Secondo voi come dovrebbe essere sviluppato l'argomento da parte del genitore? Quando? Pensate che possa accadere che si verifichi il complesso di Edipo durante lo sviluppo?
Personalmente posso consigliarvi questo: parlatene con i vostri figli!
Quando vedete che stanno crescendo, non alzate un muro per la vergogna! Riservate la vergogna a qualcun altro. I vostri figli sono le ultime persone con cui dovete vergognarvi di parlare. Già verso i 7-8 anni del figlio potete cominciare a gettare le basi per il dialogo sulla sessualità. Basta essere naturali e anche scherzosi se volete. L'importante è non essere pesanti, imbarazzanti, giudici. Invitateli ad aprirsi e mostratevi disponibili per tutte le domande che possono avere.
I bambini sono una fonte inesauribile di curiosità e domande e voi, che siete i loro genitori nonché i loro punti di riferimento, dovete rispondergli ed essere sinceri con loro. Sincerità non vuol dire che dovete essere brutali, ma che dovete essere onesti e usare tanta delicatezza.
Prima di tutto ragionate un attimo su come mai avete vergogna nel rispondere alle loro domande sulla sessualità. Il più delle volte ciò accade perché in quel momento, data la domanda, non pensate più a vostro figlio come un bambino, ma vi focalizzate sulla domanda in sé e vi sentite come se vi trovaste di fronte a una persona estranea che non ha il diritto di entrare nel vostro intimo, giacché vostro figlio non è mai entrato nella vostra vita intima; inoltre non riuscite a vedere la domanda nella sua generalità ma come se fosse volta a voi, al vostro rapporto di coppia. Questo è sbagliato! Innanzi tutto dovete vedere vostro figlio per ciò che è: un bambino (o ragazzino), inesperto della vita e totalmente inesperto del sesso e di tutto ciò che esso concerne. Quindi è ovvio che non avrà malizia nell’ascoltare le vostre risposte, e voi non sarete perversi nel rispondere alle sue domande, né dovete pensare di far riferimento alla vostra vita sessuale quando rispondete alle sue domande.
Quanto alle risposte da dargli, considerate che il sesso in toto nasce prima di tutto per amore più che per piacere e divertimento, e che quindi quando vostro figlio vede certe scene o sente certi discorsi o legge certi termini, non saprà mai di che tipo di sesso si tratta, e voi potrete rispondere con tutta tranquillità perché il messaggio che dovrete comunicargli è che si tratta di gesti d’amore.
E’ importante rispondere con parole semplici e frasi brevi, più ci si perde in dettagli e più è facile incartarsi e sbagliare.
Se il bambino è molto piccolo (tipo 3 anni), e vi chiede come nascono i bambini, potrete rispondere in modo fantasioso (ad esempio che li porta la cicogna, o che nascono per amore dei genitori, o che sono nati perché si è pregato Dio, etc etc).
Verso i 6 anni, età in cui i bambini sentono già i commenti dei più grandi o captano notizie dagli altri bambini, non dovrete fare l’errore di cedere alla vergogna e non rispondere alle loro domande perché altrimenti si cercheranno altrove le risposte.
Verso i 9 anni si possono dare risposte più specifiche, parlando anche di penetrazione. Basta che precisiate che per ogni cosa c’è un’età e che ci sono cose che fanno solo i grandi, ma con tanto amore. Dite sempre che il sesso è qualcosa che avviene per amore, tra due persone che si vogliono tanto bene.
Quasi sempre i bambini reagiscono dicendo “che schifo!” .
Esempi pratici:
_Se vostro figlio vi chiede cosa vuol dire “omosessuale”, basta rispondere che ci sono maschi a cui piacciono i maschi e femmine a cui piacciono le femmine, e che ciò è una cosa normale.
_Se in tv c’è una scena hot e tuo figlio vuole sapere che cosa succede. Basta che tu gli dica che ci sono volte in cui papà e mamma vogliono dimostrarsi quanto si vogliono bene!
_Se da qualche parte sente o legge il termine “masturbazione” e vuole sapere che cosa significa.
Non c’è niente di innaturale o di scandaloso nel dirgli che il termine vuol dire “toccarsi nelle parti intime” e che non c’è niente di male a farlo, ma che è una pratica personale e non da mostrare in pubblica piazza.
Se invece viene da voi e vi confessa che da un po’ di tempo gli piace toccarsi nelle parti intime, anche in questo caso, occorre parlargli con naturalezza e dirgli che è normale dedicarsi a se stessi ma che ciò non va fatto davanti ad altre persone perché è un momento personale.
COSA NON DIRE:
“Chiedilo a mamma/papà” : Scappare dalla richiesta di spiegazione istilla nel bambino il dubbio che il sesso sia una cosa sbagliata.
“Esci subito da qui”: Se il bambino scopre i genitori in atteggiamenti intimi non deve sentirsi respinto e colpevolizzato. Gli si può dire che mamma e papà si stanno facendo le coccole perché si vogliono tanto bene.
“Smettila subito, vergognati!”: Se scoprite vostro figlio masturbarsi, non arrabbiatevi, non ditegli di non farlo mai più, non fate nulla che possa metterlo a disagio, anzi mostratevi disponibili al dialogo qualora ne avesse voglia.
E se avete voi stessi dei dubbi o vi sentite in difficoltà, cercate di parlarne con qualcuno di cui vi fidate; anche qui su internet troverete aiuto se lo cercherete.
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Vi cito due articoli in merito.
Secondo Freud, ognuno vive diverse fasi psicosessuali nell'infanzia:
_la fase orale (in cui il bambino prova piacere attraverso la bocca e quindi l'allattamento);
_la fase anale (in cui il bambino impara a controllare le funzioni sfinteriche);
_la fase fallica (quella in cui si presenta il complesso di edipo/elettra e cioè l'attrazione per il genitore del sesso opposto e l'odio nei confronti del genitore dello stesso sesso);
_la fase latente (in cui il bambino si concentra su sè stesso e sul proprio sviluppo psichico);
_e in fine la fase genitale, che avviene durante la pubertà in cui si ripercorrono velocemente tutte le fasi precedenti.
Nel caso in cui una delle fasi non venga sviluppata o superata al meglio, possono crearsi conflitti o fissazioni in futuro, o anche a seguito di traumi o problematiche si può presentare una regressione, e cioè il ritorno ad una fase precedente.
Dal punto di vista freudiano la situazione di certi figli che propendono verso la madre potrebbe essere considerata come una regressione alla fase fallica, che potrebbe risolversi anche da sola, oppure che necessita un aiuto da parte di qualcuno.
Innanzitutto ci sia permesso affermare che si dovrebbe, in realtà, parlare di "educazione" e basta. L'aggiungere l'aggettivo "sessuale" può dare l'idea che la sessualità (in tutta la sua estensione, cioè nella comprensione di tutti gli aspetti della personalità: dalla corporeità, all’affettività, alla spiritualità...) sia invece solo un settore parziale considerabile appunto anche "a sé" (come quando si parla di educazione alla manualità, all'igiene, ecc.). "Educare la persona" nella sua integralità non può che voler dire educare in senso positivo ed esplicito anche la sua dimensione "sessuale", senza appunto "parcellizzare" la persona.
Ricordiamo infatti che la sessualità è una caratteristica fondamentale di tutto l'uomo e di ogni uomo, che parte sì dalla sua realtà corporea (non solo esterna ma profonda: i cromosomi), e si estende però a tutta la sua persona: noi siamo sessuati in tutto ciò che siamo e che facciamo, anche nella vita spirituale e nella preghiera. In questo senso mascolinità e femminilità sono due principi universali della persona che insieme rendono completa l'"immagine" di Dio nell'umanità (Cfr. Gen. 1)... Quindi, come tutto il corpo, anche la sessualità in tutti i suoi aspetti (compreso quello corporeo), è un grande dono. Per il Cristianesimo, essa partecipa addirittura della "sacralità" stessa del corpo: Gesù e Maria erano realmente maschio e femmina... Educare alla sessualità vuol dire educare ad essere se stessi con la propria identità, superando i tabù, ed ad avere rapporti costruttivi col "diverso da sé".
La prima cosa da dire dunque è che L'EDUCAZIONE SESSUALE E' UN ASPETTO FONDAMENTALE E IMPORTANTISSIMO, CHE NON PUO' ESSERE ASSOLU-TAMENTE DISATTESO O ANCHE SOLO AFFRONTATO SUPERFICIALMENTE DA TUTTI GLI EDUCATORI MA IN MODO SPECIALISSIMO PROPRIO DAI GENITORI. Un'educazione sessuale sbagliata o trascurata può portare conseguenze gravissime nella vita dell'intera persona.
In questi fogli sottolineeremo particolarmente l’educazione dei bambini (fino alla preadolescenza) e non affronteremo invece quella degli adolescenti. Questo per una serie di motivi:
+ l’adolescente ha certamente ancora più che mai bisogno di avere direttive educative dall’adulto, ma esse (sia pure con tutte le difficoltà di dialogo in questa età) possono essere ormai esplicite, con discorsi diretti e già anche basati sugli ideali, sui principi, cioè "ragionate";
+ inoltre l’adolescente ha già di fatto una sufficiente autonomia per potere e volere gestire la sua sessualità: i nostri interventi perciò non possono più essere che solo "esterni", senza poter cioè più compiere positive e concrete azioni su di lui (a parte appunto consigli, proibizioni, permessi, ecc., per quanto vengono ascoltati...);
+ per le età precedenti invece il problema educativo si pone in modo più delicato, in quanto il peso dei nostri interventi è ancora molto più diretto, e necessita quindi di grande attenzione, sia nei discorsi (che oltre tutto debbono essere meno teorici) sia negli interventi concreti.
Naturalmente però anche per l’adolescenza e la giovinezza sono ancora validi (anzi lo sono maggiormente) i principi e i valori che esporremo (e che naturalmente si riferiscono alle cose esposte nei capitoli precedenti).
