Eh.. gli ansiolitici, gli antidepressivi, gli psicofarmaci in genere, di vecchia o nuova generazione, sono SEMPRE una scintilla di riflessione sulla loro effettiva efficacia, sulla dipendenza nel tempo, sulla dismissione. Per non parlare degli effetti collaterali nel breve e nel lungo termine e di come questo sia l'aspetto più critico della faccenda "Assunzione Farmaci".
Perché apre le porte a digressioni etiche tipo: io, medico (di base, psichiatra) come posso decidere arbitrariamente sulla vita delle altre persone? Secondo anche diversi studi, le persone che assumono costantemente una terapia a base di psicofarmaci hanno una speranza di vita inferiore a coloro che non ne fanno uso.
Penso anche che l'abuso, come anche la dipendenza o la decisione di dismettere i farmaci, debbano essere considerati come ulteriori problematiche da aggiungere al principale aspetto etico che è quello del rispetto per la vita degli altri.
Io prendo mix di psicofarmaci da circa 30 anni e ho attraversato periodi di dipendenza da questi. Mi ricordo molto bene la mia dipendenza dal Lorazepam, il Tavor: un fantastico stordimento e poi l'attività del cervello si azzera e si cade in un sonno profondo. Poi quella da Delorazepam ma anche da Pregabalin. Ora prendo una 'terapia di mantenimento' con al bisogno dell' En, le classiche 5 gocce. Ad oggi mi basta avere la boccetta sul comodino come una presenza rassicurante. Tendenzialmente, non ne faccio uso; piuttosto, il mio errore è poi prenderlo a sorsate (ben calibrate, senza esagerare) quando sto un po' giù ma solo per un giorno o al massimo due.
Io so che, in un futuro non troppo lontano, il mio corpo avrà delle ripercussioni a causa degli psicofarmaci, così come le avrà per per il tabagismo. Ma le sigarette me le compro io, decido io, mentre i farmaci sono perlopiù imposti, al limite caldamente consigliati. Sulla carta dovrebbe esistere una scelta condivisa tra medico e paziente ma nella realtà non è così. Si tratta di una cultura del farmaco in cui gli approcci biologici prevalgono, nella formazione di convinzioni popolari secondo le quali la farmacoterapia è applicabile ovunque e anche, quindi, nella salute mentale.
Un po' come per tutte le cose bisogna farne buon (e magari breve) uso.