COS'E' UNA FOBIA
La paura eccessiva, immotivata, sproporzionata e persistente, legata ad un oggetto, situazione o funzione specifici.
Il timore di certi oggetti, animali o situazioni è un fenomeno comune che solo raramente raggiunge gravità tale da poter essere definita fobia.
Per fobia si intende una paura irrazionale e persistente, sproporzionata rispetto allo stimolo e legata all’esposizione ad un oggetto, animale o situazione specifici.
La prevalenza lifetime varia tra il 5 ed il 12 % a seconda degli studi considerati. L’esordio si ha in genere nella prima infanzia, periodo in cui si considerano fisiologiche ed hanno un significato adattativo; i bambini hanno di solito più fobie che scompaiono durante l’adolescenza. Il loro permanere, oltre questa età, può avere significato patologico. L’incidenza è uguale nei due sessi per le fobie dell’infanzia, mentre quelle dell’età adulta prevalgono nel sesso femminile. Le fobie specifiche, infatti, si riscontrano con una frequenza doppia nel sesso femminile rispetto a quello maschile.
Nella patogenesi delle fobie, l’aspetto evolutivo ha una un’importanza maggiore dell’aspetto interpretativo che vedeva le fobie come simbolo di conflitti edipici. L’oggetto della fobia è qualcosa che in origine era realmente pericoloso, che metteva a rischio la vita; non esistono infatti fobie nei confronti di animali che non hanno mai rappresentato un pericolo per l’uomo, né fobie di situazioni recenti o di oggetti moderni, a meno che non si ricolleghino ad altre fobie (aereo = volare; ascensore = luogo chiuso; ecc). Le fobie possono avere anche un aspetto adattativo: ad esempio lo svenimento in risposta al sanguinamento poteva essere utile in battaglia perché simulava la morte.
E’ frequente che più fobie coesistano e questo accade soprattutto nel sesso femminile.
La gravità del quadro clinico e le ripercussioni sul funzionamento dell’individuo dipendono da quanto l’oggetto della fobia, sia esso un animale, un agente atmosferico, il sangue o altre situazioni specifiche, può interferire con lo stile di vita e l’attività lavorativa del paziente.
QUADRO CLINICO
Il paziente presenta una paura persistente, spesso associata a senso di disgusto e repulsione, verso oggetti, animali o situazioni specifiche che rappresentano lo stimolo fobico. Nonostante che il paziente sia consapevole dell’assenza di un pericolo reale, in presenza dello stimolo si verificano reazioni fobiche sproporzionate che si caratterizzano per manifestazioni neurovegetative che possono raggiungere l’intensità dell’attacco di panico e che scompaiono rapidamente dopo l’allontanamento dallo stimolo. Le principali manifestazioni comportamentali sono rappresentate da reazioni di fuga, stati di blocco psicomotorio, condotte di evitamento fino a comportamenti disorganizzati.
La fobia degli animali è la più diffusa nella popolazione generale e nella maggior parte dei casi non determina una tale compromissione da condurre ad una vera e propria fobia; in genere, si considera fisiologica nell’infanzia e solo raramente persiste dopo la pubertà. L’oggetto specifico è rappresentato da animali, in ordine di frequenza, ragni, insetti, topi, uccelli, rettili, gatti/cani, rane, pipistrelli, altri animali.
La fobia di sangue-iniezioni-ferite si caratterizza per una risposta neurovegetativa peculiare caratterizzata da un iniziale aumento della frequenza cardiaca seguita da una risposta vaso-vagale che comporta bradicardia, ipotensione, pallore, nausea, sudorazione e talora lipotimia e/o sincope
Esordisce nel 44 % dei casi già all’età di 6-8 anni, nel 27 % a 9-12 anni e nel 2-3 % nell’età adulta e presenta la stessa frequenza nei due sessi. C’è una forte componente genetica, confermata da dati epidemiologici: è presente nel 68 % dei familiari di primo grado e c’è alta concordanza tra gemelli monozigoti. Non c’è né anticipazione né evitamento. A tale fobia è correlata anche la paura degli aghi (iniezioni) e del dentista.
Tra le fobie situazionali distinguiamo fobie per buio, agenti atmosferici (tuoni, temporali, vento), altezze (che risulta la più frequente nel sesso maschile senza essere comunque molto invalidante, guidare (più frequentemente dopo un incidente), volare (in realtà non è una vera fobia, è una miscela di aspetti di tipo fobico e di paura dell’ignoto).