1 - La sessualità nell’età evolutiva
Riassumiamo brevemente gli stadi dello sviluppo affettivo-sessuale:
N.B. Le età che seguono sono sempre indicative, poiché ogni bambino ha tempi e modi di sviluppo suoi specifici.
I PRIMI TRE ANNI
Nei primissimi mesi tutto il lavoro del bambino consiste nel cercare di superare il disagio dei bisogni organici (fame, sonno, malesseri) e nel conoscere il proprio corpo ed imparare ad usarlo gradualmente.
Per questo il bambino prova piacere nell'esplorare il suo corpo (genitali compresi) e nell'essere coccolato e manipolato con dolcezza. L'unica attenzione da avere è quella di non comunicare inconsciamente dei disagi psicologici al bambino, disagi che l'adulto potrebbe provare nel vedere certe sue manifestazioni e nel curargli le parti più intime (compresi i disagi di ordine più..."organico" al contatto con pipì e popò).
Un piacere particolare del bimbo di questa età (legato all'alimentazione) è naturalmente quello del succhiare e del contatto col seno materno: è quella che vien chiamata la fase orale.
Successivamente il bambino sembra concentrarsi maggiormente sulla funzione di evacuazione (fase anale) e, dopo, scopre il piacere della manipolazione della zona genitale (fase fallica).
Sono tutte fasi perfettamente normali che non devono destare nessuna preoccupazione. L'unica attenzione da avere è che il bambino non manifesti eccessiva ossessività in tali comportamenti e non si fissi per periodi troppo lunghi in una fase ma la superi gradualmente passando spontaneamente a quella seguente. A questo riguardo, se bisogna appunto aiutare con delicatezza il bambino a superare la fase precedente, non bisogna però assolutamente far ciò con costrizioni psicologiche o, peggio, fisiche: l'obbligarlo troppo precocemente, o comunque con forza, ad esempio, ad abbandonare il ciuccio o a regolare pipì e popò con l'uso del vasetto, sarebbe una forma di repressione che potrebbe lasciare tracce anche gravi nella crescita successiva (certe perversioni sessuali sembrano essere la conseguenza di stadi orali o anali non serenamente superati...!). Ugualmente per i fenomeni masturbatori (più frequenti, o forse semplicemente più espliciti, dopo i tre anni) che non devono mai essere semplicemente repressi, tantomeno con paure o creazioni di sensi di colpa (che il bambino rivivrebbe con fantasie paurose che porterebbero angosce sessuali anche serie in età seguenti).
E' sempre comunque molto importante che il bambino esperimenti la vicinanza fisica calda e affettuosa della mamma e anche del papà, che non si devono preoccupare se si accorgono che tali atteggiamenti sembrano talvolta soddisfare sensualmente il piccolo. Tale sensualità è perfettamente normale nel bambino e l'intenso amore che egli prova verso i genitori (specialmente quello di sesso opposto) non è esente da eccitamento sensuale e sessuale. Bisogna accettare serenamente queste sue manifestazioni, badando solo anche qui che non diventino ossessive e che si evolvano poco per volta con l'aumentare degli altri interessi.
Dai due anni in avanti il bambino incomincia a rendersi conto (naturalmente se, come dovrebbe essere normale, ha l'occasione di vedere l'altro sesso) delle differenze anatomiche, che vive sempre con curiosità e sovente con ansia (perché manca qualcosa alla bambina? mutilazione, magari per colpa?). Sull'altro versante tali curiosità si manifestano talvolta con atteggiamenti esibizionisti e con giochi di esplorazione sui piccoli compagni o compagne. Anche qui niente di preoccupante: basta gestire le situazioni con molta serenità e spontaneità, magari anche con un pizzico di sorridente umorismo (mai però prese in giro!), e sempre con molto calore e affetto dimostrando che lui o lei sono belli così come sono e ci sono graditi. Se i genitori sono in grado di vivere la cosa senza forzature (che comunicherebbero sempre disagio), è bene che dimostrino una spontanea naturalezza in occasioni naturali nel lasciare osservare il loro corpo dai bimbi.
DAI 4 AI 5 ANNI
Questa è un'età molto delicata perché in essa gli atteggiamenti sopra descritti acquistano maggiore forza (anche perché sono più coscienti) e il bambino entra in quello che viene denominato il periodo del complesso di Edipo: egli o ella sono attratti in modo ancor più forte verso il genitore del sesso opposto e questo li porta ad una vera e propria tempesta di sentimenti e sensazioni. Verso i genitori stessi inizia una complessa dinamica di amore-odio, con delusioni, frustrazioni, sensi di colpa... Le sensazioni sensuali e sessuali diventano più forti, con i relativi comportamenti e curiosità (anche fra compagni) accompagnati da nuove fantasie e ansie. Nascono domande più specifiche (come nascono i bambini ad esempio). Sovente i bimbi scoprono la gioia (e il piacere della trasgressione) del dire parolacce (di cui, se sovente non conoscono il vero significato, hanno però già ben capito la valenza "scandalosa"...).
I bambini hanno bisogno di molta dolcezza, vicinanza, rassicurazione e l'ideale sarebbe che essi potessero parlare delle loro sensazioni, delle loro domande e delle loro paure con un adulto ben disposto e comprensivo. Fa parte però anche del compito dell'educazione fornire loro delle regole e aiutarli (senza colpevolizzarli però, proprio in questo tempo in cui si forma in loro quella rigida, e talvolta angosciante struttura interiore che si chiama "Super-Io"!) ad osservarle, compreso il prendere atto (sia pure dolorosamente) della realtà, e cioè che il mondo affettivo e sessuale della coppia dei genitori non compete a loro...
Se il bambino non superasse tale stadio (restando troppo attaccato al suo "amato" genitore") sarebbero guai seri per la sua crescita futura. Ma è altrettanto vero che se tale distacco avviene in modo troppo brusco, il bambino vivrà la sua sessualità futura con paura e come un tabù colpevole. Il processo edipico, inoltre, sembra giocare un ruolo fondamentale nel fissare nel bimbo la coscienza della sua identità sessuale di maschio o femmina e anche nel volgere la sua tendenza verso il sesso opposto. Se tale processo non conclude bene, possono esserci perciò guai seri anche nell'accettazione del proprio sesso e nell'orientamento affettivo.
DAI 5 AI 7 ANNI
Nella psicoanalisi classica si definiva quest'epoca come quella della latenza, ritenendo che il bambino, "bruciato" dalle esperienze precedenti, rimuovesse decisamente gli interessi sessuali, dimenticandosi di tutto il passato. In realtà ora sta entrando l'idea che sia piuttosto una... latitanza. Infatti da attente osservazioni si è potuto rilevare che egli continua a sentire e a vivere la sua sessualità (compresa la masturbazione e i giochi coi compagni), ma sembra piuttosto aver imparato a nasconderla agli adulti.
E' comunque un'età molto difficile, poiché, insieme ai superamenti affettivi del periodo edipico, egli si trova a vivere cambiamenti notevoli in tutti i campi (la scuola, il mondo esterno, una nuova capacità di ragionamento...), tanto che tali anni vengono ora chiamati "piccola adolescenza" in quanto sembrano riprodurre, sia pure in scala ridotta (ma non meno impegnativa in proporzione all'età) i problemi dell'adolescenza vera e propria.
Di nuovo il bambino ha bisogno di genitori ed educatori che gli dimostrino molto affetto, che non sottovalutino i suoi problemi, che lo stiano ad ascoltare e siano capaci di passare tutto il tempo necessario per giocare con lui, per accettare le sue confidenze e per rispondere alle sue domande, sempre più impegnative. D'altra parte bisogna aiutarlo anche a "staccarsi dal nido", a fare nuove conoscenze e nuove amicizie, ad affrontare nuovi impegni (come quello scolastico), abituandolo alle regole e alla disciplina. Gli atteggiamenti e le domande "sessuali" devono comunque sempre essere affrontati con la massima serenità ed apertura, con molta naturalezza e senza tabù.
DAGLI 8 AI 10 ANNI
Superata la precedente fase, il fanciullo vive di solito un periodo più sereno e costruttivo, ricco di molti e svariati interessi. Normalmente continuano tutti i comportamenti e le curiosità sessuali ma, se non si sono creati prima dei particolari complessi, egli ed ella li vivono più serenamente, anche se sovente incominciano a preferire il dialogo e il confronto dei compagni a quello degli adulti. Le curiosità diventano ovviamente più specifiche e "scientifiche" e aumenta anche la... "maliziosità".
DOPO GLI 11 ANNI...
Tutto salta di nuovo in aria quando il fanciullo (e di solito la fanciulla un po' di tempo prima) inizia lo sviluppo puberale. Insieme a forti cambiamenti in tutti i campi (nuovo tipo di capacità di ragionamento, nuovo tipo di scuola, esperienze sociali sempre più ampie, crisi delle convinzioni infantili sulla religione e sulla morale, ecc...) il ragazzo sente nascere nuove sensazioni fisiche: ricomincia un periodo di forte tendenza alla introversione (masturbazione, narcisismo, paure di non normalità, sensi di colpa...). Poco per volta nasce anche un interesse nuovo per l'altro sesso, fatto di attrazione e timore, di innamoramenti e di delusioni... Il distacco verso l'ambiente di casa diventa sempre più forte e sovente anche polemico e conflittuale... Il ragazzo sta costruendo la sua realtà adulta e lo fa in opposizione agli adulti che ha intorno. Egli ha ancora molto bisogno di modelli e di regole, ma non sopporta più le imposizioni. L'unica strada resta il dialogo, sincero, aperto e franco, nell'accettazione che egli diventi sempre di più autonomo e faccia le sue esperienze (che non possiamo più evitargli, ma che dobbiamo aiutarlo a valutare nel confronto con noi).
Si può dunque affermare che la sessualità dei bambini, in qualsiasi età, è sempre presente ed attiva ed è una sessualità piena e completa, anche se, ovviamente, con manifestazioni diverse da quella adulta, e anche se talvolta è "schermata" e se gli adulti, distratti, possono non accorgersene.
