Pami231 ha scritto:Mi sono obbligata a non soffrire, o perlomeno a farlo di nascosto.
E così sono arrivati gli attacchi di panico.
Il primo a undici anni. Non respiravo. Avevo un fortissimo dolore al petto. Mi tenevo la testa con le mani perché sentivo che stava per esplodere. Letteralmente.
Da quel che racconti, i tuoi sintomi fisici e nervosi sembrano provenire dal fatto che hai represso e tenuto dentro quello che sentivi.
Ciò porta ad un aumento della "pressione" interna, fino a che sembra che qualcosa debba scoppiare, e può manifestarsi nei modi che hai descritto.
La "liberazione" in quei casi avviene quando lasci uscire quello che senti, lo accogli e lo esprimi. Così quella pressione si attenua.
Cosa che ovviamente mia madre non ha fatto perché "mia figlia non è matta"..
Uno stigma da XIX secolo... ma che purtroppo è ancora diffuso in Italia.
Tutto questo per dirti... I lutti vanno affrontati.
Vero, ma... soprattutto le nostre emozioni vanno riconosciute ed accolte. Solo così potremo farci amicizia e integrarle.
Altrimenti ci saboteranno.
Perché la mente è bastarda e pur di farsi notare "inventa" problemi fisici dove in realtà non ce ne sono..
In realtà in questi casi i sintomi sono
segnali che qualcosa non va a livello psichico / emotivo.
Non si tratta di ipocondria (malattie immaginarie), ma del modo in cui il corpo manifesta la sofferenza interna. Come la spia che si accende sul cruscotto quando il motore dell'auto ha qualcosa che non va.
Un po' come quando non diciamo quello che vorremmo tanto dire... e ci viene spesso mal di gola: l'energia si blocca in quel punto (comunicazione), ed il corpo somatizza la tensione.
Il corpo ci parla. Purtroppo spesso non capiamo quel che vuole dirci, oppure cerchiamo di ignorarlo o farlo "stare zitto" distraendoci o ricorrendo a sistemi per "anestetizzarlo" (farmaci, alcol, droghe, iperattività, ecc.).