Le fobia delle funzioni corporee riguarda in genere vomitare o tossire.
TRATTAMENTO
La terapia più efficace è la psicoterapia, in particolare le tecniche comportamentali (esposizione in vivo e in immaginazione; desensibilizzazione sistematica).
Non esiste una farmacoterapia specifica per le fobie semplici.
FOBIE SPECIFICHE
L’oggetto specifico della fobia è rappresentato prevalentemente da animali, in ordine di frequenza:
o ragni
o insetti
o topi
o uccelli
o rettili
o gatti/ cani
o rane
o pipistrelli
o altri animali
Le fobia delle funzioni corporee riguarda in genere vomitare o tossire.
Tra le fobie situazionali distinguiamo fobie per:
o buio
o tuoni
o tempeste
o vento
o altezze
o luoghi chiusi
o guidare (più frequentemente dopo un incidente)
o volare: in realtà non è una vera fobia, è una miscela di aspetti di tipo fobico e di paura dell’ignoto; è presente più frequentemente in chi già vola (23% di chi coloro che volano) e nel 10% di coloro che non volano
o sangue: esordisce nel 44% dei casi all’età di 6-8 anni, nel 27% a 9-12 anni e nel 2-3% nell’età adulta; è più frequente nel sesso femminile. È un disturbo genetico e questo è confermato da dati epidemiologici: è presente nel 68% dei familiari di primo grado e c’è concordanza tra gemelli monozigoti. Non c’è né anticipazione né evitamento; alla vista del sangue, i sintomi sono nausea e svenimento per attivazione di un riflesso vagale. A tale fobia è correlata anche la paura degli aghi (iniezioni) e del dentista.
Le caratteristiche cliniche delle fobie sono:
1. Evitamento: evitare l’oggetto fobico, ad esempio tenendo le finestre chiuse in caso di aracnofobia (paura dei ragni)
2. Ansia anticipatoria: ansia che insorge nel prevedere un possibile contatto, anche solo visivo, con l’oggetto fobico
3. Fuga di fronte alla situazione: quando il soggetto si trova ad affrontare l’oggetto o la situazione fobica ha un’intensa reazione di paura e scappa
Le fobie sono comuni nella prima infanzia, periodo in cui si considerano fisiologiche ed hanno un significato adattativo; i bambini hanno di solito più fobie che scompaiono durante l’adolescenza. Il loro permanere, oltre questa età, è indice di patologia. L’incidenza è uguale nei due sessi per le fobie dell’infanzia, mentre quelle dell’età adulta prevalgono nel sesso femminile.
Nella patogenesi delle fobie, l’aspetto evolutivo ha una un’importanza maggiore dell’aspetto interpretativo che vedeva le fobie come simbolo di conflitti edipici. L’oggetto della fobia è qualcosa che in origine era realmente pericoloso, che metteva a rischio la vita; non esistono infatti fobie nei confronti di animali che non hanno mai rappresentato un pericolo per l’uomo, né fobie di situazioni recenti o di oggetti moderni, a meno che non si ricolleghino ad altre fobie (aereo = volare; ascensore = luogo chiuso; ecc). Le fobie possono avere anche un aspetto adattativo: ad esempio lo svenimento in risposta al sanguinamento poteva essere utile in battaglia perché simulava la morte.
E’ frequente che più fobie coesistano.
Terapia
La terapia più efficace è la psicoterapia, in particolare le tecniche comportamentali (esposizione in vivo e in immaginazione; desensibilizzazione sistematica). Non esiste una farmacoterapia specifica per le fobie semplici.
La fobia sociale, breve saggio:
È una patologia caratterizzata da grave timidezza che emerge in situazioni in cui il soggetto è esposto al giudizio degli altri (es: nel caso in cui il soggetto debba parlare davanti ad altre persone non riesce a concentrarsi su quello che deve dire perché pensa a quello che sta facendo → es. sto per parlare davanti ad un gruppo, che figura farò?). Il soggetto affetto da questa condizione clinica ha paura di apparire imbarazzato, goffo, di fare una brutta figura. Tutto questo condiziona il risultato della sua prestazione: il sogg. entra in uno stato di forte ansia e fa realmente una brutta figura. Clinicamente sono presenti sintomi vasomotori quali rossore al volto, sudorazione localizzata soprattutto alle mani, tachicardia e inoltre balbuzie e tremore; si trattandosi di sintomi ben visibili aumenta la paura che gli altri si accorgano del proprio imbarazzo e si instaura un circolo vizioso. Coloro che sono affetti da questo disturbo presentano inoltre una marcata ansia anticipatoria e un comportamento evitante le situazioni che provocano ansia; talvolta si sforzano di affrontarle, cercano di essere disinvolti, ma non riuscendoci, soffrono e col tempo finiscono con l’evitarle.