Tutti i bambini usano normalmente la loro sessualità, anche sotto l'aspetto fisico e genitale. Pur essendo gli episodi di vera e propria masturbazione o di atti "genitali" fra bambini molto più frequenti di quanto si pensi, le manifestazioni sessuali del bambino, non sono però esclusivamente limitate a queste cose: la sessualità infantile si esprime anche, in modo molto intenso, in svariate altre maniere: attraverso cioè quella infinita gamma di azioni che abbiamo precedentemente denominato "soft", che vanno dai discorsi e parolacce, ai giochi con sfondo più o meno esplicitamente erotico, alle mille occasioni di "sensualità".
Afferma il sessuologo Broderick: "Il bambino in età prepuberale conosce dunque un'attività sessuale, variabile sia nell'intensità che nella manifestazione. L'osservazione tende a dimostrare che può provare un orgasmo... L'eccitazione sessuale nel bambino è innegabile. Più facilmente dell'adulto, il bambino maschio risponde ad un desiderio sessuale con un'erezione".
Se poi diamo un significato in qualche modo sessuale ad ogni stimolo e reazione tattile, dobbiamo ammettere che il bambino è carico di una sensualità notevole, sia nella gestione del proprio corpo (pensiamo al suo tipo di contatto con l'acqua, le coperte, i peluches), che nei confronti del corpo degli altri sia coetanei che anche adulti (magari sotto forma di pseudo-lotte): molti di loro cercano un contatto che potremmo definire "seduttivo", anche se non esplicitamente genitale, col corpo altrui e anche particolarmente con quello dell'adulto. Per il Montagu risulta evidente il significato "erotico" di numerosissimi comportamenti non direttamente legati alle zone genitali: il rannicchiarsi o l'accoccolarsi contro il corpo della madre o dei fratelli, l'avvolgersi nella coperta, il leccamento, l'autocullamento con il dondolìo, le "grattate" nelle varie parti del corpo, ecc., per non parlare, ovviamente delle carezze e del solletico, così gradito ed eccitante per il bambino. Tanto che l'autore conclude che "quasi ogni stimolazione cutanea che non sia dannosa ha una componente erotica". Egli afferma inoltre che "deprivazioni di esperienza tattile nella prima infanzia possono portare a una ricerca di sostitutivi in automanipolazioni di vario genere, masturbazione, abitudine di succhiarsi il pollice o l'alluce, di mangiarsi le unghie, di tirarsi o toccarsi le orecchie, il naso, i capelli". Rileva inoltre che "i colpi sulla natiche possono produrre caratteristiche sensazioni sessuali nei bambini compreso l'orgasmo" e che "la minzione e la defecazione sono esperienze che danno un piacevole senso di liberazione e di conforto". Persino il mordere, pizzicare, graffiare, stringere forte sino a provocare dolore hanno "una chiara connotazione sessuale, tanto da diventare in età adulta manifestazioni della sessualità normale".
Tale visione, che implica ovviamente un'estensione considerevole sia del significato comune che di quello scientifico del termine "sessuale", ha comunque notevoli argomenti anche biologici a sostegno, data l'origine tattile di gran parte dell'eccitazione sessuale presso i mammiferi: pensiamo alla collocazione delle zone erotogene, anche distanti dalle parti sessuali e apparentemente scollegate da esse, in modo particolare nella donna (e il bimbo, anche maschio, sembra avere un impianto sensitivo molto simile a quello che diverrà poi più tipicamente femminile). Se quindi ogni volta che un bambino mette due parti del corpo una contro l'altra, o si gratta l'orecchio o i genitali, o si succhia il pollice, tali atti sono da considerarsi come in qualche modo equivalenti alla masturbazione, evidentemente è facile concludere, come Kinsey, che masturbazione e attività sessuale precoce sono atti universali.
Il fatto che dopo i 5 anni sembri che tale sessualità vada quasi in letargo, o quantomeno si riduca fortemente (sensazione che diede spunto per la teoria della "latenza") è dovuto non ad una vera diminuzione di tale esercizio, ma piuttosto ad un complesso processo psicologico per cui il bambino è portato a nascondere tale realtà agli adulti, e talvolta, quando il processo di "repressione" è stato più forte, a tentare di nasconderla addirittura a se stesso, cercando di disconoscerne almeno la valenza specifica. Fenomeno che noi abbiamo appunto chiamato della... "latitanza".
Goldam e Goldam infatti affermano che non esiste una fase di reale sospensione nello sviluppo sessuale del bambino e che "contro la teoria della latenza vi sono schiaccianti prove del fatto che i bambini dai 5 ai 15 anni provano un sempre maggiore interesse del sesso, con una progressione lineare che va di pari passo con l'età"; e Gadpaille conclude: "I bambini seguono il corso del loro sviluppo sessuale ignorando allegramente la loro presunta latenza sessuale. L'unico fatto che sembra in qualche modo confermare le aspettative teoriche è che hanno imparato a giocare rispettando le regole degli adulti, imparando cioè ad attenersi formalmente alla legge, anche se segretamente continuano a comportarsi a modo loro".
Si può allora dire che l'impressione che il bambino si sia allontanato dagli interessi sessuali, che negli anni precedenti avevamo dovuto per forza riconoscergli, è dunque sbagliata. Piuttosto, ora egli "si nasconde" agli adulti, perché ha imparato che certe cose non sono da loro approvate; e giunge a tentare di nascondersi anche a se stesso, perché avendo interiorizzato certe regole (il Super-Io!), ha egli stesso paura di queste sue manifestazioni.
L'adulto che, più o meno inconsciamente, ha già collaborato a "reprimere" nello stadio precedente la sessualità infantile, ora crede di buon grado alla sua "sospensione", perché l'ammettere invece la sua presenza può lasciarlo confuso e indeciso sul come intervenire. In effetti gli adulti possono essere inconsciamente spinti a "far finta" che il bambino sia privo di questa realtà, ad "angelicarlo", poiché la sua sessualità può turbarli, perché li interpella e li mette in crisi, specialmente se li tocca personalmente, coinvolgendo in qualche modo il loro corpo: se infatti si accetta di vedere che il bambino la sta usando, bisogna rivisitare tutte le proprie "sicurezze" adulte, dal momento che non si può troncare semplicemente il discorso con valutazioni moralistiche, in quanto egli è ancor privo della "malizia" adulta: meglio perciò ignorare il problema e far finta che nulla accada... "La conseguenza logica - come dice Scherer - e che semmai i genitori hanno bisogno di essere educati..."
E' ovvio che questa situazione crei nel bambino uno stato di tensione, e talvolta anche di ansia e di paura, se non addirittura di senso profondo di colpa, verso la sua sessualità. Per questo il bambino vive con molta emotività tutta la realtà sessuale, manifestando una sorta di "pudore" che, ben lungi dall'essere una virtù, in realtà non è che uno schermo difensivo. In tal modo il sesso diventa "tabù", con tutta la forza delle proibizioni morali coscienti, e, in più e molto maggiormente, di quelle inconsce (il Super-Io). Possiamo allora stupirci che il bambino vada "in latitanza"?
Insomma, latenza o latitanza che dir si voglia, questo periodo è tutt'altro che un tempo "angelicamente tranquillo". Sembra piuttosto ad un vulcano a cui è stato messo un coperchio e che continua a crescere nella sua compressione, fino a quando erutterà con violenza all'epoca della pubertà. Quanto questa "occlusione" sia educativamente necessaria o almeno utile, o quanto invece potrebbe esser meglio lasciare sempre libero il vulcano, è questione pedagogica, avvertendo però subito che ogni soluzione educativa presuppone comunque un lungo discorso sull'"a che cosa educare" e quindi sui modelli sociali e morali. Incominciamo intanto a rilevare da un punto di vista strettamente psicologico le difficoltà dell’età infantile, sottolineando che comunque la pura repressione non è mai positiva. Bisogna invece RICONOSCERE LA SESSUALITA’ DEL BAMBINO, ACCETTARLA, LASCIARE CHE CI COINVOLGA PERSONALMENTE, come tutti gli altri aspetti importanti della sua vita, SAPERLA GESTIRE ("dall'alto" della nostra maturità di adulti...) ED EDUCARLA. Tutto questo però presuppone naturalmente che noi adulti abbiamo raggiunto un necessario equilibrio e che abbiamo una visione positiva della sessualità come valore, senza tabù, ma anche con dei sani principi di comportamento verso cui far crescere il bambino.
Dunque, se la sessualità infantile è una dimensione naturale del bambino, dovrebbe anche essere logico riconoscere la sanità psicologica del suo esercizio. Naturalmente però, perché la cosa sia effettivamente così, devono essere superati gli aspetti di ansia e paura e bisogna riportare il bambino ad una serena ed esplicita espressione della sua realtà. In particolare - come ripeteremo più avanti - dovrebbero essere riconosciute e accettate le manifestazioni di tipo masturbatorio del bambino (come manifestazioni normali alla sua età), così come tutti i giochi a sfondo erotico (ed esplorativo) e le sue prime tenerissime "cotte". Bisognerebbe preoccuparsi solo in caso di esagerazioni parossistiche (che si ripetono cioè con eccessiva frequenza) o di "fissazioni" (comportamenti cioè così coinvolgenti da essere in grado di isolare, almeno temporaneamente, il bambino dal resto della realtà).
La cosa però non è così semplice come sembra. Infatti non è a priori scontato quale siano il "giusto esercizio" e i "comportamenti normali" specifici per l’età infantile. Infatti, proprio perché finora abbiamo sempre e solo considerato il comportamento adulto come metro di confronto e giudizio e, per i motivi detti, abbiamo addirittura cercato di ignorare l'esistenza della sessualità infantile, rischiamo di non essere facilmente in grado di capirne bene la specificità e le modalità comportamentali che dovrebbero accompagnarla.
Inoltre assistiamo oggi ad un influsso veramente pesante dell'ambiente, attraverso i mass media e in particolare la televisione, sulla psicologia del bambino. Egli subisce, in modo ovviamente ancora del tutto acritico, un vero e proprio bombardamento di modelli di comportamento adulti (e sovente, se non proprio anomali, certamente "al limite": pensiamo a certe scene di film o a certe pubblicità..., per non parlare appunto anche di pornografia vera e propria, seppur più o meno mascherata). E' facile quindi che egli assuma, per naturale tendenza ad imitare l'adulto, atteggiamenti che non gli sarebbero altrimenti spontanei e che, non corrispondendo alla natura specifica della SUA sessualità, non sono certo positivi per la sua crescita.
