si ammette errore, quando si ha bisogno di avere il controllo. E' davvero una grande cosa quella che hai fatto e non mi meraviglia se, nel momento in cui magari ti si faceva notare un comportamento discutibile, tu abbia reagito animatamente.
L'ultima frase è straziante e posso comprendere davvero tanto ciò di cui parli. Ti mando un abbraccio.
Io vedo tanto margine di miglioramento, spero te lo riconoscerai e mi auguro che avrai presto l'opportunità di riprendere la psicoterapia.
Noi non siamo solo una lista di criteri diagnostici e problemi, ricordalo.


Non sono il mio disturbo... quanto lo ripetevo lo so solo io, poi è arrivato il secondo! :pazzo:
Scherzi a parte, ti ringrazio davvero. Si migliora sempre è vero ma ormai sono in quella fase dove ogni tentativo porta sempre alla stessa conclusione.
Quando anche in amicizia le cose non vanno, davvero non posso fare a meno di prendere atto che il problema sono io. Perdona la mia sincerità, con il tuo compagno è straordinario il lavoro che hai fatto fino ad ora, ma pensi mai che non dovrebbe essere cosi? Si dovrebbe stare bene, basta. Parlare è sicuramente il modo migliore per portare avanti una relazione, ma cosa c'è di diverso dal passato? Che lui ascolta? Si adatta? O forse sei tu che ormai hai abbassato gli standard e ti accontenti? Lo scrivo a te ma lo sto dicendo praticamente a me. Io muoio così, non ci riesco. Per amore si fa di tutto? Anche cambiare per non litigare con l'altro? Perché se lo fanno per me ok, ma io per loro? Uhm, non credo proprio. Si parla certo, per arrivare però ad un pensiero comune che preveda l'inclusione dell'altro, non il cambiamento. Ma sto delirando, me ne rendo conto. Sto diventando "pro single" forse, va finire che mi iscrivo a qualche gruppo di incel ... sai che ridere, penso che arriverei a prendere tutti in giro definendoli sfigati.

-Entropia ha scritto:Vedila così: da questa esperienza hai potuto sperimentare come si può stare dall'altra parte (+empatia) e cosa non vuoi assolutamente essere (un sadico). Il prezzo da pagare è stato altissimo, ma hai anche potuto imparare qualcosa di importante su te stesso e acquisire una competenza in più.
Ti ha anche magari dato la possibilità di vedere sotto un'altra luce dei comportamenti che, seppur in misura ed in maniera diversa, puoi aver messo in atto anche tu.


Oh, perché pensi che io non mi accorga di quando ferisco le persone con i miei modi? Mettiamo da parte il narcisismo, tu pensi che chi ti ha ferita in passato non sapesse cosa stesse facendo? Il narcisista lo sa e vuole farlo per creare dipendenza, il classico str*** lo fa ma poi cerca di rimediare per interesse personale e diventa ancora più tossico. Sono stato male, come lo è stata lei. Eravamo molto simili nei comportamenti, non penso di potermi definire "dall'altra parte" ma ho capito cosa vuoi dire. No, non sono diventato più empatico perché soffrivo per cose diverse. Non stavo male per amore, stavo male perché non riuscivo a controllare e questa è la sconfitta peggiore per un narcisista. Infatti oggi mi faccio gli affaracci miei, anzi se mi controllano è meglio, così se succede qualcosa è colpa loro :angelsmile:
Hai anche qui ragione alla fine, è esperienza e io non voglio essere in quel modo. Però si vede che sono molto incasinato, lo so.

-Entropia ha scritto:Il fatto è che gli amici, prima di essere tali, sono sempre sconosciuti e per diventare amici è necessario che entrambe le parti lo desiderino e dedichino le proprie energie a coltivare un rapporto che solo attraverso il tempo poi effettivamente si evolve in amicizia.


Eh. Investire tempo e risorse per poi scoprire che sono persone che hanno altre priorità e la loro vita da vivere, che verrà sempre prima di te.
Capisco molto bene quello che dici, è logico. Bisogna coltivare qualcosa per poi goderne con il tempo i frutti. Ha senso, ma com'è che esce sempre roba marcia? Saranno i semi? Non lo so. Non me lo chiedo e non mi interessa. Non mi chiudo, non alzo muro. Sono qui, parlo con tutto e tutti ormai, lascio a loro la vogli di approfondire o di restare a distanza. Sono arrivato a questa soluzione. Mi piace? No, a volte vorrei bruciare tutte le tappe e sapere tutto dell'altra persona, raccontarle tutto, essere libero da schemi e buonsenso, qualcosa di vero più che di costruito. Peccato che non funzioni...

-Entropia ha scritto:Non sono mancati i momenti di tensione all'inizio, ma all'inizio bisogna anche conoscersi no? Però siamo rimasti, ne abbiamo parlato e insieme ne siamo venuti a capo. Ho avuto momenti in cui i miei classici pensieri disfunzionali sono riemersi, così come ho avuto momenti in cui mettevo troppo in secondo piano i miei bisogni in funzione sua. Lui ha sempre cercato di capire. Spesso le sue mancanze erano dettate da semplice leggerezza e distrazione, ma una volta compreso cosa era importante per me, ha iniziato a sbagliare sempre meno e a chiedere scusa quando accadeva. E' una persona razionale, calma e rassicurante. Amo il fatto che quando sto male posso semplicemente trovare conforto in un abbraccio, senza dover spiegare le motivazioni misteriose e abbastanza valide dietro al mio episodio depressivo. In realtà ultimamente mi sento manchevole nei suoi confronti (non perché lui mi abbia dato modo di pensarlo, è una cosa mia). Sono stata davvero tanto depressa e vorrei essere io adesso a coccolarlo un po' di più, solo che non mi sento del tutto in forze e ho tanti pensieri... E' strano per me non dover fare i salti mortali per meritare l'affetto degli altri, non sono abituata.
Tornando alle relazioni in generale, mi sento di condividerti quello che è diventato poi il mio nuovo mantra esistenziale:

“Io sono io.
Tu sei tu.
Io non sono al mondo per soddisfare le tue aspettative.
Tu non sei al mondo per soddisfare le mie aspettative.
Io faccio la mia cosa.
Tu fai la tua cosa.
Se ci incontreremo sarà bellissimo;
altrimenti non ci sarà stato niente da fare.”