Questo quadro interferisce con le attività quotidiane del soggetto.
La gravità di questo disturbo decorre con un continuum che va dalla timidezza fisiologica fino alla assoluta incapacità di avere una vita sociale.
La Fobia Sociale colpisce entrambi i sessi, soprattutto in età giovanile in cui può manifestarsi con un rendimento scolastico medio basso, mancata integrazione con i compagni (questo li rende spesso oggetto di scherno da parte dei compagni → ulteriore fattore di isolamento).
Si distinguono due forme di tale patologia:
- Fobia Sociale generalizzata: chi ne è affetto evita uno spettro molto ampio di situazioni
- Fobia Sociale specifica: è circoscritta a una determinata situazione tra le seguenti:
o parlare davanti a un gruppo di persone
o sostenere esami orali
o scrivere quando si è osservati
o mangiare in pubblico
o ballare di fronte ad estranei
o telefonare in pubblico
o usare bagni pubblici
o entrare in un ambiente quando sono già tutti seduti
o rivolgere la parola a qualcuno che non si conosce (come chiedere informazioni o un oggetto in un negozio)
Esempi:
1) un soggetto non riesce a firmare un atto perché gli tremano le mani o nel caso in cui arrivi a firmare, bagna il foglio con il sudore delle mani
2) un professore è in grado di fare lezione ma non di bere un caffè in pubblico
Entrambe le forme di Fobia Sociale sono croniche; i pazienti considerano spesso questo quadro non una malattia ma una componente del loro carattere, pertanto raramente si rivolgono al medico. Si tratta invece di disturbi che possono guarire.
Raramente la Fobia Sociale è isolata, più frequentemente si associa ad altri disturbi. Attacchi di panico, agorafobia, fobia sociale e disturbo d’ansia generalizzata sono disturbi che possono coesistere e sono caratterizzati da: elevato tasso di comorbilità (presenza nello stesso soggetto di due o più disturbi sia contemporaneamente che nel corso della vita), familiarità crociata e risposta alla stessa terapia farmacologica.
La presenza di sintomi a comune tra “attacchi di panico” “fobia sociale” e “ansia generalizzata” fa ritenere che ci sia alla base un nucleo condiviso → DISREATTIVITA’ del Sistema Nervoso Autonomo che si manifesta con modalità differenti. I sintomi della fobia sociale si differenziano da quelli degli attacchi di panico in cui prevalgono manifestazioni respiratorie e paura di morire.
Terapia
I. Farmacoterapia:
- Antidepressivi: oggi si impiegano soprattutto SSRI (molti testi riportano ancora l’uso degli IMAO, ma poiché sono farmaci poco maneggevoli nella clinica di fatto sono impiegati di rado), quali paroxetina, fluoxetina, sertralina, citalopram, fluvoxamina: con il trattamento il pz acquisisce maggior sicurezza nelle proprie capacità e riduce il senso di vergogna nelle situazioni sociali, instaurando un circolo virtuoso che spesso si mantiene anche con la sospensione della terapia.
- Beta-bloccanti: sono impiegati per affrontare le situazioni sociali ansiogene (per es. parlare in pubblico), perché riducono i sintomi dell’attivazione ansiosa (tachicardia, sudorazione, nodo alla gola) che preoccupano di più il paziente durante la sua performance.
II. Psicoterapia: spesso è necessario un supporto psicoterapico; oggi viene impiegata la terapia cognitivo-comportamentale, con tecniche di ristrutturazione cognitiva e tecniche comportamentali di esposizione in vivo.