Come fare a distinguere, mantenendo il giusto equilibrio fra il concedere tutto (anche quindi il non-ancora corrispondente all'età) e il negare invece tutto secondo un modello di sessualità solo adulta? Credo che, proprio per la nostra più volta sottolineata "ignoranza" della sessualità infantile, non abbiamo per ora una risposta esauriente a questo dubbio. Non resta che risottolineare una volta di più l'estrema necessità ed urgenza di mettersi in attenta osservazione ed ascolto del mondo dei bambini, creando delle situazioni in cui essi possano il più liberamente possibile esprimersi e quindi far venire fuori tutta la loro realtà. Dopo cercheremo di capire quanto di forzato ci sia in essa e quanto no, e potremo iniziare un vero cammino educativo, comprendente certo anche l'aiuto a superare le suddette forzature.
2 - L’educazione morale
Il riconoscimento della sanità psicologica delle manifestazioni sessuali nel bambino non è in contraddizione con una visione morale, anche seria e impegnativa come quella cristiana. Infatti gli ideali verso cui bisogna camminare sono ideali possibili solo agli adulti (e neanche a loro in grado perfetto).
Ricordando quanto detto nei capitoli precedenti, riaffermiamo che bisogna perciò accettare la necessaria esistenza di "tappe intermedie", secondo quella che abbiamo chiamato la "morale del progetto": l'importante è che il bambino continui a crescere (e vinca le ricorrenti tentazioni di regredire) verso una capacità sempre maggiore di superamento del suo egocentrismo e quindi una effettiva sempre maggiore capacità di vivere tutto se stesso (compreso l'aspetto fisico e sessuale) come "dono". Educare alla vita vuol dire educare all'AMORE nel senso più pieno della parola. Bisogna perciò aiutare il figlio, da quando muove i primi passi fino all'età adulta, a scoprire questo rapporto personale di amore con Dio e a pensare alla propria vita come ad una VOCAZIONE, cioè una chiamata di Dio appunto al Suo Amore, a cui rispondere con totalità. Il giovane educato cristianamente dovrebbe aver raggiunto la convinzione che la sua vita ha un senso solo se è dono totale a Dio, e per Lui al prossimo, qualunque sia la strada particolare che deve percorrere (matrimonio e mestiere "laico", o consacrazione religiosa). Il rapporto personale con Dio (nella preghiera ad esempio), la fiducia nella Sua Provvidenza e la capacità di relazioni con gli altri che diventino sempre più di "dono", tutto ciò si trasmette ovviamente, molto prima che con le parole, con l'esempio dell'amore che i genitori hanno fra di loro, verso i figli e verso "gli altri". Solo se si sperimenta concretamente che cos'è l'Amore e ci si sente amati, si diventa capaci di amare e di donare.
In questo senso quello che conta, prima di ogni altra considerazione più specifica o particolare, è "educare ai VALORI", ai "grandi" valori: cioè, nel senso sopra detto, all'AMORE. E dunque, ribadiamo, non può che essere un'educazione "PROGRESSIVA", nel senso ben chiarito di progetto, che rispetta le tappe intermedie e spinge poco per volta, senza forzature, in un cammino sempre continuo verso ideali certo altissimi, ma nella coscienza della loro irraggiungibilità, in quanto "perfetti". Necessaria quindi, in tutti i campi ma soprattutto in questo, la cosiddetta "PAZIENZA EDUCATIVA", che sa non pretendere risultati immediati e definitivi ma conosce e rispetta i tempi e le difficoltà della "fatica di crescere". In altre parole, è il principio educativo fondamentale della GRADUALITA’. E' doveroso quindi saper accettare che il bambino arrivi solo fin dove può davvero arrivare, senza colpevolizzarlo per le cose imperfette che fa a causa della sua età, evitando assolutamente di accrescere in lui il "senso di colpa", già così presente in modo oscuro e doloroso, specie in certi periodi, anche in anni molti giovani (cfr. il cap. 2).
Pensiamo utile riportare qui integralmente quanto abbiamo precedentemente detto sulla "perfezione" (pagg. 25-26):
"Ognuno è maturo in proporzione a quanto è stato capace di realizzare o è sul punto di realizzare, nonché in proporzione alle sue capacità di fare, di pensare, di sentire e di partecipare attivamente a ogni stadio della vita... Maturare non vorrebbe dire affatto riportarsi a forme di condotta trasmesse dal passato e convalidate dal consenso di una qualsiasi maggioranza, ma vorrebbe dire piuttosto attuare una progressiva conquista di se stessi. Si tratterebbe dunque di vivere in un certo modo e non di arrivare ad un certo livello, ritenuto insuperabile, di perfezione.... La sessualità appartiene all'uomo come tale, indipendentemente dalla sua età, e un bambino di pochi mesi può benissimo essere [relativamente] più maturo di un adulto". E' interessante rilevare, a riguardo di questa visione di perfezione "relativa" all'età, quanto dice un libro moderno di teologia sulla figura di Gesù Cristo, criticando coloro che nel Medioevo ritenevano Gesù perfetto in modo astratto (particolarmente in riferimento ad una conoscenza completa e assoluta di tutte le scienze che Egli avrebbe dovuto avere in quanto Figlio di Dio, al di là delle stesse conoscenze del tempo): "In questo ragionamento c'è un concetto erroneo della perfezione. Ora essa non consiste nel poter fare e sapere tutto in modo assoluto. Uno è perfetto quando è quello che deve essere nello stato in cui si trova. Il bambino è perfetto non quando si comporta da adulto, ma da bambino, cioè quando cresce e impara. Così la perfezione di Gesù è relativa all'uomo storico che egli è". Dunque lo stesso Gesù ha passato tutti gli "stadi intermedi" dello sviluppo, compreso l'aspetto affettivo-sessuale, come tutti gli altri bambini e giovani, anche se - precisa il suddetto testo - "non ebbe certamente concupiscenza", cioè tendenza a vivere in modo moralmente negativo i vari aspetti della vita e in particolare gli istinti affettivo-sessuali.
Per quanto riguarda la trasmissione dei "valori", e non solo in questo campo, bisogna inoltre capire che è inutile ed inefficace tentar di trasmettere alti contenuti e ideali al bambino attraverso il linguaggio parlato: il linguaggio da usare è quella ana-logico, fatto di figure, fiabe, esempi, esperienze concrete... Rimandiamo all'APPENDICE del presente capitolo, che tratta in modo più specifico della "comunicazione col bambino".
Come abbiamo già detto, è poi importante, nell'educazione, non "parcellizzare" mai la persona ma proporre cammini dove tutti gli aspetti (corpo, psiche e spirito) siano coinvolti. La parola d'ordine dovrebbe essere quella di educare ad un'autentica RELAZIONALITA'.
Ricordiamo anche qui quanto precedentemente esposto (pag. 46):
"Impuro il carnale lo è [solo] in tanto in quanto ibrido, ambiguo", poiché "vivere di frammenti è essere poveri di umanità: è l'immoralità". Dunque, in sintesi, è secondo la natura dell'uomo, cioè moralmente positivo, tutto ciò che lo aiuta a stabilire relazioni sempre più ampie, "aperte", autentiche e cioè integrali, e costruttivamente positive, cioè sempre più tendenzialmente oblative. E' in questo senso che bisogna ripensare tutta la morale sessuale. Ogni comportamento ed ogni atteggiamento in questo campo non deve perciò essere valutato solo secondo una funzionalità bio-fisiologica, ma invece secondo la sua utilità nel far crescere la capacità di rapporto. Perciò (anche tenendo conto degli ormai famosi "stadi intermedi" dello sviluppo) può considerarsi positivamente morale ogni azione che aiuti a crescere nel:
- rapporto con sé: comprese quindi le necessarie pratiche infantili di autoconoscenza, esplorazione, auto-erotismo (nel senso più ampio di "amore per sé");
- rapporto con agli altri, a partire dalla ricerca dell'altro per me, passando per la reciprocità, per arrivare al dono oblativo verso "ogni prossimo";
- rapporto con Dio, nella ricerca di un dono sempre più totale, come ricambio al dono che Dio ha fatto di sé a noi.
Ricordiamo (cfr. pagg. 49 e segg.) che questo vuol dire in particolare che ogni rapporto fra persone deve essere "in pienezza" e cioè non privilegiare solo un aspetto; e ciò nei due sensi: nel non attuare mai rapporti fisici più intensi della realtà di comunione profonda esistente fra le persone stesse, ma anche nel manifestare sempre tale rapporto profondo, nei modi adeguati e proporzionati, con le corrispondenti manifestazioni fisiche, scelte nell'ambito così multiforme delle sopraddette manifestazioni "soft" (volendo riservare la piena comunione sessuale al rapporto adulto e definitivo), anche se avvertiamo che, ad esempio, in tale ricerca di rapporto fisico i bambini (e anche gli adolescenti) manifestano una dimensione ancora molto "egoistica" (però proporzionata naturalmente all'età). Come abbiamo già rilevato altrove, può ancora sorgere l'obiezione che comunque certe affettuosità più "spinte" procurano un'eccitazione fisica, che solitamente tenderebbe a sfociare in una conclusione di tipo masturbatorio, quantomeno susseguente e solitaria. In ogni caso tale problema non tocca generalmente i bambini, almeno fino all'inizio della pubertà. Essi infatti, se manifestano di gradire e ricercare con vero piacere i contatti che procurano certe sensazioni, dimostrano altresì di non avere affatto la necessità che tali situazioni arrivino ad atteggiamentii di tipo masturbatorio, che, se - come abbiamo detto - sono peraltro presenti nella loro vita, non avvengono solitamente in detti momenti, ma in contesti del tutto differenti. I bimbi stessi, anzi, in tali contatti, di solito si fermano spontaneamente, ed esigono di fermarsi, ad un certo livello, dimostrando il più delle volte fastidio e reagendo se la cosa tende a prolungarsi oltre. Si può dunque affermare che una gamma vastissima di manifestazioni fisiche "soft" è possibile (e quindi autentica, moralmente lecita e psicologicamente costruttiva) anche nelle età più giovani, sia che si tratti di rapporti con coetanei, sia persino - come accenneremo più avanti - di rapporti fra bambino e adulto.