F. Perls, Preghiera della Gestalt


Magari fosse così facile.
Spesso ripetevo "l'amore non è possessione" per placare il bisogno di controllo.
Due persone diverse che scelgono di camminare fianco a fianco assieme.
Tutto bello, ci credo? Mah. Sono davvero felice per te sicuramente, se quello che hai ti fa stare bene vuol dire che non c'è altro da dire.
Dici che è bello potersi godere un abbraccio senza dover dare spiegazioni, non sai quanto mi trigghera questa cosa.
La capisco ma il solo pensiero di non sapere mi mette in allarme.
Non che io voglia realmente sapere tutto, manca l'aria anche a me solo pensandolo.
È che se mi trovassi in una situazione del genere, depresso, non riuscirei ad accontentarmi di un abbraccio. Anzi, ho proprio bisogno che l'altra persona entri nel mio mondo malato per riportarmi nella realtà. Tu come fai? Davvero la sola presenza ti basta? Addirittura tanto da sentirti manchevole nei sui confronti? Parli di dover dare spiegazioni e quindi capisco la sensazione di pace nel togliersi un dovere scomodo. È questo su cui voglio ragionare, perché è scomodo? Parlare non ti fa bene? Non vorresti qualcuno che ti accompagna in quei pensieri oscuri? Non credi che non sia una dovere ma una necessità da condividere perché è una parte di te, molto importante. Che ne pensi?
Faccio un bel respiro e la smetto va. Quando comincio a fare domande poi divento molesto :pazzo:

-Entropia ha scritto:Sì be'... Ne ho passate tante. A volte sono la prima che minimizza, complici anche le tante svalutazioni che ho subito... Avere una relazione sana mi sembrava impossibile e a volte ho veramente tanta paura che tutto possa finire all'improvviso, o che l'altra persona improvvisamente inizi a vedermi sotto la stessa luce infame attraverso la quale mi vedo io...


Non finisce se non vuoi che finisca, questo è poco ma sicuro. Mentre vederti sotto quella luce infame... credimi io vorrei proprio sapere cosa ti fa così paura da farti pensare che chi ti ama potrebbe di colpo smettere. Hai ucciso qualcuno? Sei una serial killer? Non credo proprio, qualunque cosa tu fossi stata in passato ormai è rimasta lì. Oggi come sei? Sono cose da non scrivere in pubblico ovviamente, ma segui quello che voglio dire.
Oggi ti descrivi diversa da prima, fai cose che pensavi fossero impossibili. Sei riuscita quando davi per scontato il fallimento. Questa luce infame che tu dici, anche se venisse, pensi davvero ti possa cambiare? La luce? Fa solo ombra, non avere paura della tua ombra. È questo che ripeto alla fine, accettati. Anche l'ombra è parte di te. Comunque sei una persona davvero interessante e grazie di condividere questi pensieri, in qualche modo attivi anche i miei e la cosa mi fa piacere.

-Entropia ha scritto:Non dico di non essere empatica, è solo che quando mi sento dissociata dalle emozioni è più difficile e cerco di compensare sul piano logico.
In realtà non vorrei mai essere giudicante. Non dico che non giudichi mai, tutti ci formiamo delle idee sul mondo, ma da qui a sentenziare cose ci passa un oceano. Che poi comunque non bisogna farsi troppo condizionare dalle idee che ci si fa all'inizio sulle cose.
La mia maschera è perlopiù quella che uso all'esterno per essere funzionale. Quella che va al lavoro, chiacchiera coi colleghi, ride e scherza. Poi c'è quella che torna a casa e socializza con le coinquiline, ascolta i loro problemi... E alla fine ci sono io, che vorrei solo mettere in pausa la mia vita aspettando che questo passi perché è davvero faticosamente estenuante vivere così. In questo senso mi sento una specie di impostore. Sono tre persone diverse e non mi sento nemmeno una.
Sono contenta che lo sfogo sia servito e che tu stia meglio. Non hai offeso nessuno, almeno dal mio punto di vista, quindi ottimo lavoro!


Un po' di sindrome dell'impostore? Anche se fosse è normale. Il tuo passato ti ha segnata, è normale trascinarne qualche peso.
Qui comunque hai mostrato solo un lato da ammirare, per il resto non posso che ringraziarti per condividere molte cose a me utili.
La maschera di cui parli, vivendo come un recluso, lo tolta tempo fa. Ricordo quanto fosse fastidiosa, ma tocca metterla.
Io non la metto più, neanche quella rara volta che esco.
Sì, a volte succedono casini. Ma chissene.
Pero adesso mi chiedo se dovrei sentirmi manchevole anche io. Alla fine mi sei stata molto utile, io non ho fatto niente.
:mmm2: Beh troverò un modo.

Perdona se non ricorreggo tutto ma ho la febbre e tra mal di testa e tutto il resto sono sicuro di aver scritto in aramaico antico.
Torno a letto riflettendo su quanto scritto. Sono giorni che penso molto alle tue parole, alla fine un po' alleviano vecchi pensieri.
Peccato che il passato non si possa cambiare.
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