COS'E' LA FOBIA SOCIALE
La Fobia Sociale (FS) viene attualmente (DSM-IV-TR) definita come la paura marcata e persistente di una o più situazioni sociali o prestazionali in cui l’individuo è esposto a persone non familiari o al possibile giudizio da parte degli altri, per il timore di mostrare i sintomi d’ansia o di agire in modo goffo, imbarazzante o umiliante. Il timore di apparire ridicoli di fronte agli altri è un fenomeno estremamente comune e ha un significato adattativo all’interno del gruppo, ma quando assume una pervasività tale da interferire con l’adattamento dell’individuo impedendogli un’adeguata integrazione all’interno del gruppo diviene un fenomeno patologico. La FS è una malattia che ha un esordio generalmente graduale ed è caratterizzata da un decorso cronico ed invalidante con una bassa percentuale di remissione spontanea; le due più frequenti complicanze sono la depressione secondaria e l’abuso di sostanze, a scopo autoterapeutico, tra cui alcol e BDZ.
Il disturbo è stato descritto per la prima volta da Marks and Gelder (1966) che introdussero il termine FS per indicare un sottotipo all’interno del gruppo delle fobie in cui l’elemento fondamentale era rappresentato da “la paura di sembrare ridicolo agli occhi degli altri”. La FS è diventata un disturbo ufficialmente riconosciuto solo dopo la pubblicazione del DSM III (American Psychiatric Association, 1980). Nel DSM IV (1994) si distinguono 2 sottotipi: 1) forma generalizzata, in cui l’ansia si presenta nella maggior parte delle situazioni in cui sia presente l’esposizione agli altri, 2) forma circoscritta, in cui il paziente sviluppa ansia in 1 o 2 situazioni al massimo generalmente prestazionali come il parlare o il mangiare in pubblico.
EZIOLOGIA
Non è chiaro se esista un continuum fra ansia sociale normale e patologica o se si tratta di due entità categoriali distinte.
Un certo grado di ansia sociale o da prestazione è presente in tutte le persone e può avere un vantaggio evolutivo adattativo in quanto motiva alla prestazione. E’ anche possibile che l’ansia sociale abbia un ruolo nella determinazione dei ranghi sociali gerarchici nel mondo animale.
In contrapposizione con l’ansia dei soggetti normali, l’ansia sociale non sembra attenuarsi durante il verificarsi di un singolo evento o prestazione. Nei fobici sociali sembra esistere la mancanza di abituarsi alle situazioni sociali e alle prestazioni.
Le teorie correnti considerano lo sviluppo della FS dovuto alla combinazione fra fattori genetici e ambientali. Uno studio familiare ha riportato un aumento significativo nei parenti di primo grado dei soggetti con FS. In questo studio, il 16 % dei parenti dei fobici sociali puri avevano la FS loro stessi a confronto del 5 % dei parenti del gruppo di controllo. I dati ottenuti dagli studi sui gemelli hanno identificato fattori genetici specifici. Dal confronto di un piccolo campione di coppie di gemelli monozigoti ed eterozigoti è emerso che i gemelli monozigoti erano significativamente più simili in termini di elementi fobici come disagio a mangiare con estranei o essere osservati al lavoro, o scrivere, elementi questi che suggeriscono un contributo genetico all’ansia sociale.
Una gamma di fattori ambientali infantili può anche contribuire allo sviluppo del disturbo. I fobici sociali spesso riportano che i loro genitori erano poco protettivi e freddi dal punto di vista emotivo. Comunque, gli stessi tratti parentali e le stesse attitudini sono state identificate in un’ampia varietà di altri disturbi psichiatrici, soprattutto nel gruppo dei disturbi fobici. E’ possibile che l’inibizione comportamentale nella prima infanzia, definita come l’eccessiva paura di un setting non familiare, sia un fattore di rischio aspecifico per lo sviluppo dell’ansia e della fobia.
EPIDEMIOLOGIA
La prevalenza lifetime della FS oscilla tra il 3 ed il 13 % a seconda degli studi considerati. L’età d’insorgenza varia tra gli 11 ed i 25 anni con un picco intorno ai 13-16 anni. Il disturbo, nella popolazione generale risulta più frequente nel sesso femminile F:M 2:1; al contrario, nei campioni clinici, non è emersa nessuna differenza legata al sesso F:M 1:1 probabilmente per il fatto che gli individui di sesso maschile sarebbero più sollecitati dall’ambiente a cercare aiuto e quindi si rivolgerebbero più spesso al medico/psicoterapeuta. Infatti, i tratti di timidezza sono più socialmente accettabili nella donna, essendo associati alla riservatezza, sensibilità e mitezza, che non nel maschio a cui sono richieste caratteristiche opposte come fiducia in sé ed assertività.