In questo senso bisogna riscoprire il significato più equilibrato del piacere, inteso come mezzo al fine. Come abbiamo già ampiamente esposto precedentemente (pagg. 51 e segg.), il piacere è una gratificazione naturale, e sana, che ci vien data come "premio" per aver compiuto un'azione giusta. Per il bambino, il cui compito principale è conoscere e prendere coscienza di sé, è naturale essere "egocentrico", e cioè essere ancora chiuso nella propria autogratificazione. E dunque diventa per lui normale avere degli atteggiamenti "egoistici", non saper donare con spontaneità e compiere azioni di "autoerotismo", cioè di piacere finalizzato a se medesimo. Nell'adulto invece il piacere non dovrebbe mai essere ricercato per se stessi, ma solo e sempre, nell'impegno di cercare il bene dell'altro, accettato serenamente e con riconoscenza come dono esprimente la gratitudine del partner.
A questo punto possiamo ulteriormente giustificare l’affermazione prima fatta dell’accettabilità delle manifestazioni sessuali del bambino. Infatti, per quanto riguarda ad esempio gli atteggiamenti di tipo masturbatorio, essi si possono ritenere come un comportamento di per sé normale, che aiuta il bambino prima di tutto a prendere sempre più conoscenza e coscienza del suo corpo, delle sue sensazioni; a procurarsi una distensione, un compenso sovente necessari nel lungo e faticoso lavoro della "crescita", così pieno anche di delusioni e frustrazioni; infine a procedere nella scoperta spontanea delle sensazioni piacevoli che lo sviluppo porta con sé (in una linea di continuità col succhiarsi il pollice o l'afferrarsi al corpo della mamma, per i più piccini), sensazioni ben lontane da ogni quadro di perversità e quindi anche di valenza etica negativa. Non sottovalutiamo inoltre che, nella dimensione dell'uso della fantasia e del gioco come "area intermedia" che fa da ponte per scoprire gradualmente la realtà, anche le fantasie masturbatorie e il conseguente comportamento concreto possono, nella fanciullezza, essere addirittura occasioni proprio per iniziare a scoprire la relazionalità.
Un altro aspetto, invece ampiamente sottovalutato, è quello delle "cotte" dei bambini. Anche i bambini provano attrazione fra di loro e sovente nasce un sentimento che si esprime attraverso tutte quelle manifestazioni che costituiscono il "flirt". Queste sensazioni di attaccamento affettivo sono sì "epidermiche", ma contemporaneamente sono vissute dal bambino con una profondità che - proporzion fatta - non ha nulla da invidiare agli innamoramenti adulti. Tale "cotte" possono prendere tanto da occupare in continuazione la mente e, in particolare, la fantasia. Sono grosse emozioni, che possono durare anche solo un giorno o qualche ora (ma non è infrequente che durino ben più a lungo), e che comunque sono vissute intensamente. Spesso la "cotta" non viene verbalizzata, comunicata, neppure alla persona "amata". Altre volte si esprime con frasi vaghe. Sono sensazioni di "amore infinito" che rimangono spesso dentro a se stessi. Si pensa con adorazione alla persona amata, la si vede nell'immaginazione con le caratteristiche che la stessa immaginazione crea o ingrandisce. Ma, nella realtà, non esiste un vero e continuativo rapporto. Forse quando esiste un avvicinamento reale e soprattutto quando, vincendo con coraggio la timidezza e le difficoltà a comunicare con quell'essere "straordinario", ci si mette in contatto e si cerca una vera relazione, l'entusiasmo decresce e la "cotta" sovente svanisce... Dice Mantovani: "Il flirt si rivela un ottimo punto di partenza per incominciare a pensare alle persone non come ad inflessibili programmatori, più o meno affetti da pregiudizi e limitazioni varie, ma come ad agenti ben equipaggiati per affrontare un mondo, sociale e fisico, sconosciuto, equivoco, imprevedibile e per certi versi pericoloso". E il suddetto autore sta parlando per gli adulti... Figuriamoci dunque se tutto ciò non è lecito, e anzi utilissimo, per dei bambini che stanno scoprendo faticosamente il mondo. Dunque anche l'"amore" fra due bambini (sia nella dimensione più intima della sensazione inespressa e della fantasia, che in quella dei comportamenti da "flirt") è da considerare pienamente sano e finalizzato alla crescita. E' quindi da riconoscere e da rispettare: guai alle crudeli "prese in giro" a cui siamo sovente tentati dall'alto della nostra "statura" di adulti! Certo anche qui ci possono essere esagerazioni o fissazioni, o, peggio, come abbiamo già avvertito più sopra, degli atteggiamenti non corrispondenti all'età, ma prodotti semplicemente da un tentativo di "scimmiottamento" del mondo adulto. E anche qui dunque bisogna imparare a conoscere e distinguere...
Infine vorrei brevemente esaminare quell'infinita gamma di giochi più o meno "sessuali", a cui si è accennato nel capitolo precedente. Intendo tutti quei comportamenti che vanno dal piacere di dire "parolacce" (così gustose perché danno il senso del proibito, e aiutano a "sdemonizzare" certi tabù...), alla storielle più o meno oscene (anche se sovente non ancora ben comprese dallo stesso fanciullo, che pure le ripete!), su su fino a certi tipi di lotta (che di sportivo han ben poco) o a giochi più espliciti (come quello "al dottore", o quello di sollevare le gonne delle bimbe, ecc. ecc.) o a quelli, certo molto più rari ma meno infrequenti di quello che pensano i "grandi", che possono essere definiti come propriamente erotici. Inutile dire che, anche qui, se si evitano esagerazioni o fissazioni (e se naturalmente si resta all’interno delle regola di buona creanza...), essi esprimono semplicemente il bisogno di conoscere, esplorare, sperimentare che il fanciullo ha in tutti i campi, e in modo particolarmente forte in quello sessuale. Dunque niente di preoccupante, anzi. Concludono Master e Johnson a questo riguardo (e in modo persin troppo prudente...) che "in assenza di un comportamento aggressivo e coercitivo, è difficile che esperienze sporadiche di sessualità infantile siano anormali. E le reazioni preoccupate e punitive dei genitori non sono affatto utili. Per aiutare il bambino a crescere sano da un punto di vista psicosessuale, è meglio avere un atteggiamento realistico". "I giochi sessuali sono nella normalità della crescita e della scoperta della vita, e non hanno niente a che fare con l'educazione sessuale impartita come materia scolastica. Una materia non sostituirebbe l'esplorazione e l'esibizione, e non sarebbe in nessun modo un'alternativa".
Ricordiamo poi che "è il gioco che è l'universale e che appartiene alla sanità" (Winnicot) e che il bambino può davvero fare "tutto col gioco":
- conosce sé, l'altro, il mondo;
- apprende sia fisicamente che intellettualmente;
- crea;
- comunica e socializza (cfr. l'apprendimento della necessaria esistenza delle "regole" secondo Piaget).
Il gioco, inoltre, può anche diventare il "luogo d'incontro" con l'adulto e quindi la chiave dell'interpretazione di una positiva relazione adulto-bambino che investe tutta la vasta gamma delle situazioni educative. Ma solo se l'adulto sa ancora giocare.... (cfr. il tema del film "Hook" e ancor prima la stessa favola di Peter Pan!). Tutto ciò è valido per ogni aspetto della vita del bambino, e sovente non abbiamo paura di concedergli di giocare anche a cose "negative" (naturalmente entro i limiti del buon senso e della sicurezza), pensando che, se le prova per gioco, potrà poi essere più capace di superarle nella realtà più avanti. Questo in modo particolare è l'argomento che si porta in sostegno, quando si vuole difendere il diritto del bambino a "giocare alla guerra" per scaricare così la sua aggressività. E perché tutto questo non si dovrebbe applicare anche all'amore e alla sessualità?
In ogni età comunque bisogna aiutare il bambino a superare quelli che precedentemente abbiamo chiamato i veri "demoni", perché distruttori di autentico rapporto, e cioè le tentazioni della GOLA, cioè dell'eccesso di piacere ricercato come fine a se stesso, e della VIOLENZA (anche solo psicologica), cioè dello sfruttamento forzato dell'altro per sé, senza tener conto dei suoi desideri e delle sue esigenze, ma anzi imponendogli le nostre. E la violenza può essere presente, anche se spesso inconsapevolmente, in qualsiasi età, comprese le più giovani, e particolarmente proprio nella sfera sessuale. Perciò bisogna educare subito il bambino, fin dalla più tenera età, a comprendere che non può e non deve mai "rubare" a forza un piacere da un'altra persona e, a sua volta, deve saper reagire prontamente quando qualcuno vuol fare altrettanto su di lui.
D’altra parte, per diventare capaci di superare le tentazioni della gola e della violenza, è certamente necessario (come abbiamo affermato in altro luogo) essere educati fin dalla più tenera età ad una capacità crescente di AUTODOMINIO, diventando ogni giorno più padroni di sé e non dominati e "sballottati" dal sentimento e dalle pulsioni ma sempre maggiormente in grado di "donare". Bisogna, in altri termini, educare il bambino anche al "SACRIFICIO" e cioè:
+ all'allenamento "atletico" dei desideri (mortificazione), per essere padrone di sé e potersi donare;
+ ad abituarsi alla "solitudine" (con Dio...) per non "dover dipendere", asservendo l'altro a sé;
+ all'"attesa" (non "tutto e subito"), per non sciupare le cose usandole in tempi e modi sbagliati.