CARATTERISTICHE CLINICHE
Come già citato, la caratteristica principale della fobia sociale è una marcata e persistente paura di una o più situazioni sociali o performance sociali in cui la persona è esposta a persone non conosciute o sente di poter essere giudicata. L’ansia compare quando il paziente è esposto a situazioni fobiche o anticipa possibili future esposizioni.
Si possono distinguere sintomi cognitivi, manifestazioni comportamentali e somatiche (neurovegetative) legate alle situazioni scatenanti. Tali sintomi (fisici, cognitivi e comportamentali) giocano un ruolo nel circolo vizioso che contribuisce a mantenere il disturbo.
A livello cognitivo, l’aspetto nucleare è rappresentato dalla sensitività interpersonale, ovvero una particolare sensibilità al giudizio altrui con il timore di essere osservati o di mettersi in ridicolo. In tal senso gli altri vengono vissuti come ipercritici e il paziente manifesta un senso di inferiorità che si accentua in situazioni sociali, nelle quali risulta eccessivamente rigido sui comportamenti ritenuti socialmente accettabili, rimuginando sulle possibili conseguenze del suo comportamento e mostrando una bassa assertività in situazioni fobiche.
Per i pazienti fobico sociali le situazioni scatenanti più comuni sono parlare, mangiare o telefonare in pubblico, scrivere di fronte ad altri, partecipare o organizzare una festa, incontrare persone sconosciute, incontrare persone di sesso opposto, interagire con persone importanti, usare bagni pubblici, entrare in una stanza dove tutti sono seduti.
La gamma di situazioni temute è un elemento importante per sotto-classificare il disturbo. I sottotipi oggi accettati sono la fobia sociale “non generalizzata” e la “generalizzata”. La prima è di solito limitata a una o due situazioni sociali, di cui la più comune è parlare in pubblico; la seconda forma di FS è molto più pervasiva ed estensiva in quanto interessa la maggior parte delle interazioni sociali. La fobia sociale generalizzata è caratterizzata da una più alta familiarità, maggior severità di malattia e da una maggior disabilità. Essa ha inoltre un maggior grado di comorbidità, una più elevata incidenza di richiesta di aiuto e spesso richiede un intervento medico più intenso. Il confine fra questa forma di FS e il disturbo di personalità non è ben chiaro. E’ importante distinguere la “normale” ansia esperita da molte persone in situazioni o prestazioni sociali e l’esagerata ansia esperita dai soggetti con fobia sociale. La prima di solito raggiunge un picco all’inizio con un vantaggio adattativo (maggior efficacia) e si attenua nel corso della performance o dell’evento sociale, mentre l’ansia intensa del fobico sociale aumenta durante tutto il periodo della performance o dell’evento sociale e questo può risultare in un impedimento della capacità funzionale del soggetto. La qualità della vita globale del soggetto risulta pertanto un elemento centrale per eseguire una corretta diagnosi differenziale.
Tra le manifestazioni neurovegetative, il rossore del viso è il sintomo principale e rappresenta, insieme alla tachicardia, alla sudorazione e al tremore, l’effetto dell’attivazione autonomica. La tensione muscolare, la gola secca e i disturbi gastro-enterici, come la nausea o la diarrea, il bisogno impellente di urinare, vampate di calore, vertigini e la sensazione di blocco mentale sono altri sintomi comuni. Questa risposta ansiosa può, talvolta, raggiungere l’intensità dell’attacco di panico, ma non si manifesta mai spontaneamente essendo specificamente ed invariabilmente legata all’esposizione alle situazioni fobiche. Il timore di mostrare tali sintomi, ovvero la paura che gli altri possano accorgersene, accentua le difficoltà di interazione sociale.
I sintomi comportamentali includono scarsa partecipazione durante le situazioni sociali, atteggiamenti posturali sostenuti dalla sensazione di inferiorità ed inadeguatezza tra cui posizione del corpo curva e capo chino, tono di voce sommesso parlando in modo ossequioso e formale, evitamento del contatto visivo, compiere azioni come il torcersi le mani per ridurre l’ansia. Tali pazienti sviluppano, inoltre condotte di evitamento delle situazioni temute e condotte controfobiche per cui il paziente può comportarsi come se stesse recitando una parte, dire bugie, mostrarsi aggressivo. L’evitamento delle situazioni temute, dovuto all’ansia anticipatoria, ovvero alla preoccupazione persistente ed intensa che precede la situazione temuta, riduce l’ansia, ma rinforza successivi comportamenti evitanti. Questi ultimi mettono i pazienti in condizioni di non essere capaci di vivere esperienze positive in situazioni sociali, e quindi ciò perpetua l’attesa di un esito negativo dall’interazione con gli altri.
Un comportamento evitante grave limita pesantemente le attività quotidiane ed il funzionamento lavorativo e sociale dell’individuo. La FS, nella sua forma generalizzata, risulta infatti un disturbo gravemente disabilitante portando ad un isolamento sociale egodistonico, ad una situazione lavorativa instabile e ad uno scarso rendimento economico.
DECORSO
Il disturbo ha, generalmente, un esordio graduale con un progressivo peggioramento della sintomatologia con l’aumentare delle richieste ambientali. Il decorso clinico è cronico, non remittente, cosicché il disturbo risulta assai invalidante.
I pazienti spesso entrano in trattamento in età abbastanza avanzata, dopo in media 10 anni dall’esordio del disturbo e dopo aver sofferto per anni di sintomi gravi. Confrontati con i pazienti affetti da altri disturbi dell’umore e ansia, i soggetti con FS hanno una qualità di vita peggiore nel campo del lavoro, dell’amicizia, delle relazioni sentimentali. Le conseguenze di questa disabilità includono un minor livello scolastico, un basso rendimento lavorativo, una difficoltà nelle relazioni sentimentali con maggior prevalenza di single, divorziati o separati rispetto alla popolazione generale. Compromettendo la scolarità nell’adolescenza, il disturbo limita la possibilità di avere un’educazione adeguata e quindi la carriera. Questo implica poi un impatto sulla realtà economica dei soggetti in quanto si tratta di soggetti che perdono giorni di lavoro a causa del disturbo e quindi hanno una peggiore performance lavorativa.
Sebbene molti pazienti possano organizzare il loro lavoro e la loro vita in modo tale da non deteriorare nessuno di questi aspetti, essi non realizzano completamente le loro potenzialità.
I pazienti affetti da FS presentano molto spesso, circa nel 70 % dei casi, almeno un’altra patologia psichica di asse I nel corso della vita. I disturbi più spesso riscontrati in comorbidità sono la depressione maggiore, il disturbo di panico e l’abuso di sostanze (soprattutto alcool e BDZ). Inoltre la FS spesso coesiste con i disturbi di asse II, soprattutto con il disturbo di personalità evitante e con il disturbo di personalità ossessivo-compulsivo.
La comorbidità aumenta la gravità dell’ansia sociale, peggiora la disabilità e aumenta il rischio suicidiario. La prevalenza lifetime di tentativi di suicidio nella fobia sociale in assenza di comorbidità si aggira intorno all’1 %, mentre in presenza di comorbidità di asse I giunge fino al 15 %.
La depressione maggiore è una delle condizioni più comunemente associata alla FS. La FS può avere un ruolo eziologico in essa; alternativamente la depressione maggiore può essere una conseguenza della disabilità cronica associata alla FS.
Per i pazienti con FS l’estrema ansia associata con le situazioni sociali o con la performance spesso risulta nell’abuso, e poi nella dipendenza, di alcol e BDZ. Comunque, l’eccessiva assunzione di alcol può precipitare l’ansia e quindi creare un circolo vizioso fra ansia e alcolismo. Infatti, sebbene i soggetti mostrino una minor ansia subito dopo aver bevuto, essi manifestano ansia e disforia se continuano a bere. Le conseguenze fisiche del bere in modo prolungato e pesante come i disturbi gastroenterici e del sonno possono sovrapporsi ai sintomi ansiosi.
DIAGNOSI DIFFERENZIALE
Da un punto di vista clinico, esiste una considerevole sovrapposizione fra i sintomi della FS e il disturbo di panico con o senza agorafobia poiché la reazione ansiosa può talvolta essere esperita come attacco di panico inatteso. Comunque la natura della paura, delle situazioni temute ed i sintomi somatici prevalenti sono utili per distinguere i due disturbi.