Questo però, lo ripetiamo ancora una volta, ricordandoci che il bambino non è capace all'inizio di tutto ciò, e quindi riconoscendo e rispettando gli ormai "famosi" stadi di crescita.
3 - Per una educazione "positiva" alla sessualità
a) Una vera educazione della sessualità passa innanzitutto nella riscoperta serena, positiva ed equilibrata della propria CORPOREITA'.
Innanzitutto bisogna educare il bambino a STIMARE, AMARE, CURARE E SVILUPPARE IL PROPRIO CORPO. Questo si ottiene:
- trattando il bambino, di qualsiasi età, con un intenso, affettuoso e caldo contatto corporeo con noi, e via via con gli altri, condizione indispensabile per una comunicazione profonda, non solo verbale;
- trasmettendo al bambino un'immagine positiva e bella sia del nostro corpo che, in particolare, del suo, superando ogni tabù o falso pudore (ma anche comunicandogli un profondo rispetto per il suo e l'altrui corpo), educandolo e lodandolo per la pulizia e la cura per la salute (ma anche per il gusto "estetico") del proprio fisico, spingendolo a sviluppare il più possibile le sue doti fisiche (da quelle atletiche a quelle sensoriali): il bambino deve sentirsi bene dentro il suo corpo.
Bisogna però anche educarlo ad EVITARE UN CULTO ECCESSIVO, quasi "idolatrico" per il proprio corpo, così frequente oggi, ricordandogli che il corpo è solo una parte di noi stessi e che quindi deve essere a servizio di tutta la persona e non il suo padrone. Per far ciò bisogna aiutare il bambino a:
- accettare i limiti fisici del proprio corpo (compresi quelli estetici e quelli portati dalla malattie o dagli handicap), capendo che tutto ciò non gli impedirà di realizzarsi pienamente come persona;
- "gestire il piacere": che, come abbiam già detto, alla pari di ogni aspetto istintuale, deve essere educato, non semplicemente represso. Nella battaglia contro la "gola", il bambino deve essere educato a non voler soddisfare ogni suo "bisogno" o desiderio, e noi dobbiamo esser quindi capaci a dirgli anche dei NO, al di là dei suoi capricci e pianti....
- sopportare il dolore e la fatica, certo cercando di evitarli e combatterli, ma anche sapendoli vivere senza tragedie come esperienze che fanno comunque crescere (come dice la psicologa Melania Klein), che aiutano a superarsi e a diventare quindi maggiormente capaci di dono e che, infine, per il cristiano hanno anche un immenso significato in unione con Gesù crocifisso.
b) Bisogna lavorare seriamente per FAR SUPERARE AL BAMBINO I TABU' E LE PAURE PIU' O MENO INCONSCE, LE TIMIDEZZE E I "FALSI" PUDORI NON GIUSTIFICATI.
Per riuscire a far ciò coi bambini, è naturalmente necessario che noi stessi, adulti, abbiamo individuato e ben conosciuto i "nostri" tabù, le nostre paure... Anche se poi non fossimo sempre riusciti a superarli completamente (e nessuno riuscirà mai in pieno...), l'averli però ben chiari davanti agli occhi ci permetterà quanto meno di non "trasmetterli", più o meno coscientemente, ai nostri fanciulli, evitando di "colorare" il loro mondo coi nostri problemi.
Ricordiamo in modo particolare che molti tabù dei bambini nascono dall'essersi formati delle "visioni parziali" della realtà sessuale: pensiamo per esempio all'impressione di violenza e "ribrezzo" che un bimbo può ricevere davanti a certe scene di film o televisione che rappresentano in modo solo "fisico" l'atto sessuale (o addirittura davanti alle figure di giornaletti pornografici, che, molto più sovente di quanto pensiamo, possono circolare, almeno in modo occasionale, tra le mani dei nostri bimbi). Bisogna che queste impressioni, queste "visioni parziali" vengano fuori e siano con noi esplicitamente ridiscusse, in modo da inserire tali "dati" in una visione armonica e serena, complessiva dell'amore, facendo subito capire che l'uso negativo di certe parti e funzioni non ne cancella la bellezza e sanità di fondo (come una mano non diventa "macchina" meno meravigliosa in sé, se io la uso per dare un pugno invece di una carezza...).
Un altro fattore che può istintivamente suscitare nel bambino un certo senso di "schifo" per la sessualità, è quello che gli organi genitali sono "collocati" (e in gran parte associati) alle funzioni escretorie, che già di natura loro suscitano, giustamente, una sensazione di "rigetto" per il loro prodotto che deve essere eliminato, ma che, nella nostra cultura troppo igienistica, hanno assunto in questo senso una valenza certamente troppo negativa. Non dimentichiamo che un passaggio da uno stadio al seguente nella sessualità del bambino piccolo (da quello "anale" a quello "genitale") avviene proprio attraverso la repressione che si attua delle funzioni escretorie in vista della necessaria acquisizione del loro controllo: repressione che però sovente può essere attuata in modo troppo brusco ed eccessivo, provocando tutta una serie di disturbi, anche propriamente nevrotici. Dunque è necessario ricuperare anche la serenità verso l'aspetto escretorio del nostro corpo, risottolineandone la naturalezza e la spontaneità (nel superamento appunto di stupidi "pudori"), qualità che sono perfettamente compossibili anche con la necessaria igiene e riservatezza. In ogni caso non è difficile far comprendere poco per volta al bambino che la funzione sessuale è di molto superiore nel significato, e quindi nella "dignità" che le aspetta, a quella escretoria, a cui pure è anatomicamente e fisiologicamente così legata, proprio come capita per molti altri organi deputati a diverse funzioni (la bocca serve per parlare e baciare, così come per masticare e sputare...).
Riguardo al superamento dei "tabù", bisogna però anche evitare uno sbaglio "in eccesso". Come ripeteremo più avanti riguardo all'informazione sessuale, il bambino, a qualsiasi età, può, di per sé, conoscere (e vedere) veramente "tutto", nel senso cioè che non deve recepire la sensazione che alcuni argomenti (o anche solo alcune parti di essi) gli vengano nascosti, perché a lui proibiti. Bisogna però anche trovare il modo per fargli capire che questo mondo affettivo-sessuale, proprio per la sua bellezza e grandezza, coinvolge così tanto la persona da richiedere una vera e propria "riservatezza": riservatezza che noi gli assicuriamo nelle sue cose personali, sia fisiche che psicologiche (ad esempio, se lo richiede, nella toilette, e certamente nei suoi "segreti amorosi"), e che quindi gli chiediamo con serenità, ma anche in modo chiaro e senza deroghe nei nostri riguardi (dell'amore fra papà e mamma possiamo parlarne a lungo e senza paure, ma è giusto però che queste siano "cose loro", in cui egli accetta di "non andare a ficcare il naso"...). Perché la sessualità conservi tutto il suo "fascino", e quindi sia fonte di "desiderio", non bisogna che tutto sia "appiattito" banalmente perché messo "in piazza": la sessualità personale è e deve rimanere un "segreto personale" comunicabile solo a certe condizioni e a certe persone nella piena libertà. Ma il "segreto" deve essere affermato, nell'educazione, a questo livello, non a quello della conoscenza teorica delle cose....
c) In modo particolare, nel far superare al bambino le timidezze e i "falsi" pudori non giustificati, bisogna fargli capire che anche la nudità propria e altrui può essere una manifestazione assolutamente serena e sana, purché attuata nei tempi, nei modi e negli ambienti giusti.
Come abbiamo già detto, il PUDORE., in quanto vera virtù non è di per sé legato alla quantità di vestito che si ha addosso, ma è il profondo rispetto, nel cuore e nei gesti, del proprio corpo e di quello degli altri (il bimbo piccolo infatti, che è ancora naturalmente "pulito", non ha problemi e non ne crea...). In questo senso dunque il pudore non ha nulla a che vedere con una certa "sensazione di disagio", se non addirittura di vergogna e paura, frutto molte volte di paure e tabù verso la propria corporeità e, in particolare, verso la sessualità.
A conferma di ciò sottolineiamo come sia facile rilevare che i bambini che dimostrano più "pudore" (ma sarebbe meglio dire esplicitamente "più vergogna") sono sovente quelli più smaliziati, e anzi proprio già più maliziosi. Infatti abbiamo spesso rilevato nei bambini un fenomeno solo apparentemente strano: quando, nei campi di vacanze o durante giochi e attività sportive, è richiesto di spogliarsi insieme agli altri, quelli che sovente fanno più storie e mostrano maggiore vergogna non sono di solito i bimbi più moralmente delicati (che normalmente restano del tutto spontanei), ma invece proprio quelli che manifestano già nel resto del loro comportamento una maggiore malizia.
Nello stesso tipo di ambiente abbiamo anche notato che i bambini reagiscono con "pudore" nelle occasioni che socialmente sono più codificate come richiamanti il tabù sessuale (lo svestirsi per andare a letto, i servizi igienici, la doccia...), mentre possono talvolta neppure accorgersi di essersi spogliati, e perciò restare con tranquillità anche praticamente nudi, se la cosa è avvenuta in un contesto completamente nuovo, durante il quale non c'è stato da parte di nessuno neppure un minimo richiamo implicito a tale tabù: ad esempio giochi vari (come gare coi vestiti e altri) dove l'attenzione è concentrata su aspetti del tutto estranei alla situazione di nudità in sé, anche se di fatto la procurano.
Viceversa il bambino può manifestare talvolta improvvisi disagi in situazioni che proprio non li giustificano. Vediamo così che sia il maschietto, che più sovente - com'è ovvio, data la nostra educazione... - la femminuccia nei riguardi del papà e dei fratelli, mentre fino a poco tempo prima gironzolavano nudi per casa anche per ore, dimostrando di provare così un senso di libertà e benessere; iniziano improvvisamente, ad un certo momento, a chiudere drasticamente la porta andando ai servizi e cercano di fare la doccia da soli, mal sopportando la vista degli stessi familiari.