La caratteristica principale dell’agorafobia è l’ansia delle situazioni da cui è difficile scappare (o imbarazzante scappare) o in cui sarebbe difficile ricevere aiuto in caso di comparsa di un attacco di panico o di sintomi simil-panico (DSM-IV), mentre nella FS la paura di una valutazione negativa è l’elemento centrale e associato con il timore di essere imbarazzato o umiliato davanti agli altri. Di conseguenza mentre i pazienti con panico e agorafobia hanno attacchi di panico in una serie di situazioni sociali (tunnel, supermercati, metropolitana, ponti) e sono confortati dalla presenza del familiare quando esperiscono l’ansia, nei fobici sociali gli attacchi di panico sono legati a situazioni sociali e i soggetti sentono maggior conforto se sono da soli e evitano il contatto degli altri.
I pazienti con agorafobia e FS differiscono anche relativamente ai sintomi somatici. I soggetti con agorafobia sono più a rischio di astenia, senso di vertigine, problemi respiratori, paura di svenire mentre i soggetti con FS sono più a rischio di avere rossore cutaneo, tremore e sudorazione.
I fobici sociali sono facilmente distinguibili dai pazienti schizoidi. Sebbene entrambi possano evitare le situazioni sociali, per definizione, i fobici sociali desiderano il contatto sociale, ma sono bloccati dall’ansia; mentre gli schizoidi non hanno interesse sociale.
I pazienti con Disturbo Dismorfofobico possono evitare il contatto con gli altri ed hanno, al pari dei fobici sociali la tendenza a vergognarsi ed a sminuirsi, ma la loro preoccupazione riguarda l’aspetto del proprio corpo piuttosto che la situazione sociale in sé.
La depressione atipica, con la sua spiccata componente ansiosa e la sensibilità al rifiuto, si sovrappone alla FS. Comunque, la presenza di sintomi vegetativi inversi quali ipersonnia e iperfagia, e un’inusuale pesantezza degli arti descrivono la cosiddetta “leaden paralys” che può somigliare ai sintomi tipici della FS, ma che in realtà deve essere propriamente classificata come disturbo depressivo.
TRATTAMENTO
I trattamenti con efficacia dimostrata per la FS includono la farmacoterapia, la terapia cognitivo comportamentale e la loro combinazione.
Forme gravi e generalizzate di FS sono un disturbo grave e in molti casi necessitano di una terapia aggressiva, includendo la terapia farmacologia, per prevenire o ridurre la significativa disabilità che accompagna i quadri di FS non trattata.
Gli SSRI sono oggi considerati i farmaci di prima scelta per il trattamento della FS; gli inibitori della ricaptazione delle monoammine (IMAO) furono, invece, i primi farmaci dimostratisi efficaci nel trattamento della FS; le benzodiazepine dovrebbero essere utilizzate con cautela in un disturbo cronico, come la FS, in cui il paziente può quindi sviluppare condotte di abuso.
Esistono molte evidenze sull’efficacia della psicoterapia basata su strategie di esposizione caratteristiche del trattamento cognitivo comportamentale. Le tre forme principali di trattamento che sono state dimostrate utili nei pazienti con FS sono la desensibilizzazione, in vivo o attraverso l’immaginazione, il training a compiti sociali, la ricostruzione cognitiva. I trattamenti comportamentali sono stati disegnati per curare direttamente il comportamento evitante ed eliminare l’arousal emotivo o ansioso, mentre le strategie cognitivo-comportamentali mirano a cambiare il modo che il paziente ha di percepire e rispondere al trattamento o i pensieri o gli stimoli che producono paura. Da un punto di vista cognitivo, “i pensieri catastrofici” cono riconosciuti come importanti elementi della FS, indipendentemente dall’arousal emotivo ansioso.
E’ stato ipotizzato che l’esposizione insieme con la ricostruzione cognitiva abbiano un effetto particolarmente importante e molti studi metodologicamente adeguati hanno valutato l’efficacia di questa associazione. Recentemente sono stati sviluppati due programmi di terapia cognitivo-comportamentale: la terapia cognitivo-comportamentale di gruppo (Heimberg) e la terapia di efficacia sociale. Questi trattamenti prevedono entrambi l’esposizione che è l’elemento nucleare che influenza l’esito della terapia, ma la terapia di gruppo di tipo cognitivo-comportamenale si focalizza sulla ristrutturazione cognitiva mentre il training di efficacia sociale si basa sull’esposizione in associazione al social skill training.
Nel trattamento delle forme circoscritte si può anche pensare all’utilizzo di beta-bloccanti che, limitando le manifestazioni neurovegetative legate all’esposizione alla performance, possono indurne un miglioramento.
FARMACI SSRI
Un numero crescente di studi ha valutato gli SSRI come classe di antidepressivi.