Insomma si può dire (riportando quanto scritto alle pagg. 55 e segg.) che il pudore sembra nascere (e particolarmente intorno ai 5 anni) dalla maggior consapevolezza della propria sessualità legata alla paura di essa, frutto a sua volta della repressione educativa e quindi del timore di essere guardati con disapprovazione dagli adulti. Come nel testo biblico per la prima coppia dopo la rottura dell'armonia primordiale della natura avvenuta con la ribellione a Dio, i bambini, che si sentono colpevolizzati riguardo alla loro sessualità e percepiscono l'ostilità su questo versante da parte del mondo adulto, "si accorgono di essere nudi, ne hanno paura e si nascondono" (cfr. Gen 3, 7-10). Dunque, molto prima che di morale, è una questione di "immagine", o meglio di armonia fra l'immagine di sé che il bimbo ha dentro‚ e quella che riceve dagli altri. Quando si riesce a ricreare un ambiente sanamente spontaneo e, per quanto possibile, libero da tabù., ma soprattutto dove il bambino non si sente "guardato con giudizio", certi pudori svaniscono ed egli riscopre sovente la gioia di rimanere a corpo libero anche in compagnia.
Il problema comunque non è banale come potrebbe sembrare. L'esposizione nuda del corpo (anche assolutamente al di là di fenomeni patologici di esibizionismo o di voyeurismo) presenta molti aspetti su cui riflettere.
"Il corpo umano, per quanto venga esposto alla curiosità del bambino, non cessa mai di essere qualcosa di estremamente affascinante ed eccitante". "Il nudo non è né indifferente né innocente... In senso positivo, le riserve dell'etica cristiana verso l'esibizione del corpo nudo dipendono dalla concezione che vede nel corpo l'espressione della persona. La nudità è perciò riservata ai momenti di particolare intensità, in cui la persona si lascia 'conoscere' nell'abbandono amoroso". "La sola norma perenne e determinante sembra essere il rispetto... Non è quindi questione di stabilire solo situazioni giuridiche né di determinare dei 'limiti di pelle', ma di stabilire delle armonie interiori... Tuttavia la fondamentale innocenza della nudità non significa la fondamentale innocenza dell'uomo che, del nudo come di altre situazioni, può usare con ingorda sfrenatezza, senza quel rispetto dell'altro e della sua più gelosa intimità in cui consiste, appunto, il pudore".
Alla luce delle cose esposte, ci paiono perciò equilibrate le conclusioni pedagogiche di Bernardi:
"Esiste ancora un piccola problema da discutere: è un bene o un male permettere a un bambino la visione del corpo umano nudo?... Il nascondere le parti 'vergognose' di se stessi è senza dubbio un male. Anzi è ridicolo. Il fare così significa in sostanza dire al bambino: questi e questi organi sono brutti, sporchi, cattivi, e in fondo sarebbe meglio non averli. Significa in altri termini presentargli il sesso come un male. Come qualcosa di indesiderabile... [Tuttavia] il corpo umano per quanto venga esposto alla curiosità del bambino, non cessa mai di essere qualcosa di estremamente affascinante ed eccitante... Questo tipo di eccitazione non ha in sé proprio nulla di condannabile né di pericoloso, sempre che i genitori si comportino in modo spontaneo e NON VOLUTAMENTE ESIBIZIONISTICO, e che la loro nudità sia un fatto casuale e non programmato. Ritengo quindi che la questione del nudismo familiare non rappresenti un vero problema: che il bambino veda nudi fratellini e sorelline è spesso un bene; che veda nudi i genitori è abbastanza indifferente, a patto che i genitori stessi, con loro imbarazzo, non diano al figlio la sensazione di fare qualcosa di strano e di ambiguo".
Ripetiamo dunque che l'ideale educativo - che concretizza questa visione serena ma non banalizzata della nudità - non consiste perciò nel reprimere il bambino tutte le volte che assume atteggiamenti troppo "liberi", ma invece nell'abituarlo a godere di una sana spontaneità senza paure in tutti gli ambienti che la permettono (casa e simili) e con tutte le persone che hanno un rapporto positivo con lui, facendogli anche capire che il coprirsi nelle altre occasioni è semplicemente una forma di rispetto per sé e per gli altri (dello stesso tipo - ma ovviamente con una profondità di significato molto più grande - di quello per cui non si deve mettere le dita nel naso in pubblico...).
d) Per ottenere questa "liberazione" è indispensabile parlare col bambino e portarlo ad esprimersi con libertà (anche se all'inizio, nell'euforia della "liberazione", potrà assumere atteggiamenti o espressioni eccessive, da correggere poi susseguentemente).
In questo senso è di massima importanza L'INFORMAZIONE SESSUALE, che dev'essere continua e mai data come già avvenuta e scontata, poiché il bambino ha bisogno di sentirsi ripetere successivamente le cose, secondo cerchi concentrici sempre più ampi e approfonditi, sia per "rassicurarsi" delle verità già sentite che per "assumerle nuovamente" con una comprensione più profonda.
E’ necessario affrontare tutte le curiosità del bambino e rispondere sempre a tutte le domande a qualsiasi età, con chiarezza e senza alcuna reticenza (che, come detto, farebbe pensare al bambino che certi argomenti siano tabù, e cioè riguardino argomenti di per sé "sporchi", idea questa assolutamente contraria ad una visione equilibrata della sessualità). Non c'è nessun argomento che il bambino anche più piccolo non deve conoscere, neppure quelli "negativi" (ad esempio le domande che possono nascere sulla prostituzione o alla vista di pubblicazioni pornografiche...). Anche in questo caso bisogna affrontare serenamente il discorso ed è una splendida occasione per incominciare a far capire al nostro bimbo o ragazzo che non deve credere che sia giusto tutto quello che gli viene presentato dai compagni o dai mass-media: ecco l'inizio di una autentica educazione agli ideali cristiani, in controcorrente a ciò che il mondo oggi trasmette! Nulla dunque dev’essere artificialmente nascosto al bambino, anche se deve naturalmente essere affrontato col linguaggio e con la profondità adeguati all'età (come facciamo per qualsiasi altro argomento), ma è meglio in questo caso sbagliare un po' per eccesso che per difetto: al massimo non capirà a fondo e prima o poi ci richiederà.
E se il bambino non ci fa mai domande..., bisogna preoccuparsi di farle uscire! Infatti è impossibile che egli non si ponga certe questioni. Se non chiede, è perché ha già ricevuto risposte sbagliate da altri o si è già fatto l'idea che noi non vogliamo rispondere... Dobbiamo portarlo noi a porle, stimolando la sua curiosità o, molto più semplicemente (e probabilmente!), a riuscire ad avere il coraggio di "tirar fuori" tutti dubbi e i perché che conserva nascosti al fondo di sé. Ricordiamo ancora che il bambino, a tutte le età, possiede certamente già un certo qual bagaglio di nozioni (proveniente dalle fonti più diverse e sovente "distorte"), ma sovente in modo molto confuso e contraddittorio, con un misto sorprendente di realtà e fantasticheria. E' necessario aiutarlo continuamente a confrontare queste sue nozioni e a risistemarle, completandole ed armonizzandole.
Questo discorso non esclude, anzi richiede, l'uso di fiabe e di espressioni poetiche, purché esprimano veramente la realtà senza mascherarla. Crediamo però che possa ancora esser utile la "colorazione" di tutte le realtà affettivo-sessuali con favole e fantasie, purché non siano "ingannatorie": non pretendano cioè di sostituire la verità. Il cavolo e la cicogna (come Babbo Natale) possono forse essere recuperati come "linguaggio poetico", che tanto piace al bimbo, ma nella sua consapevolezza (che nasce dalla chiarezza dei nostri discorsi) che "rappresentano" solo e NON sono la realtà che egli già ben conosce altrimenti, e che è fatta di utero e spermatozoi... Poesia e realtà non sono affatto incompatibili, anzi. Morali-Daninos afferma che "se dovessimo far l'amore senza più miti e fiabe, senza poesie né canzoni, senza dipinti né statue, senza profumi, regali, auguri, senza viaggi e senza tenerezza, senza litigi e senza perdoni, allora saremmo pronti per mettere la parola 'fine' alla storia dell'homo sapiens sul pianeta terra".
e) Perché il bambino possa veramente aprirsi in tutte le sue problematiche, bisogna che non si senta mai giudicato, e tantomeno represso, dall'adulto. Una sana ed equilibrata valutazione del comportamento del bambino che sa accettare serenamente le tappe intermedie senza forzature repressive, richiede ovviamente un grande equilibrio non solo di giudizio ma anche emotivo da parte dell'educatore, che non deve aver "lasciato in sospeso" nessuna problematica della sua infanzia.
Superando i "nostri" tabù, dobbiamo anzi desiderare e favorire che il bambino faccia tutte le esperienze positive possibili (senza neppur pretendere di riuscire ad evitargli tutte quelle negative...) purché proporzionate alla sua età. Tanto per cominciare, possiamo certo valorizzare (e anche cercar proprio di "creare") tutte le occasioni che si possono "naturalmente" presentare nella vita normale del bambino: pensiamo allo spogliarsi e vestirsi, al bagno, alle mille occasioni di giochi corporei (come la lotta e simili), al garantirgli un sereno e libero ambiente di "mixité" e cioè di compresenza (in tutti i momenti, anche più "intimi") di bambini del proprio e dell'altrui sesso, prendendo spunto soprattutto da situazioni particolari, come una bella vacanza al mare...
Se abbiamo questo atteggiamento, il bambino sentirà la possibilità di farci conoscere la sua realtà e noi potremo aiutarlo a crescere, compreso il fatto di aiutarlo a rimanere nella sua giusta dimensione, evitandogli ricercare esperienze superiori a lui, a cui - come abbiamo già rilevato - è facilmente tentato a modo di "scimmiottamento" del mondo adulto.
Anche nel campo affettivo-sessuale dunque, come facciamo in tutti gli altri campi, e come abbiam già detto per l'aspetto di informazione, bisogna aver il coraggio di stimolare la crescita del bambino anche nelle sue esperienze concrete riguardo l'affettività e l'esercizio della sua sessualità, favorendone la spontaneità e rispettandone sempre la libertà (anche di rispondere o no ai nostri stimoli educativi e di stabilire fino a che punto arrivare).