Due trial clinici condotti in aperto sulla paroxetina hanno suggerito un’efficacia sia sui sintomi che sulla disabilità. Un trial condotto su larga scala, per 12 settimane, in doppio cieco, placebo-controllo su 187 pazienti ha mostrato l’efficacia della paroxetina nel ridurre la disabilità sociale e lavorativa così come la paura e l’ansia anticipatoria. La paroxetina è stata dimostrata efficace anche in studi controllati sul trattamento dei sintomi di ansia quali il disturbo di panico e il disturbo ossessivo compulsivo che spesso coesistono con la FS, per questo motivo questo farmaco può essere considerato una delle opzioni più importanti per la prima linea di trattamento della FS in comorbilità con altri disturbi.
La dose adeguata di paroxetina è 20 mg/die per le prime 2-4 settimane, poi aumentata in caso di mancata risposta. Un trial adeguato dovrebbe prevedere 6-8 settimane, ma il trattamento deve essere proseguito per molti mesi per consolidare la risposta e raggiungere la remissione completa.
Per gli altri SSRI esistono pochi studi clinici. La fluvoxamina è stato il primo SSRI per il quale è stata dimostrata un’efficacia superiore al placebo nel trattamento della FS, in uno studio in parallelo, in doppio cieco, condotto per 12 settimane che coinvolgeva 30 pazienti, con approssimativamente i 3/4 del campione affetto dal sottotipo generalizzato di FS. Studi successivi dovranno investigare se il sottotipo specifico risponde meglio o peggio al trattamento.
La sertralina è stata inoltre considerata potenzialmente utile come trattamento della FS, ma altri dati sono necessari per confermare questi risultati preliminari.
Uno studio in aperto con fluoxetina condotto su 16 pazienti ha riportato che 10 di essi erano responder al trattamento, inoltre una serie di pazienti con FS trattati con citalopram hanno suggerito l’efficacia del farmaco nel trattamento di questo disturbo.
Comunque, sembra ragionevole affermare che gli SSRI, sebbene con livelli diversi di evidenza, sono efficaci nella FS.
Efficacia e tollerabilità di questa classe di farmaci permettono di considerarli la giusta scelta come terapia di prima linea, specialmente considerando che il trattamento della FS è a lungo termine.
Il limite degli SSRI sono il costo, gli effetti collaterali che, sebbene inferiori rispetto ad altri antidepressivi, dovrebbero essere considerati per un trattamento cronico (ad esempio problemi sessuali).
FARMACI IMAO
La più recente evidenza, in uno studio placebo-controllo, dell’efficacia di questa categoria di farmaci è stata dimostrata per la fenelzina, e la sua efficacia è ben stabilita; però a causa della sua tollerabilità e sicurezza questo farmaco non può essere considerato di prima scelta.
Esistono alcuni dubbi sull’efficacia della moclobemide, un inibitore reversibile della monoamminossidasi A. Alcuni studi hanno riportato che la moclobemide ha maggior efficacia del placebo, e uno studio europeo ha dimostrato che 600 mg/die di moclobemide sono efficaci nel controllare i sintomi della FS. Comunque, altri studi non hanno confermato questi risultati.
La brofaromina è stata utilizzata nella terapia della fobia sociale con una risposta significativamente migliore del placebo, ma questo farmaco non è disponibile sul mercato.
FARMACI BENZODIAZEPINE
Sia alprazolam che clonazepam sono stati dimostrati efficaci in studi condotti in aperto.
Dall’altra parte, è noto che le benzodiazepine (BDZ) sono controindicate in pazienti che abusano di alcool (condizione che spesso è in comorbilità con la FS), e che l’uso cronico di questi farmaci può causare dipendenza. Per questo non sono considerati una buona scelta come monoterapia per l’uso a lungo termine dei disturbi di ansia così come della FS. Le BDZ possono essere utili in associazione con altri farmaci, come gli antidepressivi o come rimedi puramente sintomatici di uso sporadico.
BETA-BLOCCANTI
I Beta-bloccanti sono utilizzati quando i sintomi cardiovascolari e il tremore sono dominanti, sono farmaci in uso specifico nella FS specifica, quale la paura di parlale in pubblico o la paura di altre prestazioni, mentre hanno un’efficacia molto limitata nella forma di FS generalizzata. Il loro uso non è generalmente indicato poiché possono avere effetti negativi, specialmente nei pazienti con asma.