Bisogna superare una visione contraddittoria per cui il bambino, mentre in pratica per tutti gli altri campi, pur sapendo di essere molto meno capace dei "grandi", si sente da loro stimolato a provare e a crescere ogni giorno; in questo invece gli viene addirittura interdetto ogni tipo di esperienza fino all'età adulta: insomma il sesso è una cosa per soli "grandi" e a lui non resta che aspettare, differendo ogni desiderio e pulsione! Infatti in tutti gli altri campi, nessuno escluso, noi non ci accontentiamo di prendere atto delle successive scoperte e delle acquisizioni che il bambino fa spontaneamente, ma lo stimoliamo a scoprire cose nuove e a provare nuove esperienze, sempre un po' più avanzate. Pensiamo ad esempio nel campo cognitivo e dell'apprendimento. Se poi scopriamo che un bambino è particolarmente "pigro" e fermo nel suo cammino, ci preoccupiamo giustamente e lo stimolo ad andare avanti aumenta (e qui pensiamo in modo particolare, ad esempio, all'educazione motoria e manuale e all'abilità di scrivere, disegnare, ecc.). Perché questo non avviene anche nel campo affettivo-sessuale?
Sovente l'obiezione avanzata da genitori ed educatori, che nasconde una certa soddisfazione nel rilevare quella supposta "angelicazione" del bambino (di cui e delle cui cause sopra abbiamo ampiamente parlato), è quella che "il LORO bambino non mostra di avere alcun problema, e che quindi non ci sembra proprio il caso di suscitargliene noi".
Da quanto abbiamo esposto, possiamo invece concludere che è impossibile che un qualsiasi bambino non abbia dei problemi affettivi e sessuali, a meno che non sia più o meno gravemente "ritardato" (ma in questo caso dovrebbe comunque manifestare problemi propri di età precedenti) o, caso più probabile, che, essendo già più o meno ampiamente represso, non abbia imparato a nascondere a noi (e magari anche a se stesso) tali problemi: la cosiddetta e per noi ormai "famosa" latitanza... In ogni modo, proprio se il bambino non manifesta problemi, dobbiamo preoccuparcene e stimolarlo in maniera che riconosca e affronti tutte le realtà adeguate alla sua età, anche appunto specificatamente nel campo affettivo-sessuale.
Abbiamo già parlato dell'aspetto dell'"informazione", che ci pare, tutto sommato, quello che può diventare il più scontato e sereno. Ma è necessario stimolare il bambino anche nei comportamenti, cioè nelle sue esperienze concrete riguardo l’affettività e l'esercizio della sua sessualità? La prima risposta che ci viene da dare è: PERCHE' NO?, dal momento che questo viene fatto in tutti gli altri campi.
Ma che cosa vuol dire ciò concretamente? Forse che dobbiamo stimolare direttamente il bambino alla scoperta e all'uso della sua sessualità attraverso esplicite proposte (sia pure più o meno dirette...) di giochi "erotici", ecc...? Detta così, la cosa lascia certamente perplessi. Anche e soprattutto perché possiamo rischiare davvero di "forzare la mano" e portare il bambino ad esperienze non ancora adeguate alla sua età, fino a giungere noi stessi addirittura a condurlo a quelle forme di "scimmiottamento" degli adulti, che prima abbiamo condannato
Dobbiamo riconoscere che, su questo punto, il problema rimane ancor molto aperto. Infatti, non avendo finora sufficientemente ri-conosciuta, e quindi conosciuta, la realtà "normale" della sessualità infantile nei vari passaggi, ci troviamo "spiazzati" nel capire "fino a che punto" dobbiamo stimolare.
Ribadiamo però almeno la convinzione che dobbiamo porci il problema che anche in questo campo è necessario lo stimolo educativo, fissando come parametri generali quelli di:
- favorire, ma anche rispettare, la spontaneità del bambino;
- e cioè fare in modo che, ai nostri stimoli, egli possa sempre rispondere con la massima libertà, sia nell’accettarli che nel rifiutarli, e comunque nel "fermarsi" quando e come vuole;
- e quindi, anche anche quando si "provoca" una sua risposta, lasciare sempre a lui l'iniziativa di essa.
f) Perché, anche in questo campo, l'educazione non sia solo una fredda istruzione o un "addestramento", ma sia veramente un rapporto VITALE, bisogna che l'adulto si lasci pienamente coinvolgere nella dimensione affettivo-sessuale col bambino, non avendo paura di tutte quelle manifestazioni fisiche (anche più intense) che possono rientrare in quel genere "soft" di cui abbiamo parlato. Perché però questo rapporto sia veramente sano, eviti cioè ogni forma di morbosità e di violenza (anche solo psicologica, sempre e così tanto possibile qui come in tutti i campi educativi), bisogna:
- che l'adulto sia ben consapevole delle sue personali problematiche affettivo-sessuali e le sappia gestire con equilibrio, senza proiettarle anche inconsciamente sul bambino; e sappia quindi anche riconoscere i suoi limiti soggettivi, evitando ogni tipo di atteggiamento che rechi a lui personalmente del disagio, che verrebbe comunque comunicato al bambino stesso;
- che sappia riconoscere e quindi impari a conoscere molto bene l'affettività e la sessualità dei bambini (specialmente di quelli di sesso diverso dal suo);
- che esamini in continuazione il rapporto affettivo che ha col bambino, perché esso non rischi mai di diventare un attaccamento in qualche modo "compensatorio" o comunque finalizzato all'adulto invece che al bambino stesso;
- che sappia sempre riconoscere e controllare l'emotività che il bambino ha in questo campo, sovente non proporzionata all'intensità oggettiva del fatto, ma legata ad un'interiorità molto più complessa;
- che, anche nel rapporto verso di lui adulto, educhi il bambino a vincere ogni forma di "gola" e di "violenza" e ad accettare, progressivamente con l'età, l'idea che ogni tipo di rapporto deve essere regolato da un'effettiva e quanto più completa reciprocità.
g) Sulla base di tutte le cose dette, potremo allora educare gradualmente il bambino ORIENTANDOLO POSITIVAMENTE E DECISAMENTE CON TUTTI I MEZZI EDUCATIVI (compresi naturalmente richiami, rimproveri e anche castighi, quando necessari..., ma sempre tenendo presente il modello del "progetto" e il puntare sui valori prima che sull'esecuzione più o meno immediata di comportamenti concreti).
A questo riguardo, ricordiamo che è ancor sempre valida (con tutte le revisioni critiche necessarie) la visione di Freud che individua nel bambino piccolo un "perverso polimorfo". L'aggettivo "perverso" non ha qui naturalmente nessun significato morale, ma, assunto in modo un po' provocatorio, indica che il bambino piccolo ha in sé, più o meno latenti, tutte le tendenze possibili nell'uso della sua sessualità, anche le più anomale. Tali tendenze vengono via via superate e dimensionate, finalizzandone all'orientamento definitivo, e sempre più preponderante, della propria sessualità verso un "modello" comportamentale che, nella visione di uomo integrale, sia non solo il più appagante, ma soprattutto quello veramente più in grado di "realizzare" in pienezza tutta la persona in una profonda relazionalità con l'"altro". E questo modello rimane certamente quello della coppia eterosessuale (anche se, come vedremo più avanti, non in modo assolutamente esclusivo di qualsiasi altro tipo di rapporto).
Il cammino verso questo orientamento definitivo avviene certamente attraverso l'opera costante dell'educazione, che è fatta anche di correzione, e di proposte meno istintivamente "piacevoli". Riprendendo alcuni concetti più sopra esposti, bisogna ad esempio educare progressivamente il bambino:
- all'attesa: il "tutto e subito", nell'appagamento immediato e continuo dei propri istinti e desideri, non porta certamente alla costruzione di un uomo veramente ed armonicamente realizzato e capace di autentici rapporti! In questo senso (e certo non solo nel campo affettivo-sessuale) non bisogna essere delle "macchine distributrici" di appagamento davanti ad ogni richiesta e capriccio del bambino. Bisogna anche sapere dire, e con fermezza, dei NO;
- alla capacità (e anche al gusto) della solitudine, intesa ovviamente non come ideale globale e totalizzante della vita (!), ma piuttosto come un autentico "momento" di essa che, oltre a farci conoscere e "gustare" meglio noi stessi, ci rende capaci a non dipendere per forza e sempre dagli altri. Solo "sapendocela cavare da soli" ("sapendo remare da soli la propria canoa" come diceva Baden Powell, il fondatore dello Scoutismo), non saremo costretti a sfruttare continuamente gli altri come strumenti per il nostro tornaconto, e anzi diventare a nostra volta capaci di donare "gratuitamente" qualcosa a loro;
- al sacrificio: scegliere vuol dire comunque "rinunciare" all'altra possibilità alternativa a quella preferita. E l'amore è sempre una scelta, libera ma anche ben definita. E, nella misura in cui è dono, è "sacrificarsi" per il bene dell'altro... Ed è dunque anche necessario insegnare un po' di "ascetica" nell'imparare a saper dire dei NO anche a se stessi per "allenarsi" e non diventare schiavi degli istinti. Alcuni "no" liberi, anche per cose di per sé lecite, ci rendono in grado di saper dire i necessari "no" alle cose sbagliate quando si presenteranno al nostro desiderio...
Tutto ciò ci rende anche capaci di alcuni preziosi atteggiamenti, che avevamo precedentemente identificati: il desiderio, il saper far silenzio, l’ascolto, l’accoglienza. E solo così, infine, scopriremo la gioia della reciprocità, che, come abbiam detto, è il punto di arrivo di ogni vero amore.
Ricordiamo però ancora una volta che l’orientamento educativo, di cui stiamo parlando, deve avvenire sempre in un clima di amore, con affetto e con la già detta "pazienza educativa" (che è fatta anche di "misericordia" e perdono ed è antitetica al creare paurosi "sensi di colpa"). E che infine, come più volte ripetuto, avviene più attraverso i fatti e le esperienze, che le parole e i grandi discorsi.
Continua...